PROLOGO: Il palazzo del Daily Bugle, Manhattan, New York City. T: 15 giorni prima.

 

ROBERTSON!!

Passavano gli anni, le mode, i politici…Ma J.J. Jameson restava una costante, un punto di riferimento cosmologico su cui fare affidamento. Anche quando si esibiva nel suo numero meno apprezzato dai dipendenti del celebre quotidiano newyorchese: quello del toro in un negozio di cristalleria.

Joe Robertson, per contro, conosceva abbastanza bene il suo amico di vecchia data, per cercare di non sorridere quando la porta del suo ufficio fu spalancata con una furia che aveva fatto passare brutti momenti a modelli meno collaudati.

“Buongiorno anche a te, Jonah. Posso fare qualcosa per te, Jonah?” chiese l’afroamericano in tono cortese.

In risposta, il burbero proprietario del Bugle sbatté sulla scrivania una copia odierna del quotidiano, aperta su una pagina della sezione degli annunci. “Mi basterà sapere cosa significa questo!” ringhiò.

Un’intera pagina era occupata da un singolo annuncio.

 

A.A.A. CERCASI

Neocostituita Società Privata cerca:

Ø  Umani potenziati (endo/esoscheletri, addestramento classe 1A, armamentario portatile)

Ø  Metaumani (fattori casuali, a mezzo esperimento controllato, influenza di forze soprannaturali mistiche)

Ø  Mutanti

Ø  Maghi Bianchi

Ø  Animali potenziati

per creare gruppo di EROI A PAGAMENTO. Missioni ad alto rischio, ottimo compenso.

Ulteriori requisiti minimi (non è necessario possederli tutti, ad eccezione del punto 5):

1.    Forte senso di disciplina verso i superiori.

2.    Sviluppato senso di cameratismo.

3.    Elasticità ed apertura mentale.

4.    Spirito di sacrificio.

5.    Esperienze di combattimento.

Astenersi aspiranti conquistatori del mondo, criminali conclamati, asociali, razzisti, specisti e perditempo in generale.

Se siete interessati, riempite il coupon preaffrancato allegato, specificando attentamente il modo di farvi contattare e speditelo insieme a quest’intera pagina al seguente indirizzo:

 

JUSTICE, INC. c/o SOLOMON TOWERS

35, E.79th Street,

Bldg. 2, Office #555a

New York, NY 320-10021

USA

 

Con la massima calma, Robertson tirò una boccata dalla propria pipa, e disse, “Significa che questa organizzazione ha pagato per un annuncio, e lo abbiamo pubblicato.”

Jameson sembrava sul punto di farsi esplodere le vene del collo. “Joe, stiamo riuscendo finalmente a rifarci un nome con i servizi dedicati alla nuova guerra nel mondo del crimine organizzato[i]. Poco ma sicuro, ci saranno degli sviluppi belli grossi. Non possiamo permetterci di ridicolizzarci pubblicizzando l’annuncio una possibile formazione di maledetti mercenari! Per quanto ne sai, può trattarsi di..”

In risposta, Robertson incrociò le mani sul tavolo. “Jonah, concedimi di non essere più un ragazzino da un bel po’. Prima di approvare l'annuncio, ho verificato quanto basta su questa nuova ‘Società’ da comprendere che sono seri, e che hanno intenzione di colmare il vuoto lasciato dalla recente dissoluzione degli originali Eroi a Pagamento.”

Jonah vide Robertson aprire un cassetto ed estrarne una cartella. Porgendogliela, Joe gli disse, “Le sue credenziali. Ottime, a mio avviso. Verifica tu stesso. Oh, e a proposito: l’annuncio è apparso praticamente su ogni quotidiano a larga diffusione in tutto il mondo.”

Jameson lo fece, non senza sbuffare qualcosa a proposito della ‘necessità’ di un altro maledetto gruppo di super-esseri in giro. E se fosse possibile intervenire a sistemare le cose per la sicurezza dei cittadini onesti!

 

MARVELIT presenta

Immagine che contiene clipart

Descrizione generata automaticamente– Eroi a Pagamento

Episodio 1 – Convocazione

 

Solomon Towers. Oggi

 

Site nell’esclusivo Upper East Side di Manhattan, le due Solomon Towers non erano famose per la loro apparenza esteriore –anzi, a un osservatore esterno erano l’ennesimo, impersonale esempio di ipertrofica architettura cubista.

Pochi erano a conoscenza che le ST concentravano fra le proprie pareti molto più potere di quanto non ne avesse mai gestito lo sfortunato complesso del World Trade Center. Nei loro 40 piani a testa, viveva e prosperava il cuore del villaggio globale. Qui, il concetto di ‘bene’ e di ‘male’ si fondevano in un’area grigia delimitata solo dal volume e dalla qualità degli affari avviati e conclusi, e la meritocrazia era una legge che non guardava in faccia a nessuna raccomandazione. Se entrare in un qualunque ufficio delle Solomon Towers era considerato il coronamento di una carriera, o il più importante avvio di essa, uscirne significava essere fuori dal Giro, senza appello.

 

Era un ambiente di squali, e Angela Cleaver era un predatore degno del branco. Anche se per ben diversi motivi.

La donna di colore possedeva i tratti e le movenze di qualcuno abituato a combattere –le mille esperienze della sua vita avevano segnato un volto altrimenti morbido. Gli occhi erano duri, anche se pronti ad accendersi di allegria. La bocca carnosa sfoggiava un’espressione tanto pronta al sorriso spontaneo quanto a quello di Giuda. Strisce bianche decoravano alle tempie i capelli crespi e folti.

Seduta all’ampio tavolo rotondo, indossava un gessato grigioazzurro di Armani, una collana di perle nere e un catenino d’oro alla tasca sinistra quali sole decorazioni. Ai suoi piedi, sdraiato compostamente, stava un enorme maschio di lupo rosso europeo. Se aveva un collare, era ben nascosto sotto la folta criniera del collo. La creatura era regalmente indifferente alle preoccupazioni degli umani radunati.

Davanti ad Angela, come davanti a ognuno degli altri tre Consiglieri e cofondatori della Justice, Inc., stava una spessa pila di cartelle.

“Ricordo ancora quando girai quel documentario televisivo per fare conoscere i Difensori[ii] al pubblico,” disse il secondo più anziano dopo la donna, un uomo dalla barba e capelli biondi ben curati “e magari aumentare l’organico per combattere i nemici più potenti…Risposero meno persone che con questo annuncio! Angela, sei sicura di avere fatto la scelta giusta, in appena una settimana?” Lanciò una rapida occhiata nervosa al lupo, che ricambiò con uno sbuffo annoiato.

La donna annuì, un sorriso amaro sulle labbra. “Devo ammettere che avrei impiegato molto più tempo, affidandomi all’intuito, la fiducia e la carta. Ma il tempo vola, amici miei, e la scelta si impone non meno velocemente.

“Per tale ragione, ho accettato di votare a suo tempo per l’ingresso nel team dirigenziale del nostro Signor Garolfo Riccardo Degli Abruzzi,” indicò con la testa il giovane appena 35enne dai capelli castani e vestito in elegante stile ‘casual’.

Al cenno di lei, l’uomo si rivolse al suo barbuto collega americano. “DB, l’ultima volta che hai avuto a che fare con dei supereroi, il mondo dell’informatica era praticamente allo stadio post-parto. Persino le prime versioni di fuzzy logic erano di lì a venire nei sogni dei loro inventori.

“Il programma Seldon, anche se sconosciuto al mercato, è un’intelligenza artificiale capace di fare quelle valutazioni che ad un essere umano richiederebbero mesi di lavoro e indagini…per quanto, va da sé che ci vuole comunque un essere umano per filtrare ulteriormente la preselezione della macchina.”

“In altre parole, Bill,” disse la quarta, una donna giovane, ma prematuramente segnata dalle proprie esperienze, quelle esperienze che oltre alla calvizie, e a una copertura metallica sul lato sinistro del volto, l’avevano costretta all’immobilità su una sedia a rotelle, “ci fidiamo e di Seldon e di Angela, esattamente come ci siamo accordati all’unanimità fin dalla fondazione della J.I.”

L’uomo noto comeDollar Bill levò le mani frettolosamente. “Nonintendevometterloindubbiologiuro!”

“Il punto essenziale, Bill,” disse Angela, picchiettando con l’indice sulle cartelle dei candidati, “è che questa selezione è quella giusta. Li contatterò personalmente a partire da ora. Tu occupati solo del tuo ruolo, e puoi credermi, se ti dico che non sarà una passeggiata.”

 

Da qualche parte in Eritrea

 

Era nero. Indossava un costume integrale nero, con bande metalliche anch’esse nere. La debole brezza bastava appena a smuovere gli angoli del suo mantello, non certo a smuovere il cappello marrone.

Del suo villaggio, sotto l’ardente sole africano, non era rimasto neppure un legno. Dei suoi sfortunati abitanti, poche ossa sbiancate. Gli animali ‘spazzini’ non avevano più ragione di passare, qui. Il solo pozzo era asciutto.

Ma era casa. E non c’è posto come casa.

L’uomo un tempo chiamato M’Nai lo sapeva bene. Nelle sue tante vite, altrettanti posti erano stati ‘casa’...Era stato in Cina, sotto la guida del malvagio Artiglio Giallo, costretto a combattere contro un amico e morire nel disonore. Poi, ‘casa’ era stato il Limbo, presso il quale era stato risvegliato dal sonno della morte, ancora una volta per combattere contro degli eroi, solo per tornare a morire nuovamente. E ‘casa’ erano state le lontane stelle, il vuoto dello spazio cosmico, luoghi di tale meraviglia da elevare lo spirito alle più sublimi vette...e ancora era stato costretto a combattere, a sporcare il corpo e lo spirito per ragioni che non gli appartenevano!

E ‘casa’ era diventata la favolosa Attilan, la città degli Inumani nella Zona Blu della Luna. Lì, per la prima volta, aveva trovato la pace, l’accettazione di una nuova famiglia dopo quella che popolava i ricordi della sua breve infanzia...

E ancora non bastava. Oh, M’Nai era grato per quello che gli era stato dato, ma restare su Attilan non avrebbe dato un senso compiuto alla sua vita. Era come fuggire, restare lontani dai fantasmi che popolavano le sue precedenti vite.

Doveva affrontarli sulla Terra. Per questo, Midnight Sun era tornato. E questa volta, sarebbe andato fino in fondo, per la giusta causa!

Già si faceva un gran parlare del misterioso ‘Uomo Ombra’ che terrorizzava le bande di tagliagole che predavano i deboli e gli innocenti...Ma occorreva fare di più, di meglio. Il mondo era diventato caotico, e risolvere un problema ne generava automaticamente altri anche peggiori. E il fatto che l’intera popolazione della regione iniziasse a temerlo ne era una prova.

Non poteva combattere da solo. Per questo, si era diretto alla Capitale –per iniziare la ricerca di alleati, possibilmente fra gli stessi nativi Africani, come la Pantera Nera di cui gli Inumani avevano parlato. In quel frangente, la tetra ironia della sorte era stata che la sua faccia deturpata non aveva attratto attenzione, a parte la compassione delle altre vittime della terribile guerra in corso. C’era gente le cui condizioni erano tali da intenerire il più duro dei cuori dei suoi ‘padroni’ alieni.

Era stato strano, tornare alla carta stampata, dopo tanto tempo passato alle sofisticate macchine di Attilan, e la sua ricerca sui giornali per un qualunque tipo di supporto era stata di necessità lenta e metodica.

L’annuncio sul quotidiano nazionale era il segno del destino –per quanto, lavorare per denaro non rientrasse proprio nei suoi piani...

Un ronzio dell’unità di comunicazione nella banda della spalla sinistra convertì in impulsi diretti al cervello la comunicazione che veniva dall’America.

La speranza tornò a fiorire nel suo cuore, mentre ‘dettava’ dalla mente al comunicatore le sue condizioni per l’ingresso in Justice, Inc...

 

Manhattan

 

“Vuole che indaghiamo su un branco di guerriglieri in Eritrea quale compenso per qualunque missione dovessimo assegnargli?” La donna sfregiata era incuriosita. “L’idea di fermare un po’ degli assassini nutriti da Dio solo sa quale cartello criminale non mi dispiace...Ci sono occidentali che venderebbero madre e figli, per le risorse e il controllo di quei posti...”

“Ma non possiamo dimenticare l’aspetto politico!” fece Bill, lestissimo. “Gente, in Africa ci sono questi nuovi Campioni, che già insieme allo Zilnawa difendono la speranza dell’intero continente. Questo tipo chiede di fare della superguerriglia, e spargere ancora più confusione. Io dico di lasciarlo perdere, ci infilerà nei casini.”

Angela sembrò rifletterci. Non lo avrebbe ammesso, ma era soddisfatta di avere chiamato Bill –pragmatico, anti-idealista, ma devoto ammiratore della comunità dei super-esseri...Non a caso tale passione lo aveva infilato nei guai in più di un’occasione...

Angela sorrise, questa volta come un predatore. “Te ne do atto, Bill. E comunicherò una...postilla, al nostro intrepido dipendente. Garolfo? Controlla quello che puoi sulle tensioni in quell’area, le motivazioni anche meno plausibili e partiti in campo. Veloce.”

 

Sede delle Osborn Industries, una ricerca dopo.

 

Da quando un incidente di laboratorio lo aveva ricoperto di una lega metallica sperimentale, Mark Raxton si era abituato ad essere osservato e studiato come un’animale raro. Col passare del tempo, la lega dorata che lo aveva per sempre trasformato in Molten aveva mostrato diverse proprietà inattese. Per cominciare, era organica, e permetteva alla sua pelle di respirare. Era fusa a livello molecolare col suo corpo.

Ed assorbiva energia. Inizialmente, si era pensato che fosse instabile, quando il suo corpo aveva cominciato ad ardere di calore spontaneo...prima che batterie di esperimenti, fra cui quest’ultima in corso, provassero che in realtà assorbiva energia solare, che si accumulava lentamente ma inesorabilmente. Un giorno o l’altro, Molten sarebbe nuovamente diventato una bomba vivente.

Getti di uno speciale schiumogeno investirono il suo corpo, raffreddandolo al livello di sicurezza. Non sarebbe durato molto, visto che la sua pelle era praticamente priva di attrito, ma era meglio che niente. La capsula in cui si trovava si aprì. “Allora, professore? Quanto sono cattive, le notizie?”

L’uomo in camice, attorniato dai suoi assistenti, sfogliò il voluminoso rapporto fra le mani. “Non buone, signor Vicepresidente. Non abbiamo le attrezzature per intervenire su questo stato. Con Reed Richards e Anthony Stark al momento non disponibili[iii], resta una sola alternativa...Le è familiare, la Talon Corporation?”

Molten annuì. “Si dice che nello Zilnawa dispongano di attrezzature più avanzate della migliore tecnologia terrestre.”

Lo scienziato annuì. “Raccomanderei una visita in loco. Non dispone di molto tempo, per...” fu interrotto dall’insistente trillo di un cellulare.

L’apparecchio stava facendosi notare dalla tasca della giacca di Raxton, che andò a prendere l’apparecchio. Lo aveva predisposto perché potesse ricevere un solo numero...Infatti! Messo l’auricolare, Molten disse, “Parla Raxton..Sì, magnifico...No, per quanto abbia degli impegni e non posso essere disponibile 24 ore al giorno...Sì. Subito? Di già? Ma dove..?” e qui, la sua sorpresa assunse una sfumatura di piacere. “Che coincidenza, davvero...Facciamo così: di soldi ne ho abbastanza, e se mi date un passaggio...”

 

Angela spense il telefono.

Bill disse, “Spero che siano tutti così. Ricchi o con parenti ricchi, o disposti a farsi pagare in baratto!”

Angela riaccese il telefono. “Temo che col prossimo, riceverai una delusione...Di’ un po’,” aggiunse inarcando un sopracciglio, “ma le hai lette, le schede?”

Bill fece quello che non c’era, e iniziò a fischiettare nervosamente.

Angela sospirò e compose dalla tastiera...

 

In una fattoria nella Louisiana...

 

Poteva sembrare uno scherzo del destino, o una stupida idea, ma funzionava.

Progresso o no, nell’entroterra del sud degli USA un nero restava un ‘nigger’, ed era trattato di conseguenza. Alla meglio, con indifferenza, alla peggio con varie sfumature di crudeltà.

Per questo, Parnell Jacobs aveva scelto questo posto, quale uno dei suoi ritiri privati. In una città, un agente dell’FSBI poteva riconoscerlo, un giorno o l’altro, o addirittura uno dei suoi tanti nemici...Qui, non se lo filava nessuno, se non per sfotterlo...

 

Intento a zappare l’orto –una necessità per tenersi in allenamento, lui avrebbe mangiato surgelato fino alla fine dei suoi giorni- Jacobs ripensò a sua moglie. Dio, quanto le mancava, Glenda! Come sarebbe voluto stare da lei, nella loro casa in Canada, mettere da parte il mondo...

Era stato così infantile da parte propria, scappare via da lei in quel modo[iv], e avrebbe dato tutto, per tornare indietro...Solo per realizzare che così l’avrebbe messa in pericolo!

Altri colpi di zappa, senza accorgersi ormai di stare scavando un bel solco nello stesso punto!

Era anche vero che essere un mercenario, un combattente a pagamento, era ormai nel suo sangue. Il brivido di rischiare la vita era la cosa che più lo faceva sentire vivo!

Accettare questo lavoro con Justice Inc., dopo avere letto l’annuncio, gli era venuto più che naturale...Anche se ora, una parte di sé sperava che non...

Dalla casa, una cascina dimessa grande quanto un appartamento, venne il potente trillo del telefono. E l’istinto gli disse cosa fare...

 

Nel riattaccare, Angela, e non solo lei, si godette molto l’espressione di Bill, non dissimile da quella di un tacchino che abbia realizzato che non è stato nominato Campione di Natale per essere messo in bella mostra!

“Possiamo permettercelo,” disse lei, calma. “Gli daremo quello che risparmiamo su Midnight Sun e Molten. E ora...”

 

Villaggio di Kleinsuss, Val Gardena, Italia

 

Il cordless ebbe il tempo di uno squillo esatto, prima che la mano guantata di metallo dorato lo afferrasse.

Molte sue fan avrebbero volentieri buttato giù la casa, per essere vicini al loro idolo, mentre Wonder Man, o qualcuno che gli assomigliava molto, rispondeva alla chiamata. Come il Vendicatore, l’uomo aveva anche gli stessi occhi rossi brillanti di energia ionica, e la stessa voce. Solo il costume era decisamente diverso, fatto di oro e blu, con ampio mantello bicolore. “Se ho capito bene, questa chiamata vuol dire buone notizie...Come facevo a sapere che eravate voi?” sorriso schivo “Segretino. Allora, mi prendete...Bene benissimo. E dove si va a menare le mani?” il suo gioviale umore si scurì di colpo. “Proprio ? E io dovrei andare per primo in...ricognizione?” deglutì. “Eggià, sono più vicino...E sta bene. Ci si vede...Oh, e come vi riconosco una volta che arrivate?”

 

“Io dico che lo riconosciamo dal gel e il mantello con i fiorellini,” disse Bill, ora con un’espressione vagamente diffidente, del tizio che abbia appena capito di essere circondato da un branco di pazzi. “Capitan Power, davvero! Scommetto che non si è chiamato Capitan Marvel per non violare i diritti di copyright. Chi è il prossimo?”

 

San Jose International Airport, California

 

Non sapeva se sentirsi sfortunata o no.

Il suo volo per Los Angeles era stato dirottato senza altra, e poco rassicurante spiegazione, che c’erano problemi al LAX. Una volta a terra, i passeggeri ci avevano dato dentro con i cellulari e le TV portatili.

Greer Grant Nelson aveva preferito scegliersi un angolo appartato e ricorrere all’apparecchio modificato progettato & realizzato da Anthony Stark in persona. Farsi passare la Base dei Vendicatori era stata questione di un attimo, mentre gli altri impazzivano invano contro le linee intasate.

Rispose Jarvis, che dopo un saluto affettato, e uno scambio di domande, le mostrò la natura del ‘problema’...

Uno sciame immenso aveva letteralmente coperto una buona fetta di Los Angeles! La nuvola vivente, come un vortice di tempesta, piroettava orrendamente sulla verticale di un alveare grande quanto un palazzo!

“Non ho notizie dei neocostituiti Vendicatori della Costa Ovest, temo,” disse Jarvis, “ma sembra che una nuova formazione dei Difensori si stia occupando del problema. Madame, desidera che faccia venire lì un Quinjet, per...”

Greer scosse la testa. “Credimi, Jarvis: in questo momento, rischierei di fare più danni che altro. Vi farò conoscere la mia disponibilità appena possibile.”

La donna tolse la comunicazione. Purtroppo, la cosa era seria. Aveva, in un primo momento, pensato di rivolgersi ai Vendicatori per capire cosa le stesse succedendo tutto d’un colpo –solo per capire che temeva che, in un modo o nell’altro, sarebbero di nuovo successe delle cose...sgradevoli. Era stato decisamente impulsivo, pensare di andare a visitare questi nuovi VCO!

No, occorreva qualcuno che la tenesse d’occhio in azione e le lasciasse molto tempo libero a disposizione. Male che andasse, poteva mollare quando voleva, giusto?

In risposta a tali pensieri, squillò il cellulare.

 

Angela riattaccò. “Provvedere a un volo diretto per l’Europa non dovrebbe essere difficile, giusto, Bill?”

Lui fece una mezza smorfia. “Pietre e bastoni, mia cara. Pietre e bastoni. Dammi 1 minuto, e Dollar Bill ti trova uno Space Shuttle per Marte.” Si mise subito al telefono.

Angela si preparò a fare le ultime due chiamate.

 

Hell’s Kitchen, New York

 

Per potere immaginare New York come una grande mela, non potevi evitare di immaginare i suoi vermi.

Il Kitchen era un nido di vermi. I vermi della miseria, della malnutrizione e dell’ignoranza.

E ce n’era un altro.

Robert Markley aveva vissuto insieme al verme della paura. Dal giorno in cui aveva scoperto il suo dono e maledizione, aveva vissuto nel terrore di venire scoperto, di essere linciato. Solo per essere un mutante, poco importava quali fossero le sue intenzioni.

Scoprirsi un mutante lo aveva spinto con ancora più forza verso una vita ‘normale’, per quanto la miseria gli concedesse. Dotato di una mente brillante, aveva sviluppato l’hobby della meccanica e dell’elettronica, facendosi una fortuna nel giro delle riparazioni per le corse clandestine e di apparecchi informatici usati dai ‘pirati’...Ma tutti i soldi che faceva –e non si trattava comunque di lavori a tempo pieno, erano dedicati a una persona sola...

La porta si spalancò, e un grido gioioso riempì l’appartamento. Robert si scosse dalle sue riflessioni appena in tempo per vedersi travolto da un entusiasta bambino di 7 anni, che venne accolto da un poderoso abbraccio e sollevato come una piuma.

Suo figlio, Sean, la sua luce e speranza, la sola ragione che lo spingeva a lavorare giorno e notte, a mettere da parte soldi che avrebbe potuto godere per sé.

Mentre il bambino raccontava con orgoglio dei propri progressi scolastici del giorno, Robert lanciò un’occhiata alla vicina, una nera dal faccione rotondo e segnato da rughe di sorrisi. La donna, che tutti nel quartiere chiamavano Madame Zsa, era la baby-sitter di ogni bambino, pronta a difendere i piccoli con la furia di una leonessa.

“Confido che questa piccola peste non le abbia dato problemi, Madame,” disse Robert deponendo Sean e dirigendolo verso la sua camera –un autentico lusso, in quella zona!

Madame Zsa sfoggiò il suo famoso sorriso. “Sono abituato a bestiole ben peggiori, signor Markley...Ma ho saputo che lei sta pensando di traslocare. Non si trova bene, qui?” Aveva lavorato come inserviente in un albergo di infimo ordine, prima che l’ufficio igiene, sollecitato dalla concorrenza della mala, facesse chiudere i battenti. Quella formula era diventato il suo marchio da quel periodo, e nessuno gliel’avrebbe corretta.

Robert la fece entrare, e chiuse la porta. “A lei lo posso dire, so che manterrà il segreto,” ed era vero. In qualche modo, le voci nel Kitchen potevano circolare più efficacemente e velocemente che nell’Internet. Se ti potevi fidare di qualcuno, per una confidenza, quel qualcuno era una garanzia. “Lei ha letto quello strano annuncio della Justice, Inc.?”

Madame Zsa aveva l’istruzione sufficiente per rispondere agli annunci di lavoro e leggere i nomi dei prodotti da comprare. Annuì, perplessa. “Lei è una specie di eroe?”

“Per mio figlio, sì...Ma, vede, ho anche...” fu interrotto dal telefono –un modello a disco, l’unico che poteva permettersi. Andò a rispondere, e Madame Zsa lo vide un momento dopo mormorare un ‘grazie’, gli occhi rivolti al cielo.

Sì, gli sarebbe mancato molto...

 

La Volta, Colorado. Pochi minuti dopo.

 

Gabriel Damocles, Direttore dell’Istituto di Massima Sicurezza per la detenzione dei supercriminali attaccò il telefono.

Non era sicuro che si trattasse di una buona idea. Per niente. Un altro criminale in libertà, dopo il fiasco con Carlos Lobo[v]..!

Quella strega della Cleaver, che sembrava avere più appoggi politici del Diavolo in persona, gli aveva promesso che dell’evasione non si sarebbe parlato, se le fosse stata concessa questa prigioniera...Diciamocelo chiaro, questa maledetta terrorista, che aveva ricattato il mondo intero insieme ai suoi degni compari, i Signori del Male!

Se la Squadra di Caccia almeno avesse localizzato quel mutante mannaro, avrebbe potuto dire a quella donna cosa lui ne pensava di questa ‘concessione speciale’.

Ma doveva pensare alla carriera...Coraggio! pensò, mentre iniziava a redarre l’ordine di scarcerazione su custodia, Il fiele fa schifo solo finché non l’hai inghiottito, vecchio mio!

 

Angela Cleaver, Dollar Bill, Garolfo degli Abruzzi e Letitia Frost si scambiarono occhiate d’intesa, mentre fissavano una olomappa che mostrava quello che doveva essere il primo obiettivo della supersquadra della Justice, Inc.

Una relativamente piccola area geografica nel nord Baltico, sconosciuta fino a qualche mese prima,

prima che un mostro di nome Ultron vi imprimesse per sempre il marchio della morte.

La Slorenia.

 

Episodio 2 - Techno-(un)appeal (I parte)

 

Le Solomon Towers, nella esclusiva 79ma strada. T –8h, 21m, 29s

 

La porta scorrevole si aprì, e, accompagnata da uno splendido lupo rosso, ne emerse una donna –un’afroamericana in completo Armani grigio-azzurro, sottile collana di perle e catenina d’oro al taschino quali sole concessioni al frivolo.

La donna esibì un sorriso soddisfatto, e annuì. “Signori, grazie di avere risposto. Benvenuti alla Justice, Incorporated. Io sono Angela Cleaver, la Direttrice. Immagino che abbiate già fatto la conoscenza delle altre ‘alte sfere’ della J.I,” Con un cenno, indicò le tre figure a un’estremità del tavolo.

-        Una donna dal volto parzialmente coperto da una piastra metallica, costretta su una futuristica ‘sedia’ “Letitia Frost, che si occupa delle valutazioni tattiche delle missioni.”

-        Un 35enne in abito casual, dai capelli castani e un che di ferale nello sguardo. “Garolfo Riccardo degli Abruzzi, che segue lo sviluppo informatico e il reverse engineering.

-        Un giovane grossomodo della stessa età, dalla folta barba e i capelli rossi, in un casual ancor più marcato e un paio di grossi occhiali da sole. “Dollar Bill, Pubbliche Relazioni, Analisi Politica e Tesoreria.”

Angela si mise seduta, accarezzando il cranio del lupo, che rispose con un mugolio soddisfatto. “Oh, e lui è Sabre.

“Ora, prima che cominci a spiegarvi i dettagli della missione, avete domande?”

I neoassunti eroi a pagamento si scambiarono delle occhiate, ma nessuno aprì bocca.

-        Warwear era un mercenario da ben prima di unirsi a quest’organizzazione. Se nel contratto appena firmato avesse subodorato una trappola, avrebbe espresso i suoi dubbi in modo alquanto più...drastico.

-        Fusione non avrebbe osato mettere la sua posizione a rischio, ora che si prospettavano dei consistenti guadagni che gli avrebbero permesso di assicurare un futuro a suo figlio.

-        Midnight Sun aveva già deciso di usare i soldi guadagnati per aiutare il suo popolo sofferente. E quell’impresa, almeno dal contratto, gli sembrava sufficientemente legittima.

-        Capitan Power era presente solo in forma olografica, trovandosi egli già sul luogo designato. Aveva accettato con entusiasmo e basta.

-        Molten e Tigra avevano bisogno della JI per risolvere i propri problemi personali. Per ora, sarebbero stati al gioco.

-        Joystick doveva la sua liberazione dalla Volta e il condono del suo passato criminale, anche se solo quale misura temporanea, e le bastava.

Angela sfiorò un quadrato metallico davanti a lei. Un’elaborata tastiera olografica apparve davanti al suo volto e a quello degli altri dirigenti. Angela digitò dei pulsanti-laser e un nuovo ologramma apparve al centro del tavolo.

Rappresentava una mappa della zona Baltica dell’Europa. Si aprirono altre finestre, ingrandimenti di quell’area, e sotto uno di essi, un nome che parlava da solo: Slorenia.

Slorenia, un capitolo infame nella storia recente, un capitolo persino più sinistro della recente Guerra dei Mondi –‘almeno’, quell’evento era il risultato naturale di uno scontro dettato dalla necessità di una specie e civiltà a scapito di quelle terrestri.

Nel caso della Slorenia, l’intera popolazione vivente, dagli uomini a ogni altro animale, era stata sterminata in toto per il contorto disegno del folle robot senziente Ultron. Molti movimenti anti-tecnologici e anti-superesseri, come i Luciferi, erano nati in seguito a quell’assurdo sterminio. E severe sentenze in merito alla tecnologia incontrollata dovevano essere emesse a breve dal mondo della politica...

La mappa mostrò l’irrecuperabile mare di rovine che era stata una piccola nazione. I mille problemi economici delle singole nazioni, le nuove ondate di terrorismo –tutto aveva cospirato perché nulla fosse stato ancora fatto per la ricostruzione...

Angela Cleaver si schiarì la gola. “Questa prima missione è finanziata da tutti gli Sloreni sopravvissuti: parlo di coloro che si trovavano fuori dal territorio, emigrati, loro parenti e turisti.

“Il budget è ampio, e i vari permessi approvati. Abbiamo piena libertà d’azione. Lo scopo, ripulire la Slorenia di ogni possibile resto delle attività di Ultron. Circolano voci che da qualche parte, quel demonio abbia eseguito un backup della propria coscienza. Il sapere, dal rapporto dei Vendicatori, che erano state costruite centinaia di suoi simili, non aiuta a credere che la minaccia sia stata sventata con successo totale. Le autorità Russe e della UE temporeggiano proprio basandosi su queste incertezze.

“Jacobs,” disse a Warwear, “Tu sarai il capomissione. Letitia ti consegnerà lo schema tattico elaborato. Un’ultima cosa: Sabre verrà con noi, quale ‘ufficiale di collegamento’. Egli è autorizzato a dare ordini in mia vece, quando fosse necessario, e gli obbedirete come a me.”

Questa volta, lo scambio di occhiate fu al limite dello sgranar d’occhi. “Err..” fece Molten, “Senza offesa, madame, ma...”

La donna annuì, e lanciò un’occhiata al lupo. Questi emise un ‘Wuff’ e si mise seduto,

poi sembrò alzarsi in piedi, mentre in realtà

si trasformò, muscolo dopo muscolo, arto dopo arto,

in una versione antropomorfa di sé! Un uomo-lupo dalla folta criniera, lunghe orecchie dritte e una corta coda. Nudo.

“Wow,” fece Tigra, che indossava una leggera armatura nera e gialla a coprire parte del proprio corpo, agitando la punta della coda. “Da un fusto così, li prendo sì gli ordini. Quando si comincia?”

 

Nei cieli della Slorenia. T: ora

 

“Come sarebbe a dire che non sai chi sei?”

A bordo dell’apparecchio, una versione potenziata del famoso Quinjet dei Vendicatori contrassegnato da una J e I sovrapposte,

il lupo mannaro disse alla donna felina, “Significa esattamente quello che hai udito. Non so nulla di me, del mio passato, niente. So solo che Angela mi ha trovato in fin di vita in un canale fognario. Mi ha curato, e mi ha chiamato come il suo cane. E per quanto mi riguarda, non è una condizione che mi dispiaccia più di tanto: le devo la vita.”

Tigra fece una smorfietta. “Al punto di fare il morto per lei? Te lo regala almeno un osso, per Natale?”

Il mannaro sorrise. “Quella è solo scena. Ufficialmente, sono solo il rimpiazzo per l’animale che fu ucciso tempo prima in azione. Angela detesta mostrare i suoi assi tutti in una volta.”

“Oh,” e non fu aggiunto altro, anche perché

 

il gruppo era arrivato a destinazione. Davanti a loro, infatti, si parò la figura in blu e oro di Capitan Power, che indicava uno spiazzo ripulito al centro della defunta capitale.

 

L’aria era ancora greve del lezzo di decine di migliaia cadaveri non rimossi. Macabre nuvole di mosche contrassegnavano il sito di ogni morto, riempiendo l’aria di un rumore di sottofondo che graffiava i nervi. In compenso, non un ratto era visibile –gli spazzini per eccellenza sembravano sapere che il pericolo non era ancora scongiurato...

“Dio, credo che mi metterò a vomitare,” disse Tigra, che, indossava una mascherina antigas. Neppure la GdM aveva generato una simile desolazione...Forse solo Hiroshima e Nagasaki potevano essere paragonate a questo scempio... “Joy, come fai a stare senza?”

La donna si guardava intorno con apparente clinico distacco, ma con il fuoco negli occhi. “I miei genitori erano Sloreni. Emigrarono in America, si rifecero una vita, ma fino all’ultimo giorno di vita non smisero mai di parlarmi di questa terra, della sua gente. Feci solo un viaggio, qui, dopo la loro morte, e capii che avrei potuto amare questo posto, nonostante la sua a dir poco infame classe politica.” Aggrottò la fronte. “Vorrei trovare quel mostro meccanico ancora vivo, per poterlo distruggere di nuovo.”

Warwear indicò i resti del municipio, che fungeva anche da palazzo del governo nazionale. “Il QG di Ultron è nei sotterranei. Ci muoveremo in gruppo, e per nessuna ragione dobbiamo separarci. Andiamo.”

 

Il QG era stato ricavato dagli scavi della città antica su cui era stata costruita la capitale. Dallo stile, si sarebbe detto un insediamento Romano. Pezzi di lamiera, lampade e tubature pendevano da muri e soffitta come le interiora di un mostro ferito. Il pavimento era cosparso di innumerevoli resti robotici.

Molten, che chiudeva la formazione, si guardava intorno. Aveva avuto modo di maledire la propria condizione, ma in quel momento non l’avrebbe scambiata con nulla al mondo. Diamine, lui era abituato ai combattimenti ‘di strada’ contro l’Uomo Ragno al massimo. Qui si giocava in serie A...

Sobbalzò, quando un oggetto arrivò saettando alle sue spalle. “Eep!”

Ma si trattava solo di uno dei droni di Warwear. Un secondo stava arrivando dal corridoio di fronte.

“Non avremmo potuto semplicemente inviarli qui per primi?” chiese Raxton all’uomo vestito dell’armatura Eidolon.

Ma Warwear non rispose subito, impegnato com’era ad esaminare il rapporto dei droni. Finalmente, disse, mentre gli apparecchi tornavano a posizionarsi sulle spalle, “Se li avessero distrutti, avremmo ricevuto un rapporto incompleto. Se c’è un pericolo, dobbiamo affrontarlo con piena conoscenza del territorio. Le mappe che abbiamo risalgono a poco dopo la presunta distruzione di Ultron.”

“E che cosa sappiamo in più, adesso?” chiese Fusione.

“Che c’è un ulteriore livello sotterraneo. Ci sono tracce energetiche degli sfoghi che emergono in questo livello. Ci saremmo letteralmente dovuto inciampare sopra, per trovarli. Signori, siete pronti?”

Joystick attivò le unità alle braccia, e materializzò due bastoni acuminati di energia coerente. “Fino alla morte. La sua.”

Warwear si rivolse a Capitan Power. “Apri la via. 10 metri di profondità.”

Persino Angela Cleaver non era riuscita ad avere sufficienti informazioni utili sul super-essere, tranne un profilo elaborato col software Seldon e una descrizione dei poteri che si poteva riassumere in una parola: illimitati. In qualche modo, Capitan Power poteva manipolare ogni forma di energia, arrangiandola in manifestazioni limitate solo dalla sua fantasia...

I suoi occhi rossi si accesero ulteriormente, e una coppia di raggi scarlatti perforò il pavimento come fosse stato di burro. Il cratere fu completato in 2 secondi netti.

I mercenari fecero per scendere, quando le orecchie di Tigra e di Sabre fliccarono all’indietro. “Trappola!” fece il mannaro, saltando per primo, spingendo Tigra da parte, e ricevendo in pieno le due scariche destinate a lui e lei! Contemporaneamente, altre raffiche laser investirono il corridoio, ed emersero gli aggressori:

robot modello Ultron, alati, le cui braccia terminavano in fucili.

Per Molten, non rappresentarono un problema: la sua pelle metallica era più che sufficiente, per proteggersi. “Non dirmelo: ti erano sfuggiti!” E andò a mettersi davanti a Fusione –questi il più debole, dato che i suoi poteri erano, basicamente, di generare illusioni...

 

Warwear stava già rispondendo al fuoco, con un volume che avrebbe reso Iron Man verde d’invidia. I suoi droni si erano già separati per andare in cerca di bersagli. “Esatto. Nicchie schermate!”

 

Fusione estrasse una granata dalla cintura e la lanciò contro un gruppetto che non gli stava prestando attenzione. L’ordigno esplose in un’efficace frammentazione, maciullando le macchine. E ora, un po’ di concentrazione...

 

Tigra, intanto, era riuscita ad afferrare Sabre e portarlo al sicuro, per ora, dietro una colonna. Il mannaro si mise in ginocchio, scuotendo la testa. “Grazie, Ti.”

“Stai..?”

Lui si alzò in piedi, il pelo dritto e le zanne scoperte. “Fattore rigenerante, e qualche altro trucchetto. Ora, lasciali a me!” E saltò all’attacco, ruggendo e ululando contemporaneamente.

Due Ultron fecero fuoco, ma in qualche modo lui riusciva ad anticipare le loro mosse. All’ultimo istante, due lame cromate fuoriuscirono dai polsi! Un rapido movimento delle braccia mentre passava loro accanto,

e i robot furono troncati in due. Un altro era già pronto a colpire,

ma fu anticipato da una raffica energetica dritta nella bocca. La testa esplose con un suono sordo.

Per un momento, perfino gli Ultron si fermarono, incerti per questo sviluppo: era stato uno di loro a sparare quella raffica, ed ora si stava dedicando a colpire gli altri!

 

“Eccellente,” mormorò Fusione, sorridendo sotto la maschera. L’interfaccia creata da quell’Italiano funzionava, ed ora poteva estendere i suoi poteri di persuasione anche alle macchine dotate di IA!

 

Il trionfo fu breve. La ‘guerra civile’ fu risolta da una pioggia di laser contro il ‘traditore’.

“Almeno ci hai provato. Niente male per un novellino,” disse Joystick, sarcastica, prima di generare nuove armi solide e tornare a dedicarsi a nuovi avversari.

 

Midnight Sun poteva essere un fantasma, per quanto concerneva i robot. Veloce, eclettico, affinato nelle arti combattive degli Inumani con i quali aveva a lungo soggiornato, potenziato a un livello cosmico dai Kree, dove colpiva, distruggeva senza scampo. E ogni volta che un robot riusciva a sparargli un colpo, il guerriero africano doveva solo alzare una mano a parare colpi che erano ben inferiori a quelli inferti a loro tempo da Silver Surfer in persona!

 

Fra tutti, Capitan Power era decisamente quello con meno problemi. Era solo grazie a lui, che la forza d’attacco veniva non solo contenuta, ma falcidiata a una velocità impressionante. Si stava divertendo, non c’era dubbio... “Capitano,” gli giunse la voce di Warwear all’auricolare, “non è il caso di perdere altro tempo. Finiscili. Ora.”

Cap annuì, e si concentrò su un altro tipo di energia.

Improvvisamente, i robot superstiti si irrigidirono. Prima che potessero reagire, furono attratti da una forza irresistibile, quella magnetica, verso un unico punto. Tale fu la violenza degli impatti, che venivano letteralmente accartocciati l’uno contro l’altro,

fino a formare un’unica palla cromata!

Cap si sbatté le mani, soddisfatto. “E con questo, dovrebbero esserci tutti. Niente male, hm?”

Quasi Molten gli mangiò la faccia. “Sarebbe stato meglio se lo avessi fatto prima, maledizione! Ma cosa sei, un*”

“Ha fatto bene il suo lavoro, e tanto basta, Molten,” disse Warwear, posandogli una mano sulla spalla. “Siamo una squadra, e si prevede che ognuno faccia la sua parte, senza dipendere eccessivamente da uno solo di noi. Cap ha sistemato tutto al momento giusto.” Indicò il cratere. “Ci siamo esercitati a sufficienza. Adesso, andiamo.”

Eserc..?” fece Molten, come stordito, mentre gli altri scendevano. Fu l’ultimo a raggiungerli. “Lo odio.

 

Si trovarono in un altro corridoio –solo che questo era pulito, ben tenuto, nuovo. L’atmosfera era fresca, asettica. La luce accuratamente regolata su una tonalità tale da non stancare l’occhio umano. Poco più avanti, il corridoio compiva una curva.

Le orecchie di Tigra e Sabre fliccavano avanti e indietro. Scossero entrambi la testa. Per buona misura, l’uomo-lupo si chinò sul pavimento e diede delle profonde annusate. Quando si rialzò, disse, “A parte noi, nessuno ha camminato su questi pavimenti per almeno un mese.”

Warwear annuì, e fece partire i suoi droni in direzioni opposte. Attivò lo schermo oculare, e vide il percorso effettuato dalle sonde con i loro stessi ‘occhi’. Dovendosi concentrare su possibili, immediate minacce, la visione era limitata agli infrarossi e al radar...Quasi non si accorse di Capitan Power, che gli picchiettò la spalla come fosse stata una porta. “Um, capo..? Dovresti proprio passare agli ultravioletti.” Fissava le pareti e il soffitto con l’aria alquanto preoccupata.

Warwear, e con lui Fusione, accondiscese, e, “Omioddio!” esclamarono all’unisono

Le nude pareti erano letteralmente coperte di simboli, indicatori di direzione, di livello e altre funzioni per ora ignote...Ed era impossibile non vedere le bandiere. Un cerchio composto dai vessilli di Italia, USA, Russia, Regno Unito, Canada, Israele, Francia, Germania, Cina e Giappone. Il cerchio era esposto in bella mostra sul pavimento, su un campo bianco, e si chiudeva intorno a uno stilizzato globo terracqueo raffigurante l’emisfero boreale, globo a sua volta circondato da rami di alloro avvolti intorno a due spade.

Warwear descrisse velocemente agli altri quello che stava vedendo, e concluse con un, “Dobbiamo andare via di qui, adesso. Le spiegazioni a do...UARGGGH!

Warwear fu improvvisamente preda di un violento spasmo, e si piegò in due, all’indietro. Tremava tutto, e nessuno dei suoi compagni sembrava sapere cosa fare, data la subitaneità dell’evento...

Per un momento, il mercenario in armatura sembrò riprendere il controllo...prima di piegarsi nuovamente, questa volta in avanti, per poi cadere a terra, mugolando di dolore. Adesso, scintille e fumo fuoriuscivano dall’armatura.

Scintille, fumo...e qualcos’altro.

MICROBOTS! Indietro!” urlò Fusione, arretrando come di fronte al più letale appestato.

Era uno sciame! Microunità robotiche, malevoli scarafaggi metallici, affamati! Si spandevano a macchia d’olio dal povero Warwear, ogni ‘ramo’ della macchia diretto verso un eroe.

Capitan Power reagì per primo. Afferrò Warwear, e avvolse entrambi in un’aura energetica che polverizzò i Microbots a suo contatto. Un attimo dopo, era già saettato attraverso il cratere di ingresso e da lì attraverso le pareti, lasciandosi dietro una galleria vetrificata.

“Accidenti agli impulsivi,” fece Joystick. Adesso, erano senza protezione!

“Gente, squagliatevela e in fretta. Di questi mostriciattoli, me ne occuperò io!” Disse Molten, e mise i piedi nella macchia vivente!

Tigra, Joystick e Fusione si diressero sulla sinistra. Sabre e Midnight Sun a destra. E corsero a tutta birra!

Per fortuna o per disegno, i microbots si accanirono ciecamente contro il corpo metallico di questa nuova preda –inutilmente, visto che la pelle di Molten era effettivamente priva di frizione. Al massimo, riuscivano ad aggredire gli scarponi, che non arrivavano oltre un quarto della caviglia. Oh, i mostriciattoli erano efficaci: non strappavano e laceravano, ma smontavano, con precisione chirurgica. In una manciata di secondi, degli scarponi non era rimasto nulla!

Mark Raxton si concentrò. Oh, era estremamente riconoscente alla Cleaver, per avergli procurato quell’armatura, risparmiandogli la fatica di un viaggio presso il produttore...E sapeva anche che, prima o poi, quello che stava per succedere grazie all’induzione dalle bio-unità interne, era destinato a succedere comunque...

La temperatura del corpo di Molten iniziò a salire. Dapprima in modo impercettibile, poi con progressione geometrica. Il corpo dorato assunse una tinta aranciata, fino al punto che il calore della lega instabile non arrivò a fare esplodere bolle sulla superficie ormai semiliquida.

I microbots continuarono l’attacco, nonostante ormai venissero sistematicamente distrutti dal calore.

Se non avesse funzionato, adesso, avrebbe solo anticipato l’inevitabile. Liz, ti voglio bene sorellina mia!

Un bagliore al calor bianco. E Molten esplose.

 

Purtroppo, un corridoio ermeticamente sigillato, non era esattamente il posto ideale per allontanarsi da un’esplosione. Era piuttosto come trovarsi in una bocca di cannone, e il proiettile stava arrivando!

Joystick, in testa al trio, lanciò un’occhiata dietro di sé,

alle fiamme in rapido avvicinamento. Bestemmiò, e si portò dietro i suoi compagni, direttamente davanti al muro ardente...

Portò in avanti le braccia, e generò non un paio di bastoni,

ma un muro di energia coerente! Appena in tempo. Le fiamme furono efficacemente parate, anche se il calore ambientale restava ai limiti del sopportabile.

 

Midnight Sun era muto, e questo lo costrinse ad agire prima che il suo compagno potesse dire o fare qualunque cosa in merito.

M’nai saltò, stendendo il proprio mantello. Come calcolato, arrivò addosso a Sabre, e lo avvolse in un bozzolo. L’istante successivo, furono avvolti dalle fiamme.

 

Capitan Power avrebbe voluto comunicare con il QG, comunicare gli sviluppi...Ma c’era l’ordine di mantenere il silenzio radio per 24 ore, e l’uomo era abbastanza disciplinato da non trasgredire un ordine.

Perciò, tutto quello che poté fare consistette nell’adagiare Warwear sul lettino medico/diagnostico... “Aspetta.”

L’eroe quasi lo lasciò cadere. “Capo, stai..?”

“Sdraiami. Niente diagnostica. Niente tempo.”

“Ma...” esitante, Cap obbedì.

Warwear disse, “L’armatura è un organismo vivente simbiota. Ho reagito al suo dolore, ma non ho subito danni. È in grado di autoripararsi, e anche in fretta, se non si interferisce.”

“Cosa facciamo, adesso?”

“Tu torna di sotto. Gli altri hanno bisogno del tuo appoggio. ‘Sta missione sta rivelandosi un pasticcio potenzialmente peggiore di Ultron. Recupera gli altri, vai.”

Cap annuì, ed uscì. Spiccò il volo, diretto verso il Municipio...Fu interrotto da un potente colpo di energia, che lo colpì alle spalle,

costringendolo a un brusco atterraggio in mezzo alle macerie. Tale fu l’impatto, che diversi cadaveri e parti di essi furono sbalzati fuori.

Capitan Power si mise in ginocchio, trovandosi a fissare lo sguardo vacuo di una bambina ridotta a poca carne marcia. Il suo orrore si trasformò in una tremenda maschera d’odio quando, levando lo sguardo,

incontrò quello freddo e meccanico dell’Ultron-6 sospeso nel cielo. O meglio, di uno dell’intero stormo di robot volanti, le bocche di fuoco delle loro piattaforme a reazione puntate sul Quinjet e l’eroe...

 

Episodio 3 - Techno-(un)appeal (II Parte)

 

Le Solomon Towers, Manhattan. Notte.

 

“Con tutto il rispetto per il software Seldon, ‘Rolf, mi sembra una gran bella cazzata.”

A parlare era stato l’uomo noto come Dollar Bill, che nel comitato manageriale della Justice, Inc. era tesoriere e addetto alle PR. Stava esaminando il fitto fascicolo degli eroi appena reclutati, e scuoteva la testa mestamente. “Insomma, possiamo ancora presentare la formazione dei super senza tanti problemi, se giuriamo di tenerne almeno uno a guinzaglio e museruola, ma cosa diavolo vi è saltato in mente di mandarli allo sbaraglio così, senza neppure un periodo di addestramento e in un simile scenario? Se non ce la dovessero fare, faremo la figura dei dilettanti!”

L’aria nella sala riunioni era mantenuta a una temperatura ideale; la luce polarizzata, così come impercettibili aromi naturali finemente nebulizzati, contribuivano a mantenere al minimo il livello di stress…

Non che la Direttrice, Angela Cleaver, avesse bisogno di simili mezzi. Il suo autocontrollo era ferreo come il suo polso, e rispose al nervoso collega e cofondatore della JI con un enigmatico sorriso. “Bill, la prova sul campo è il miglior test possibile. Per questo ho preferito rimandare la presentazione ufficiale: la stampa non sa nulla dei nostri eroi, ed essi, o chi di loro sopravvivesse, saranno presentati ufficialmente solo e solamente quando e se la missione verrà portata a termine. Non intendo presentare i nostri Giustizieri come fossero un bilancio gonfiato.”

“Inoltre,” intervenne Garolfo Riccardo degli Abruzzi, l’Italiano responsabile informatico dell’Azienda, “per quanto Seldon non possa computare fino al più intimo dettaglio il comportamento di un individuo, le equazioni basate sui parametri di gruppo e quelli già immessi fanno della scelta di questi giustizieri la migliore. Non so come, ma so che i nostri ce la faranno.” E guardò la Cleaver dritta negli occhi, come a provarla ad affermare il contrario.

In compenso, un accenno sulla cautela era d’obbligo. Letitia Frost, altro membro Europeo del CdA, che rivestiva la funzione di analista militare e tattico, osservava una serie di mappe –da quella politica a quella orografica, a quella meteorologica- dello scenario in questione: la Slorenia.

La piccola, anonima nazione baltica era poco tempo prima saltata alla più cupa cronaca quando il robot senziente assassino Ultron aveva deciso di trasformarla nella propria rampa di lancio per la conquista del mondo. A tale scopo, aveva letteralmente sterminato ogni singolo essere vivente. Ci erano voluti un esercito del’ONU e i Vendicatori, per fermare il robot.

I parenti delle vittime, gli emigrati e i figli e nipoti di altri emigrati…Questa gente voleva tornare in Slorenia, tornare a farla vivere in memoria dei caduti. Per assicurarsi che Ultron non avesse lasciato alcun tipo di trappola a testamento della sua infamia, questa gente aveva pagato profumatamente la JI per assicurarsi un repulisti completo.

Purtroppo, fra gli altri ostacoli che i Giustizieri avevano incontrato, molti prevedibili come da programma, si era scoperto un ben più sinistro sviluppo. La missione aveva assunto un contorno potenzialmente esplosivo.

Frost corrucciò la parte di volto non coperta da una maschera che nascondeva le sue tremende cicatrici. Al centro del tavolo rotondo, un ologramma mostrava la natura dell’ostacolo: un cerchio fatto di bandiere –Israele, Italia, Francia, Germania, Regno Unito, Canada, USA, Russia e Giappone- che circondavano un globo terracqueo stilizzato ornato con due fronde di ulivo che si avviluppavano ognuna intorno a una spada.

“Cosa dice Seldon in merito al coinvolgimento dello Stato, Garolfo?” chiese l’anziana donna.

Garolfo scosse la testa dalla chioma castana. “Sta ancora riflettendo. La base è schermata persino contro il nostro Ground Radar; impossibile determinare la presenza di attività umana…Ma non ha senso: Ultron e lo Stato non avrebbero mai potuto fare comunella. Senza contare che la base sotterranea di Ultron è stata realizzata sopra quella dello Stato…Comunque sia, ho l’impressione che non ci sarà molto da gioire, quando ‘sta storia sarà finita. Orpo zio.

“La situazione non cambia,” disse Angela. “I Giustizieri hanno l’ordine di liberare la Slorenia una volta per tutte e lo faranno, con questa o un’altra formazione. Corresponsabile o no, lo Stato dovrà scegliersi meglio le sue tane, la prossima volta. E puoi stare tranquillo, Bill: se avremo successo, sarà lo Stato a doversi nascondere con la coda fra le gambe.”

 

Piazza del Parlamento. Capitale della Slorenia.

 

Vittoria o sconfitta.

A volte, è questione di punti di vista.

In questo specifico caso, non parrebbe una scelta difficile: da una parte, nel mezzo della piazza, o meglio di ciò che ne era rimasto, stava una navetta argentea, con il logo della Justice, Inc. dipinto sulla timoniera e le ali. In piedi, accanto alla scaletta di entrata, stava una figura in oro e blu che chiunque avrebbe giurato essere il Vendicatore Wonder Man. Si trattava invece di Capitan Power, ‘new entry’ nella categoria dei buoni e neoassunto Giustiziere.

In piedi sulla soglia, il collega e mercenario Warwear, nella sua armatura vivente di tecnologia aliena Eidolon.

Entrambi gli eroi avevano lo sguardo rivolto al cielo. Warwear, forte delle sue esperienze, anche contro supereroi [su IRON MAN], non si sentiva minimamente ottimista. “Propongo di cercare rifugio nella base nemica. Potremmo farcela.”

“Vuoi scherzare?” fece Cap. “Un mucchio di lattine volanti ti mette la strizza? Però, ti sei ripreso in fretta.”

Le ‘lattine volanti’ in questione erano uno stormo di Ultron Mark 6, che, come metà inferiore del corpo, possedevano un gruppo propulsore capace anche di fungere da fabbrica di adamantio. Lo stormo teneva i due eroi sotto mira. Il massimo che uno di loro aveva tentato, fralaltro senza successo, era stato di abbattere Capitan Power con una raffica energetica. Per il resto, non mostravano alcuna iniziativa.

Dentro l’armatura, Parnell Jacobs esaminava la situazione, mentre esprimeva i suoi pensieri ai suoi datori di lavoro tramite una frequenza subspaziale, per concessione della sua armatura. “Si comportano come sentinelle. Devono avere attaccato per difendere il perimetro del Palazzo del Governo. Da quello che ho imparato su Ultron attraverso il database dell’armatura, è decisamente fuori personaggio.”

“Grazie per i piccoli favori, allora,” disse Cap. “Non vedo perché lasciargli la possibilità di rifare questo massacro, giusto?” E schizzò in aria, quasi creando un ‘bang’ sonico.

Warwear bestemmiò, ma non poté fare altro che seguire a ruota.

Come previsto, gli Ultron decisero di rispondere a tono. Decine di raffiche partirono da altrettanti gruppi propulsori.

Cap fu colpito in pieno, e l’energia crepitò e si accumulò intorno a lui, formando una specie di nuvola!

“Santo…” Warwear non correva simili rischi, grazie al sistema di guida automatico dell’armatura, che nel suo database inglobava l’esperienza di un’intera civiltà. Il suo volume di fuoco era amplificato dai fedeli droni, piccoli ma dotati di un volume di fuoco sufficiente ad avere la meglio della corazza di adamantio-B degli Ultron.

Un momento dopo, il volto una maschera di furia, Cap emerse pressoché illeso dalla nube! Anzi, caricato com’era dai colpi nemici, era ora come una cometa ionica, che falciò una dopo l’altra tutte le unità abbastanza sfortunate da trovarsi sulla sua rotta.

Distratte in tale modo, le rimanenti unità furono facilmente distrutte da Warwear.

I due eroi si trovarono sulla verticale dei resti del Palazzo del Parlamento. “Direi di non perdere tempo,” disse Cap. “Gli altri hanno bisogno di…” Poi, entrambi lo sentirono. Voltarono le teste all’unisono, verso la periferia della città.

Da dove proveniva il grido di una bambina.

 

Base dello Stato.

 

Il muro di energia tremolò, e si contrasse su sé stesso, come se una parete d’acqua tornasse in moviola dalla fonte che l’aveva generata…

…In questo caso, nelle unità da polso della donna conosciuta come Joystick. “Pericolo passato, direi. Forza, mutie, stammi dietro!” E corse lungo il corridoio, le cui pareti erano state fuse ed annerite dalla tremenda esplosione da cui si erano dovuti proteggere lei e il mutante di nome Fusione. La corazzatura dei loro stivali proteggeva i loro passi sul pavimento fumante.

 

Giunsero finalmente all’epicentro dell’esplosione. La temperatura era quasi insopportabile, e la donna dovette proteggersi con un campo di forza. Fusione era protetto dai dispositivi di raffreddamento del costume a nanotecnologia.

Nel cuore di quell’inferno, stava inginocchiato Molten. La sua pelle di dorato metallo, una volta sfogato l’accumulo termico, era tornata ad essere fredda, praticamente priva di frizione. Le ondate di calore passavano sul suo corpo senza sfiorarlo minimamente. “Sembra che abbia funzionato,” disse, alzandosi in piedi. “Dio, non ho mai provato una simile strizza. Credevo mi sarei disperso senza scampo, anche se l’ho già fatto una volta [UOMO RAGNO Corno]…Voi state bene? E gli altri?”

In quel momento, giunse il dolore.

 

Gli ‘altri’ in questione si trovavano nello stesso corridoio, ma dal lato opposto.

Midnight Sun rimosse la cappa in cui aveva avvolto a bozzolo sé stesso e i suoi due compagni. “Ma porca…Mi si sta strinando tutto il pelo!” disse Tigra “Mark ci ha dato dentro di brutto.”

“Direi. Almeno, si sta raffreddando in fretta,” fece Sabre, il lupo mannaro, le orecchie piatte contro il cranio per proteggerle dal calore. Subito iniziò ad annusare prudentemente l’aria. Un attimo dopo, gli scappò un breve ringhio.

“Jack..?”

Lui sollevò una mano. Diede un altro colpo di naso, e disse, “Cadaveri. Molti. Macchinari. Strane sostanze…Seguitemi!” e, istintivamente, passò alla piena forma di lupo, mettendosi a correre verso la fonte delle tracce, seguito a ruota dagli altri.

 

Non dovettero fare molta strada. Jack Russell dovette solo voltare un angolo…prima di essere colpito da una serie di raffiche di energia! Guaì brevemente, mentre veniva sollevato da terra dalla forza degli impatti; ricadde che era ridotto a un colabrodo!

La squadra di Ultron che aveva fatto fuoco non esitò nel cercare di aggiungere Tigra e Sun alla lista dei caduti…

Ma era come se il tempo si fosse fermato, per la donna felina. La morte di Russell era stato uno choc, tanto inaspettato quanto tragico. Prima ancora che il corpo di lui avesse toccato terra, i suoi sensi si erano come espansi, la sua visione oscurata da una nube rossa.

Il mondo intorno a lei era diventato immobile, ridotto a quel fotogramma fatto di carne e sangue bruciati. E si mosse in quel fotogramma. Se urlò, o ringhiò, o pensò, mentre falciava i robot pietosamente immobili, non lo seppe mai…

…In compenso, seppe che era finita, quando uscì da quella specie di trance, acquattata, le braccia incrociate e tese, gli artigli spianati.

Dietro di lei, i robot erano ancora lì, in piedi, le armi fumanti. Non si erano neppure preoccupati di voltare le armi contro di lei…

Poi, ragnatele di crepe iniziarono ad apparire un po’ ovunque sui corpi cromati. Piccoli fili intrecciati, quasi dei ghirigori…Poi, le teste, le braccia, le gambe, si separarono…Poi, uno dopo l’altro, gli Ultron esplosero.

Finalmente, Tigra si accorse di sentirsi esausta. Come se in qualche modo avesse dato fondo a ogni iota di energia. Solo le mani di Midnight Sun le impedirono di crollare a terra. Ansimava, debole come la classica gattina. Se avesse potuto sudare, sarebbe stata fradicia.

M’nai era sinceramente ammirato quanto sorpreso: questa creatura che odorava di forze mistiche aveva adottato la tecnica Momento Zero! Era un segreto custodito così gelosamente da un’elite esclusiva fra i più reclusi monaci Tibetani, che neppure Fu Manchu in persona o l’Artiglio Giallo erano riusciti, fino ad ora, a carpirla…

“Jack…Jack…” non le importava come aveva fatto, come era successo…Col cavolo che Greer Nelson avrebbe abbandonato il mannaro lì. Non era*

Non completò il pensiero. Si sentì come se le stessero strizzando e ridisponendo ogni molecola del suo cervello. Trovò le forze solo per emettere un terribile verso di dolore. Sun, muto, si irrigidì in preda agli stessi spasmi, e cadde in silenzio.

 

Superficie.

 

Naturalmente, fu Capitan Power a giungere per primo sulla scena. E fu proprio il suo impeto, a causare la sua caduta.

Perché l’eroe si era aspettato di trovare una creatura innocente inseguita da una pattuglia di robot assassini –e aveva ragione, anche se solo a metà.

Perché la bambina, una cosina pietosa, dalle vesti lacere e i capelli e il volto incrostati da sangue diventato da tempo bruno, era inseguita da un gruppo di uomini. Una pattuglia di quattro unità, tutte indossanti anonime tute protettive antiradiazioni ed antivirus, nere come l’inchiostro e dalle visiere nere. Persino i loro fucili erano bene avvolti da involucri protettivi, ad eccezione dei silenziatori. Non portavano distintivi, marchi, simboli, niente che aiutasse a capire per conto di chi lavorassero.

Cap non pensò neppure, comunque, di chiedere spiegazioni…Se non all’unico SoB che avrebbe lasciato in piedi dopo avere finito con gli altri! Non badò assolutamente agli avvertimenti lanciati da Warwear tramite l’auricolare subcutaneo.

Capitan Power si gettò all’attacco. Naturalmente, si erano accorti di lui, ed uno di loro aveva levato la sua arma -ma non aveva importanza: in un momento…

Un raggio scarlatto lo colpì in pieno. Provò le stesse, atroci sensazioni che a sua insaputa avevano provato i suoi compagni, ed era di fatto svenuto quando precipitò.

“Dilettante,” disse Warwear. La sua armatura, naturalmente, lo aveva già informato sulla natura delle armi in mano a quei bastardi: si trattava di repliche delle unità a raggi-coma usate da Ultron-5. Raggi da cui lui era perfettamente schermato! “Perciò…¯Fra le stelle schizza e vaaa!¯” (un giorno, avrebbe davvero dovuto togliere all’armatura quel vizietto del canto in piena azione!)

Fu come sparare sulla Croce Rossa. I colpi gli rimbalzavano addosso, e le papere non ebbero nemmeno il tempo di passare ai proiettili. I droni incenerirono tre delle papere, e la quarta fu atterrata da un colpo di neurostorditori alle gambe, la sua arma resa una poltiglia inservibile con un po’ di plasma. “Tu non ti muovere, eh?” fece Warwear passandogli sopra a volo radente.

Atterrò a un passo dalla bambina, che se ne stava rannicchiata in un angolino, tremante, troppo spaventata per profferire parola –uno spettacolo che Parnell conosceva bene. Quante volte, nel ‘Nam, aveva visto la stessa cosa, lo stesso terrore, la stessa miseria? Aveva indurito il suo cuore, alla fine, era diventato un mercenario per riuscire a sopravvivere a una realtà che lo avrebbe altrimenti fatto impazzire…

Ma l’armatura aveva delle crepe. E la bambina, forse l’unica, miracolosa sopravvissuta al genocidio…

Finalmente, Parnell si accorse dei segnali di allarme dall’armatura.

Come aveva fatto a sopravvivere? Abbastanza ovvio, per quanto orribile: non c’erano materialmente più piante ed animali, in tutta la Slorenia. I soli esseri viventi locali erano ratti, scarafaggi e altri ‘spazzini’, per giunta tornati da poco.

L’unico cibo disponibile era quello riverso per le strade. E sopravvivere, da sola, in quell’incubo, per tutto quel tempo, non era un’opzione…

Il vero problema era che i sensori dicevano che il corpo della bambina possedeva la stessa temperatura dell’ambiente circostante!

Poi, Parnell la vide in volto. Il volto incrostato del proprio sangue, uscito da un tale squarcio nel cranio, da lasciare vedere il pallido cervello sottostante. E la sua bocca! Un’orrenda voragine spalancata, atroce caricatura dell’espressione di Ultron!

Parnell era stato informato, sapeva, e si diede dell’idiota. Dalle spalle e dai droni, vomitò sufficiente potenza di fuoco da incenerire la cosa in un istante.

“Stupido,” disse a sé stesso, contemplando il mucchietto di cenere. La Cleaver li aveva messi in guardia contro la possibile presenza di quegli U-bots, le prime creazioni a celebrare il concetto di ‘nuova vita’ sotto il tallone di Ultron. Come esseri umani potevano essere decerebrati, ma benissimo programmati per attirare la loro preda con i trucchi più vecchi… “NO!”

L’uomo a terra! Gli aveva lanciato un qualche accidente di granata a EMP! Insufficiente a distruggere l’armatura Eidolon, ma sufficiente a causare un temporaneo stato di paralisi! Warwear cadde a terra, faccia in avanti, i droni ridisporsi automaticamente nell’armatura…Ma, nel cadere, vide che l’uomo in nero era ancora a terra!

In quella umiliante posizione, Warwear poté solo vedere un paio di massicci stivaloni di metallo rosso avvicinarsi. Poi, fu sollevato come un pupazzo da un paio di mani pure corazzate dello stesso colore. Con la coda dell’occhio, vide che a Cap veniva riservato più o meno lo stesso trattamento –dove il ‘meno’ stava nel fatto che lo stavano trattando come un sacco di stracci.

Poi, senza che parola fosse proferita, la comitiva si diresse verso l’edificio del Parlamento…

 

Si erano imbarcati su una piattaforma in una delle stanze del palazzo –l’unica mobilia sopravvissuta erano i pezzi di un’ampia scrivania di legno dal ripiano di marmo, e una sedia che doveva essere stata foderata di velluto. Insieme ai frammenti dell’emblema nazionale, si deduceva che quella fosse la stanza del Premier, se non del Presidente stesso…

La piattaforma era discesa fino alla base dello Stato, e quando le porte davanti ad essa si erano aperte, i rapitori, robot del modello Dreadnought, avanzarono dentro un laboratorio.

La struttura era semplicemente enorme. Le singole sezioni erano disposte in un cerchio come tanti maxi-cubicoli, ognuno preposto alla propria funzione. Ancora più in basso, protetto da una struttura trasparente in cima, circondato dalla nuda roccia primeva, i cavi di alimentazione come le arterie di un cuore mostruoso, stava la fonte nucleare di quella costruzione.

 

Parnell vide che i suoi compagni erano ognuno prigioniero in un tubo. Mani e piedi erano incapsulati da solido metallo, e la vita era pure circondata da un’ampia costrizione dello stesso materiale, permettendo a stento di respirare.

Con collaudati movimenti, Warwear e Cap furono aggiunti alla ‘collezione’.

Ahh, finalmente,” disse una voce dall’accento tedesco. “Ce n’è voluto, per prendervi, ma sono sicuro che ne varrà la pena. Benvenuti in questa umile base del Paranormal Activities Control Section dello Stato, signori.”

I Dreadnoughts si fecero da parte, e l’anfitrione avanzò –un uomo di mezza età, stempiato ma dai capelli ancora lunghi, baffi e pizzetto ben curato. A differenza dei tecnici presenti e vestiti da tute di contenimento, costui indossava un’aderente uniforme verde e oro. L’uomo si aggiustò il monocolo. “Io sono il Barone Ludwig von Shtupf, il Direttore.”

“Tu…sei un uomo…morto…Bastardo,” riuscì a dire Tigra, flebilmente, prima di venire nuovamente torturata da una scarica neurale! Le sue parole si spensero in un gorgoglio.

“Parole, parole,” disse l’uomo, accarezzandole il volto dalla pelliccia arancione. “Una bella creatura davvero. Resistente…Sì, sarà un vero piacere combinare i tuoi geni con quelli del tuo bestiale amico. Dovrebbe venirne fuori roba interessante.”

“Cristo,” sputò Molten, “ma che essere umano sei? Non vi è bastato allearvi con quel mostro di Ultron? Dovevate…”

“Non ci fu mai, un’alleanza, signor Raxton,” disse una voce femminile da una parete. Uno schermo si accese, mostrando il volto di una donna –un volto duro, risoluto, pronunciato al punto da sembrare maschile, gli occhi nascosti da un paio di ray-ban. “Sono il Generale Claymore, comandante in capo del PAX.

“I simulacri di Ultron erano stati una nostra idea, signori, il recupero e lo sviluppo di un piano ideato a suo tempo dai membri fondatori dello Stato [vedi I VENDICATORI DELLA COSTA OVEST]. La Slorenia era stata fin troppo felice di averci al suo fianco, visto che l’alternativa era la denuncia pubblica dei loro esperimenti illeciti sulla rianimazione di cadaveri a scopo militare.

“Ultron-13 è arrivato quando la base era stata resa pienamente operativa. Ci ha presi di sorpresa, ed ha rubato i nostri mezzi. Fortunatamente, questo Livello 2 era disabitato, e Ultron non ha avuto ragione di distruggerlo, preferendo invece usare i nostri dispositivi di manipolazione genetica per costruire i suoi U-Bots, e il reattore per alimentare il Livello-1.”

“E che diavolo volevate farci, con quei ‘simulacri’?” chiese Fusione.

“Scatenare una guerra, naturalmente,” disse la donna. “Ci sono dei paesi le cui risorse lo Stato intende controllare senza debite ingerenze. Usando la facciata di Ultron, ci saremmo infiltrati senza problemi, limitando le nostre attività a quei paesi senza super-esseri, o facendo in modo di vincolare i suddetti alle leggi internazionali, nel frattempo serrando la nostra morsa.”

“Carino,” fece Joystick. “Ehi, sorella…Com’è che sei tanto linguasciolta? Avevi voglia di sentire la tua voce o che?”

Thereza E. Claymore sorrise, ed era un’espressione inquietante. “Per me, era un piano stupido, e parlarne non cambia niente. Al solo nome di Ultron, persino i supercriminali si sarebbero mossi in soccorso delle sue vittime. Dopotutto, quel robot non rispettava altri che sé stesso, ed è stato pronto a sacrificare i suoi ‘colleghi’ per molto meno del dominio mondiale.

“Preferisco l’approccio del nostro buon Barone. La genetica è l’arma del futuro, signori: e i vostri corpi, uniti alla tecnologia di Ultron-13, recuperata grazie ai Vendicatori, saranno i nostri araldi per stabilire un nuovo ordine mondiale.”

E qui, dietro l’armatura, Parnell sbadigliò rumorosamente. “Storia vecchia, pupa. Ci hanno provato persone più toste e mentalmente sane di voi.”

La donna sembrò riflettere su quelle parole, ma poi disse, “Le persone a cui si riferisce sono o terroristi mancati o capitalisti con sogni più grandi di loro. Lei conosce lo Stato, o il suo embrione, Sig. Jacobs, e sa bene che noi siamo una vera e propria nazione a parte, una struttura più multiforme e capillare dell’Hydra e più finanziata di qualunque grande corporazione.

Nel nostro caso, Jacobs, la vittoria è solo questione di tempo…Non preferirebbe condividere tale obiettivo?”

Un sussulto.

“Non chiediamo che lealtà e il suo potere, Sig. Jacobs. In cambio, ci sarà una ricompensa più che adeguata. Lei è un mercenario, e credo che sappia apprezzare il valore di un’offerta superiore. E lo stesso vale per i suoi compagni che decidessero di saltare il fosso, naturalmente.” Naturalmente, l’unica concessione che posso garantire è la sicurezza delle famiglie o dei vari cari dei nostri affiliati.”

 

In uno dei cubicoli…

 

“Tipico di quell’uomo, cambiare idea ogni due minuti,” disse in Esperanto un tecnico in una tuta di contenimento nera. “Almeno, Aldo, potevi pulire un po’ di sangue e peli?”

Il tecnico, che sulla sua tuta portava il nome stampigliato nella piastrina identificativa con l’ologramma dello Stato, spostò lo sguardo dagli strumenti chirurgici che stava assemblando. “Ti sei fatto un bicchiere di troppo, Hans? Sto preparando ‘sta roba proprio perché il Barone vuole dissezionare subito quell’anima…occazzo!”

Il tavolo operatorio dove, fino a poco prima, giaceva un cadavere lupino, era bello che vuoto.

I due tecnici si guardarono, sudando freddo. “E ora chi glielo dice?” fece Hans. Il Barone era matto, ma era anche capace di farli partecipare in prima persona ai suoi esperimenti!

“Dirgli cosa? “ fece Aldo “Che qualcun altro lo ha preso, magari dietro ordine del Barone in persona? Chette lamenti?”

 

“Le minacce velate sono quelle che mi piacciono di meno, sa?” disse Warwear. “Preferisco i discorsi diretti. Ed è stata una delle ragioni che mi hanno spinto a rifiutare la vostra prima offerta…La bambina. Non era un prodotto di Ultron, vero?”

“Molto perspicace,” disse Von Shtupf, lisciandosi un baffo. “Come..?”

“…l’ho capito? Non possedeva le protesi meccaniche attraverso le quali Ultron-13 controllava le sue vittime.”

Il Barone fece un inchino. “Complimenti. Ebbene sì, lei era un prodotto di uno speciale virus, un mix di nanotecnologia e ingegneria genetica. Serve a rianimare i morti e tenerli sotto controllo senza che terzi li possano manipolare. Pratico e semplice.”

Con calma glaciale, Warwear tornò a rivolgersi alla donna. “La tua offerta, puttana, la scriverò e la infilerò nella tua gola, dopo averti strappato il cuore.”

Una scrollata di spalle. “Peccato. Non eravate comunque indispensabili nel presente stato. Può procedere, Barone.” Lo schermo si spense.

L’uomo estrasse un grosso telecomando dalla cintura, ed iniziò a regolare alcuni comandi. “Grande cosa la tecnologia a distanza, nicht war? Anziché doversi preoccupare di pannelli centrali e interruttori difettosi…Ah, ecco fatto.” Puntò l’apparecchio verso i tubi di contenimento. “Primo passo: cuocervi il cervello per bene. Scusatemi la fretta, ma ho imparato a non perdere tempo, dopo l’ultima esperienza con i vostri simili [I CAMPIONI #2].” Premette il pulsante.

L’attività del laboratorio proseguiva come niente fosse. Sguardi assenti dai nostri.

Premette ancora.

Qualche tecnico in tuta fischiettò, badando vistosamente ai fatti propri. Sempre sguardi assenti dai nostri. Tigra scodinzolò.

Il Barone premette dei pulsanti a casaccio, ma al massimo gli rispose il fischio della teiera dalle cucine. Il telecomando ebbe un ultimo sobbalzo, e morì in un’esplosione di plastica e molle! Quello che disse in Bavarese stretto non è a tuttora ripetibile.

“Temo ci sia un problema di fondo,” disse Warwear. “Per potere funzionare, l’impulso di un telecomando deve arrivare a destinazione. In caso di interferenza, puf.”

Puf?” fece Shtupf, paonazzo, prima di gettare a terra il rottame. “PUF? Come sarebbe a dire, PUF?!? L’ho costruito io stesso!” aveva una preoccupante vena gonfia sul collo e una scintilla pericolosa nel monocolo. “Deve funzionare! Non è ammissibile che…” Finalmente, realizzò. Fissò l’uomo in armatura con stupore da baffo dritto. “No…Non puoi…Gli impulsi elettromagnetici…”

“Se ero quel catorcio di Iron Man, ti avrei dato ragione…Peccato che io non lo sia.” E le sue costrizioni furono letteralmente sgretolate da un campo di impulsi di vibranio lungo tutto il corpo!

L’allarme risuonò immediatamente. Da aperture nel pavimento, emersero sei Dreadnoughts in assetto da combattimento. In realtà, l’emersione non era ancora terminata, che i robot fecero fuoco dagli occhi su Warwear.

L’uomo tenne impegnate le macchine, attirando il fuoco su di sé. “¯Arde il fuoco della giovine forza…¯

“E no! Non stavolta. DN-20!” Shtupf indicò i tubi. Meglio che le cavie crepassero, stavolta, piuttosto che gli rovinassero un altro laboratorio. “Ucc*”

Una mano dalla pelliccia castana, ma soprattutto piena di artigli, gli si serrò intorno alla gola. “Mammina,” gli scappò in un pietoso pigolio.

Sabre ringhiò minacciosamente, le zanne scoperte sul collo. “Falli tornare indietro, oppure…”

“A tutte le unità! Cessare le ostilità, subito. Eri morto, ne sono sicuro, eri morto…”

Sorriso zannuto. “Sorry: ci vuole l’argento per fare un vero danno. Bello essere un mannaro, non trovi…?” movimento! Dietro di lui. In un fluido movimento, Jack Russell liberò il Barone, e saltò, lasciando che il Barone stesso diventasse bersaglio per i Dreadnoughts. Il suo petto fu perforato come cartone! La sua morte fu pietosamente istantanea.

Gli altri Dreadnoughts proseguirono l’attacco, puntando ai tubi di contenimento. Ma la seppur breve pausa aveva ormai cambiato il corso degli eventi. Warwear aveva avuto il tempo di attivare i droni, ed ora questi frapposero fra loro e gli aggressori un solido campo di forza!

Fra gli eroi prigionieri, uno solo di loro non sembrava avere bisogno di aiuto: Tigra, che nel vedere il licantropo sano e salvo fu percorsa dalla stessa ondata di energia che le aveva dato forza nel vederlo ‘morire’. Improvvisamente, possedeva una forza ineguagliabile, e nessun legame o raggio-coma di questo mondo poteva trattenerla!

Semplicemente, la donna-tigre fece a pezzi i suoi legami. Non perse tempo, e con un salto fu addosso a un Dreadnought. Lo buttò a terra con un solo colpo del piede. Subito Sabre afferrò la macchina per i piedi, e, compiuta una rapida rotazione, lo scaraventò contro i suoi simili.

Per Warwear fu sufficiente. Diresse fasci di impulsi di vibranio contro le costrizioni dei compagni.

Appena libero, Capitan Power schizzò come un fulmine contro i Dreadnoughts ancora in piedi. Due di loro furono tagliati in due.

Il terzo fu trapassato da un pugno di Molten.

I rimanenti furono elegantemente gestiti da Midnight Sun. Per quanto potessero essere rapidi, si muovevano come nella melassa per il guerriero africano. Schivando i colpi di due, fece a pezzi la testa del terzo con un solo pugno. Un calcio troncò il penultimo in due. Afferrò l’ultimo con facilità, e con una mossa fluida di Judo lo piantò letteralmente nel pavimento.

Situazioni che vennero bellamente ignorate dalla donna felina, che si era precipitata ad abbracciare l’uomo-lupo con una tale forza da farlo scricchiolare. “Sei vivo! Sei…” gli accarezzava il muso, incredula, incurante del suo vistoso rossore sotto le orecchie e dei suoi uggiolii imbarazzati. “Non farlo mai più, mi hai capito?!”

 

Quartier Generale dello Stato. Località ignota.

 

Claymore era la sola occupante della grande sala riunioni, la stanza che recentemente aveva visto il primo ostacolo al sogno di dominio dello Stato [I CAMPIONI #4].  Allora, la sconfitta era giunta a causa di un colpo di genio del nemico.

Qui, la sconfitta era interamente imputabile a loro stessi, all’incapacità di valutare al meglio la forza e le capacità del nemico.

La donna serrò le labbra, osservando il dramma della loro base svolgersi sullo schermo. Se solo le dessero retta! Prevenire era la parola d’ordine, ma ancora rifiutavano di aumentare il budget per coprire ogni possibile evenienza a fronte proprio di simili casi!

Per giunta, Ultron aveva rimosso tutti i sistemi di autodistruzione. “Branco di falliti,” mormorò. A questo punto, restava una sola speranza…

 

Base PAX.

 

L’ultimo degli orrori era finalmente rivelato.

Una delle stanze maggiori del Laboratorio era tappezzata di contenitori, ed in ognuno di essi stava un essere umano. Le file più vicine al pavimento erano invece riservate agli animali –dai topi ai cani e gatti, fino ai cavalli, non una creatura era stata risparmiata.

Centinaia di occhi ridotti a fredde orbite nere li fissavano con inaudita ferocia, anime perse private per sempre dell’ultima dignità.

I termini si sprecavano, e un attonito silenzio era la sola cosa che potesse riassumerli tutti.

 

Tigra deglutì. Qualcosa dentro di lei avvertiva distintamente come le loro voci, voci accusatrici, impaurite, invidiose dei vivi…Ovunque, nella base come in superficie, il male aveva impregnato ogni molecola del terreno e dell’aria. Era sicura che ci sarebbe voluto molto più del fuoco sacro, per esorcizzare una nazione di fantasmi…

Accanto a lei, Sabre mostrava lo stesso disagio, la coda istintivamente piegata in basso. Lui stesso era un figlio dell’oscurità, e la sua intima relazione con il sovrannaturale lo rendeva particolarmente sensibile a quell’atmosfera malsana…

Midnight Sun, morto e risorto più di una volta, provava solo una grande tristezza. Sapeva di non potere fare niente, e pregava dentro di sé per la pace dei morti a cui non era permesso morire…

Finalmente, la voce di Warwear risuonò nei comunicatori. “Ho registrato tutto. Non ho potuto scaricare niente dagli elaboratori: hanno avuto l’accortezza di ripulire i loro banchi di memoria. I prigionieri…temo non ci daranno più noie.”

“Come sarebbe a dire?” fece Molten.

 

Parnell scrutò tristemente i mucchietti di cenere che erano stati decine di esseri umani. “Nel senso che al posto della classica, cara capsula di cianuro, questa gente è stata dotata di bombe incendiarie. Non ce n’è nemmeno per fare un’analisi genetica.”

Pochi minuti dopo, gli eroi emersero dal palazzo del Parlamento. Tutti tranne Capitan Power.

I sette si imbarcarono, e la navetta lasciò quel tristo teatro. Ancora pochi minuti, e l’area del palazzo del Parlamento fu illuminata da una violenta luce, luce che si espanse in una sfera di fuoco e fumo, fumo che divenne una nuvola a fungo.

Capitan Power emerse da quell’inferno poco dopo, per affiancarsi alla navetta, un’espressione cupa sul volto.

 

Sede della Justice, Incorporated.

 

“Mettiti in contatto con le famiglie, Bill,” disse Angela, aggiungendo a mano alcune annotazioni su un fascicolo cartaceo –dite quello che volete di bello sulla tecnologia, ma ancora niente poteva sostituire la bontà di un pezzo di carta su cui lasciare le giuste note.

Adesso, almeno, avevano un’idea precisa di quanto in basso lo Stato poteva arrivare…Anche se qualche punto aperto restava.

Come aveva fatto, quella cavia-cadavere a lasciare quello che comunque era un complesso di massima sicurezza? E fino a che punto, quella nazione era sicura, visto che le anime inquiete ancora la infestavano..?

Angela sospirò. Almeno, con quelle domande ci potevano essere le basi per un nuovo contratto…

 

Episodio 4 - Rapimento e riscatto (II Parte)

 

Dove finisce la lealtà, ed inizia il tradimento?

Una domanda tutt’altro che retorica, per Harry ‘Nbala, dipendente da tre anni della Talon Corporation. Harry, 30 anni, pancetta e stile casual, era un membro dello staff del settore Ricerca Telecomunicazioni della più avanzata corporazione privata nel campo delle tecnologie. Lo stipendio era ottimo –e doveva esserlo, dato il livello di conoscenze richiesto ad un dipendente della Talon- con ogni possibile beneficio garantito. Decisamente un bel salto di qualità dal giorno in cui era uscito dalle università americane a pieni voti e proporzionalmente pieno di debiti, con prospettive di lavoro soffocate da una spietata concorrenza tutta a favore dei bianchi!

I cacciatori di teste della TC lo avevano tenuto d’occhio, e l’assunzione era stata poco meno di una formalità. Era un buon lavoro. I debiti erano stati pagati, e aveva potuto mettere da parte per aiutare la sua famiglia in Nepal. Poteva vedere e toccare con mano i progressi che la Talon aveva apportato alle genti del neonato Zilnawa. Nessuno dubitava della sua lealtà.

Poi, gli avevano fatto un’offerta migliore. Era solo umano, e la sua infanzia era stata un inferno di privazioni, soprattutto per i suoi, che per mandarlo negli USA si erano ulteriormente impoveriti. Harry non era un avido, non concepiva i soldi come qualcosa da accumulare a prescindere dal loro valore.

Harry ‘Nbala voleva più soldi perché sapeva cosa voleva dire la loro mancanza. Era una patologia, un complesso. Soddisfarlo era semplicemente naturale, per lui.

Accettare l’offerta, persino di un bianco, era stata cosa di poco conto.

Harry si era giustificato dicendosi che comunque, prima o poi, l’U.I.M.T. o Trasmettitore Universale Multimediale Interattivo sarebbe stato copiato da qualcun altro –diavolo, i Russi erano riusciti a rubare i segreti della Bomba Atomica proprio attraverso gli stessi scienziati al servizio degli USA!

Il lavoro era stato facile, grazie ai mezzi forniti dai complici di quel bianco. Lo stesso dispositivo era abbastanza compatto da essere portato da una sola persona. Nessun altro coinvolto. Tutto sotto silenzio. Niente testimoni.

Non era vero, che alla fine, era tutta la vita che ti passava davanti. Erano le colpe, i pensieri che ti avrebbero tormentato per l’eternità.

L’ultimo pensiero di Harry ‘Nbala, mentre le acque del mare stritolavano i suoi polmoni, fu verso i suoi genitori. Almeno, a loro non aveva detto nulla. Sarebbero stati al sicuro.

 

Tra non molto, Alexander Thran, fondatore e padrone indiscusso della Talon Corporation e quindi di tutto il piccolo neonato stato sudafricano dello Zilnawa, avrebbe avuto preoccupazioni ben più importanti per la testa [POWER PACK #8]. Per ora, erano comunque pensieri cupi.

Non che non se lo aspettasse, alla fine: Seldon era un ottimo software per studiare e prevedere il comportamento umano, ma non poteva considerare il 100% di variabili in un modello caotico come la mente di un singolo individuo…Per questa ragione, erano stati investiti diversi milioni di dollari nei più sofisticati impianti di sicurezza che la tecnologia del XXI secolo potesse concepire.

Harry ‘Nbala era stato ritrovato, alla fine. I nano-segnalatori nel suo corpo lo avrebbero rintracciato fin sulla Luna –per quello che valeva tale vanteria, adesso che era troppo tardi. Era stata un’operazione di fino: niente violenza, niente impronte digitali: solo un potente veleno che paralizzava il sistema nervoso centrale. Il ragazzo era stato cosciente, mentre annegava al largo delle coste sudafricane –un’ulteriore prova che i suoi esecutori giocavano su una categoria speciale.

Thran passeggiò avanti e indietro per la sala riunioni. Inutile convocare un’Assemblea Straordinaria: il recupero dell’UIMT doveva avvenire in segreto come la sua trafugazione

“Allora, Kristen? Novità?” chiese apparentemente all’aria.

 Kristen Palmer, la segretaria particolare di Thran, stava in piedi in un angolo della sala. Era quel tipo di donna che avrebbe fatto voltare teste anche se fosse stata vestita di spazzatura. L’impeccabile abito con gonna fino alle ginocchia esaltava la sua bellezza degna delle passerelle. Come sempre, portava con sé un notepad che sarebbe stato il sogno bagnato di qualunque produttore di hardware.

La donna alzò appena gli occhi per dire, “Con gli elementi a nostra disposizione, ci sono solo quattro organizzazioni note capaci di una simile impresa e inoltre capaci di sapere come usare l’UIMT: L’AIM, l’Impero Segreto, l’Hydra e la Howard Conglomerate.” Con il suo caratteristico distacco professionale, avrebbe potuto stare recitando l’elenco della spesa.

Thran soppesò quella lista. Sapeva cosa fare, ma non poteva coinvolgere un esercito di super-esseri per frugare praticamente in tutto il mondo… “Signore?”

“Dimmi,” fece lui.

Kristen stava digitando qualcosa sul ‘pad, una quasi invisibile ruga corrugarle la fronte –una rara manifestazione di emozioni, il che voleva dire che aveva beccato qualcosa di grosso! “C’è una notizia interessante, in Rete: un commando dell’Hydra ha rapito il figlio di Harold Howard. Per ora, nessun annuncio è stato fatto dai rapitori alla stampa.”

Una notizia breve, ma esplosiva! Thran sorrise come uno squalo –chiunque con un minimo di sale in zucca sapeva che sfiorare il giovane John Harold Howard anche solo con il pensiero era un suicidio. Se l’Hydra aveva osato tanto, non era certo per chiedere soldi! “Kristen, credo che il caso dell’UIMT sia bello che risolto…”

 

Solomon Towers, New York City

 

Non era facile stupire Tigra in fatto di interni lussuosi. La donna felina aveva diviso non poco tempo della sua carriera di super-eroina fra i Vendicatori ed i Vendicatori della Costa Ovest, e i loro finanziatori ne avevano, di gusto.

Eppure, anche in un palazzo, la Justice, Inc. sapeva il fatto suo. Gli interni erano ottimizzati con soluzioni a scomparsa, mobili inclusi, che permettevano di disporre di uno spazio considerevole. Ogni appartamento dedicato ai Giustizieri occupava metà di un piano della torre. E tutto era stato studiato & disposto a tempo di record per soddisfare le esigenze personali di ognuno di loro.

Per esempio, a Greer Nelson era stato messo a disposizione un ambiente ‘tropicale’, grazie a simulatori brevetto Talon Corporation che riproducevano l’ecosistema di una giungla africana fino al più piccolo dettaglio. Ed ora, lei giaceva in una piccola radura, circondata da odori e sensazioni tattili di vegetazione umida perfetti al punto da ingannare i suoi raffinati sensi. E le stava benissimo. Aveva bisogno di rilassarsi, e quello era l’ambiente giusto dopo i loro ultimi combattimenti…

Non resistette alla tentazione, e nuda com’era si rotolò più volte nell’erba come un felino, appunto, facendo praticamente le fusa…

Un fruscio di foglie dietro di lei. Si irrigidì, ma sapeva già chi era.

Infatti, dai cespugli emerse la figura dalla rossa pelliccia di un uomo-lupo: Sabre, ovvero Jack Russell. “Spero di non stare disturbando.”

Tigra si mise in ginocchio, ammirando il maschio dalla testa ai piedi. “Considerando che ti ho chiamato io…” la sua espressione si tinse di preoccupazione. “C’è una cosa che devi sapere, Jack…Io…non sempre ho il pieno controllo di me, quando si tratta di…”

Sabre si mise in ginocchio di fronte a lei. Le accarezzò il mento con un dito. “So cosa vuoi dire. Ho un buon naso anch’io, e i tuoi ormoni sono come un cartello segnalatore luminoso.”

A quel paragone, o forse per la carezza, a Tigra sfuggì una risatina. Poi, di nuovo quell’espressione sfuggente, gli occhi bassi. “Non so neppure perché. Credevo che Agatha Harkness avesse esorcizzato questo mio demone, ma mi sbagliavo. Per qualche ragione, sono attratta irresistibilmente da ogni maschio alfa, fisicamente o intellettualmente che sia, da Wonder Man a Hank Pym…O persino il Balkatar del Popolo Felino [tutte storie avvenute su I VENDICATORI DELLA COSTA OVEST Play Press].

“Feci l’errore di assecondare questa passione, e ferii tutti i mie partner, gettandoli via come niente fosse. Non voglio che succeda di nuovo.” guardò il mannaro dritto negli occhi gialli come ambra. “Voglio capire quando è anche la mia mente, a volerlo, e non solo…” fu interrotta da un dito artigliato premuto delicatamente sulla bocca.

Jack l’abbracciò. “Lo sai? Non ricordo di avere mai avuto una compagna fissa, nella mia vita…letteralmente. Se anche c’è qualcuno, là fuori, che mi abbia amato per quello che sono, non so più dov’è, così come non so più nulla della mia vita prima di entrare nella JI.

“L’uomo che è in me è terrorizzato da un impegno a lungo termine basato sulle incognite, il lupo è pronto ad esserti fedele fino alla morte…” si staccò appena perché Tigra lo potesse vedere sorridere. “Possiamo cercare un compromesso, se la cosa non ti disturba. Non sarà un matrimonio, ma almeno non saremo soli. Pensi di poterlo affrontare?”

Il bacio che seguì in risposta fu più che sufficiente, come inizio…

 

Definizione di preoccupazione.

Capitan Power aveva richiesto un ambiente che si poteva interpretare o come estremamente futuristico o alieno. Intorno al misterioso eroe in blu e oro, che sembrava il ritratto sputato di Wonder Man, si svolgeva la vita quotidiana di un mercato popolato di uomini e donne, chi dai tratti caucasici e chi dagli stessi, ma con la pelle azzurra.

Casa. Così vicina, densa di odori, di allegria, di rumori familiari che lo cullavano come una ninna-nanna…E così lontana! Persa in chissà quale corridoio spaziotemporale, in una delle infinite realtà del Multiverso…

Che ironia! Lui possedeva un potere degno di un Dio, e l’unico a sapere come usarlo per tornare indietro era altrettanto perso! Poteva solo sperare di imbattersi nelle persone giuste, per questo aveva accettato di entrare nella JI. La comunità dei super-esseri terrestri era rinomata in molti mondi. Qualcuno avrebbe potuto aiutarlo…a patto che lui si facesse una fama degna di tale aiuto…

Per tale ragione, l’allarme fu per lui fonte di non poca gioia.

 

Definizione di felicità.

Robert Markley, in arte Fusione, non si era decisamente aspettato questo. Essere un mutante non era facile, soprattutto dopo l’11 Settembre 2001. I terroristi avevano alzato il livello di paranoia e il Governo non sembrava intenzionato a smorzare gli ardori.

Markley aveva vissuto con la paura di essere scoperto per tutta la vita. Aveva mantenuto un basso profilo, umile, aveva inghiottito un’umiliazione dopo l’altra, e ancor più quando era nata la sua unica ragione di vita: Sean, il bambino di sette anni che stava placidamente dormendo nel mezzo di un materasso ad acqua. Per lui, la Cleaver aveva garantito ogni possibile sicurezza.

L’appartamento era lusso allo stato puro, i soldi più di quanti ne avesse visti in una vita intera. E, come Fusione, sarebbe stato presto presentato al mondo come super-eroe nuovo di zecca!

Solo per un momento, un’ombra attraversò il suo volto –con il ‘lavoro’, avrebbe come minimo rischiato la vita ad ogni missione…Ma se questo avrebbe garantito un futuro a Sean, allora lo avrebbe fatto senza esitazioni…

L’allarme riempì il suo cuore di trepidazione. Così presto?

 

Definizione di impazienza.

Midnight Sun aveva da tempo rinunciato al suo nome civile –quella vita era di fatto finita, letteralmente, da molti anni, per lui. Il giovane M’nai aveva commesso degli errori, anche se in buona fede, ed aveva pagato il prezzo estremo.

Ora, questo eroe silente, muto, sedeva nella posizione del loto nel mezzo dell’angolo di spazio siderale che era la sua stanza.

Il suo cuore ardeva di impazienza come la vicina stella che lo inondava di radiazioni –radiazioni che il suo corpo potenziato per resistere ai rigori cosmici sopportava senza battere ciglio.

Midnight Sun aveva visto e vissuto la bellezza del cosmo, i suoi migliori amici erano gli Inumani, ma il suo cuore era ancora sulla Terra, con la sua gente, in Eritrea.

Angela Cleaver gli aveva promesso che la prossima missione si sarebbe svolta in Africa, missione pagata con la parte dello stesso Midnight Sun, per liberare il suo paese dalla piaga della guerriglia che già tante vite aveva preso.

Se solo quella donna si sbrigasse…

L’allarme causò un tuffo al suo cuore.

 

Per conto suo, Mark Raxton, che per la sua pelle dorata che lo faceva assomigliare ad una statua appena colata dallo stampo era chiamato Molten, stava contemplando al computer le proiezioni della Società del cui CdA era stato Vicepresidente fino a quando si era deciso ad iniziare questa nuova vita.

Curiosamente, le azioni delle Osborn Industries erano in salita…Ma non era più sorprendente di così. La fama di supercriminale di Molten datava fino agli esordi della carriera dello stesso Uomo Ragno. Questo, unito alle infamie portate dalla gestione di Norman Osborn, ovvero Goblin, aveva fatto sì che ben pochi si rivolgessero alle OI.

Mark sorrise. Si augurò che la sua sorellastra, Liz, sapesse restaurare l’immagine dell’azienda. Era una ragazza forte, e si fidava ciecamente di lei…

L’allarme! Molten si alzò in piedi. A un suo pensiero, strati della sua pelle metallica si trasformarono nelle parti di un’armatura. E schizzò fuori dalla stanza.

 

“Sai come si dice, no? Sfortunato in amore…”

Parnell Jacobs ignorò la voce femminile dietro di lui. Era troppo intento a leggere l’ennesimo messaggio di ‘Failure Delivery’ sullo schermo, come se quelle due parole contenessero qualche recondito segreto.

Si fregò gli occhi con una mano. Aveva una voglia disperata di appisolarsi –per un 24 ore almeno… “Joystick, stiamo parlando di mia moglie. E comunque, non è educato invadere la privacy degli altri…”

“Puoi chiamarmi Janice,” disse dalla soglia la donna, che indossava un paio di jeans e una maglietta senza maniche con su un serpente nell’atto di mordere una mela.

Janice si sedette su una sedia, le gambe contro la spalliera, come una moderna Lili Marlene. “Non ossessionarti così, soldato. Almeno, lei è viva, giusto? Appena saprà che sei dalla parte giusta, ucciderà per un telefono. Non…”

Fu interrotta dall’allarme!

 

Angela Cleaver, Direttrice della Justice, Inc., sedeva al suo solito posto, a capotavola. Ogni membro, ad esclusione del comitato direttivo, aveva un foglio davanti.

La donna era mortalmente seria. “Signori, nonostante gli impegni presi con Midnight Sun, occorre considerare questa missione come priorità assoluta.

“Ho appena terminato di parlare non con uno, ma con due clienti. Uno di loro è Harold Howard in persona. Confido che qualcuno di voi ne abbia almeno sentito parlare.

“Ieri sera, suo figlio è stato rapito dall’Hydra. Howard desidera che noi lo ritroviamo e glielo portiamo indietro sano e salvo. Riuscire, significherà abbastanza soldi da finanziare la missione in Eritrea.” E qui guardò Sun dritto negli occhi. L’uomo diede il suo silente assenso.

Angela continuò. “L’altro cliente è Alexander Thran. Per ironia della sorte, Howard aveva di recente rubato un dispositivo chiamato UIMT,” e un ologramma del suddetto apparve a mezz’aria. Una specie di sfera nera ricca di incisioni contorte come ideogrammi e degli strani ‘jack’ tondi disposti agli opposti di immaginari assi..

“L’UIMT è una rivoluzione assoluta, un sistema capace di trasmettere e ricevere pressoché ogni canale di comunicazione su qualunque frequenza, usando la mente come interfaccia. Lo si potrebbe considerare come il cuore di una futura coscienza collettiva, destinato a sostituire i media come li conosciamo. Naturalmente, nelle mani sbagliate, rappresenterebbe il cuore di una dittatura invincibile.

“Parlavo di ironia, perché Howard mi ha reso noto che l’Hydra vuole l’UIMT quale riscatto per il figlio. E Thran vuole l’UIMT e basta, non importa quanti cadaveri dobbiamo seminare per arrivarci.

“Ho accettato entrambi i contratti, ognuno parallelamente all’altro e ad insaputa dei clienti, perché intendo verificare la vostra affidabilità su due campi contemporaneamente. Purtroppo, non sarà il tipo di impresa che potremo permetterci di mettere a curriculum della Justice, Inc. La missione è top secret. Domande?”

Come al solito, ne avrebbero avuto più d’una, ma prima che si potesse aprire bocca, lei disse, rivolgendosi a uno dei membri del CdA, “A te la parola, Garolfo.”

Garolfo Riccardo degli Abruzzi, informatica e reverse-engineering, disse, “Seldon ha elaborato una prima proiezione. L’Hydra non rischierebbe di tenere nello stesso posto e il dispositivo e il ragazzo…Ma contiamo almeno di raggiungere in fretta il dispositivo: nonostante Howard abbia disabilitato il più dei segnalatori sull’UMIT, uno è sfuggito alla sua attenzione. Si tratta di un apparecchio che trasmette su frequenze subspaziali, che solo un suo simile può rilevare; fortunatamente, Howard non possiede simili tecnologie.

“Neanche noi siamo così attrezzati, ma Capitan Power, con i suoi poteri di manipolazione energetica, può trovare il segnalatore. Seldon raccomanda che lui, Midnight Sun, Molten e Joystick si occupino del recupero dell’UIMT, mentre gli altri vadano dietro al ragazzo. E’ plausibile che l’Hydra impieghi una maggiore forza per difendere il dispositivo che un ostaggio che comunque potrebbero eliminare.”

Prese la parola Letitia Frost, strategia e comunicazioni. Il suo volto giovane, ma segnato per metà da orrende cicatrici, sorrideva come quello di un uccello predatore. “Howard e io la pensiamo allo stesso modo: niente al caso. La ridondanza è alla base del successo. Se io fossi lui, avrei già assoldato almeno un altro team-ombra per il recupero e del ragazzo e dell’UIMT. Perciò, è della massima importanza che non vi buttiate a testa bassa contro i primi super-esseri che doveste incontrare, a meno di avere a che fare con criminali conclamati. Chiaro? Oh, e un'ultima cosa: non intervenite fino a quando l’UIMT non sarà stato consegnato all’Hydra. E’ una richiesta specifica di Howard.”

In quel momento, l’oloproiettore si accese con un ronzio, rivelando la figura…di un corriere della FedEx. Nel braccio, reggeva una semplice busta imbottita.

“Uffici della Justice, Incorporated, come posso aiutarla?” chiese una gentile voce umana –in realtà, una perfetta riproduzione computerizzata.

Videro l’uomo allungare la mano con il plico. “Consegna da parte della Howard Conglomerate per la Justice Incorporated, attenzione di…” a quelle parole chiave, fu interrotto dal citofono, che avviò una sua procedura di ricezione automatica. L’uomo infilò il plico e il tagliando in due fessure separate, e mentre il computer firmava a laser il tagliando, la busta viaggiava verso il recipiente a mezzo posta pneumatica.

 

Nel contrattare con Angela, Howard aveva promesso di inviare un indizio prezioso per trovare il ragazzo. Aveva mantenuto la parola.

La busta conteneva solo una maglietta. Una T-shirt leggera bianca. Visibilmente usata.

Angela si rivolse a Sabre con lo sguardo. Il mannaro sospirò, e prese la maglietta per poi dirigersi verso l’ascensore. Non si chiese neppure chi osò uscirsene in una sghignazzatina.

 

Giunto sul tetto della torre, si mise in ginocchio. Annusò ripetutamente la maglietta, imprimendosi l’odore del ragazzo nella memoria. Posò la maglietta, e si concentrò.

Un compito apparentemente impossibile. Rintracciare un singolo odore in una metropoli delle dimensioni di NY. Separare miliardi di tracce, distinguere le più sottili sfumature odorose per trovarne una vecchia di almeno 12 ore.

Ma era anche per questo, che Angela si affidava a lui. Forse Jack Russell non aveva memoria delle sue origini mistiche, poteva non ricordare che la stessa magia che lo rendeva quasi invulnerabile potenziava i suoi sensi ben oltre quelli dei suoi simili.

Il tempo perse ogni significato. Distacco completo dal suo corpo. La sua mente era una sola cosa con ogni molecole dell’aria. Non importava che solo altri due cacciatori in tutto il mondo potevano fare quello che stava facendo lui con un solo senso. Non c’era metro di paragone, in questo stato, solo la preda...

 

Dollar Bill passeggiava avanti e indietro come la classica tigre in gabbia. Venti minuti, erano già passati venti minuti! Ad ogni secondo, l’uomo sentiva le dita della Morte solleticargli il cuore. Se sballavano questi contratti, erano finiti, kaput! Al massimo avrebbero potuto mettersi a salvare i gattini sugli alberi...

La porta dell’ascensore si aprì. Sabre ne uscì, la maglietta in mano. Era visibilmente provato. “So dove l’hanno portato. Ma bisogna fare presto, la traccia è molto esile...”

 

Una cosa si poteva dire per certa, sui Giustizieri: non perdevano tempo. In 3 minuti secchi, Capitan Power e Warwear erano nell’area indicata dal mannaro. Questi stava aspettando con Midnight Sun al suo fianco. “La traccia continua nel garage di questo edificio,” disse Sabre.

Warwear si concesse un’occhiata verso il palazzo, e scosse la testa. “Grande, non solo siamo nel cuore di Wall Street, ma stiamo per fare irruzione nel palazzo dove ha sede la Spectocorp.” Guardò Sabre. “Lo sai, Fido? Vorrei tanto che ti fossi sbagliato. Perderemo metà dei soldi solo per ripagare i danni.”

Sabre sbuffò, e si trasformò completamente in lupo. Subito prese a seguire i resti della traccia, il naso alternativamente incollato al suolo e a saggiare l’aria.

Entrarono nel garage, sotto gli occhi strabuzzati di una guardia –non per l’aspetto di questi visitatori, visto che un vero Newyorchese poteva permettersi di dare del tu a Galactus...No, quello che sorprendeva e preoccupava la guardia era il non sapere che razza di crisi potesse spingere quella...gente in uno dei palazzi più rispettabili della città, e senza una ragione apparente. Per tale ragione, non appena quelli ebbero varcato l’ingresso, l’uomo uscì dalla guardiola, mano alla fondina. “ALT! Che cosa succede? Cosa ci fate qui? Chi...” Fu vistosamente ignorato. “Insomma, fermi! Questa è proprietà privata...Per favore?” E ora che faceva? Chiamava la polizia? E se interveniva qualche altro super e il garage veniva distrutto?

Zitto zitto, l’uomo se ne tornò nella guardiola. Forse quel pisolino non era una cattiva idea, dopotutto...

 

Giunsero fino all’ultimo livello sotterraneo. Qui, Sabre corse decisamente verso una parete, ed iniziò a grattare contro di essa.

Capitan Power guardò la parete. Agli occhi, poteva sembrare una solida parete di cemento rinforzato...Agli occhi normali.

L’eroe dovette solo concentrarsi, per vedere oltre l’illusione. “Un locale. Ci sono alcuni soldati Hydra. Sanno che siamo qua fuori.”

Warwear annuì. “E noi non li faremo aspettare. Sun? Prendili. Vivi, e coscienti.”

Midnight Sun attivò i dischi a tecnologia Kree, e scomparve nel subspazio.

Cap rese la parete trasparente, a beneficio degli altri. E si godettero lo spettacolo del compagno che compariva alle spalle dei soldati. Prima ancora che potessero solo premere il grilletto, lui era loro addosso. La sua forza e velocità erano state aumentate al punto da permettergli di combattere contro Silver Surfer. Praticamente, furono tutti stesi in meno di 1 minuto.

A quel punto, Capitan Power studiò i collegamenti elettrici e i circuiti nella parete, e trovata la giusta frequenza,

con un cenno aprì la parete, che scorse via come la porta di un ascensore.

Gli uomini Hydra giacevano a terra con fratture nei punti più dolorosi del corpo. Un terminal computer spento capeggiava su una scrivania. Inutile perdere tempo con quello –se l’Hydra aveva avuto la precauzione di svuotare l’ambiente, cancellare la memoria era il minimo che avrebbe fatto...

Warwear afferrò un agente per la collottola, godendo del rumore delle costole rotte che sfregavano fra loro e del gemito dell’agente. “Dunque, parliamo di un tale John Harold Howard. Sappiamo che era qui, e se ci menti ti ammazzo, poi passo ai tuoi amici, fino a quando almeno uno dirà la ver...”

La risposta fu uno sputo sull’elmo!

Warwear sospirò, posò il palmo sul cranio dell’uomo...e lo distrusse con un colpo di repulsore! Lasciò cadere il cadavere, e andò a prendere un altro agente. “Dunque, dov’ero rimasto? Ah, sì. Sabre?”

Il lupo tornò alla forma ibrida. Ringhiava, mostrando una tremenda chiostra di zanne.

Warwear disse all’agente, “Dunque, tu fai tanto di raschiarti la gola e finirai a fare da aperitivo per il mio amico peloso. Lui mastica piano, per gustare meglio. Dov’è John Harold Howard? Ti prego, prova a dire che non lo sai.”

Ora, gli agenti dell’Hydra potevano essere stati scelti, fra le altre cose, per l’incrollabile fanatismo alla loro causa. Potevano anche sputare in faccia alla morte...Ma una cosa era garantirsi una morte rapida, un’altra era la certezza –perché a questo punto il disgraziato sapeva benissimo che Warwear non stava mentendo!- di finire mangiato vivo!

Mai confessione fu più dettagliata! Ci fu persino lo spazio per un’altra domanda.

 

Nello spazio di dieci minuti, il tetto della Solomon Tower che ospitava la JI si aprì in due. Una fiammata, e il jet esclusivo della Società partì verso la sua destinazione...

 

“Il Grand Canyon?” fece Tigra. Le venne da soffiare. “Saranno terroristi, ma almeno hanno gusto in fatto di immobili.”

“Sarà un incubo,” disse Warwear. “Il Canyon è talmente esteso, che persino con il fattore sorpresa dalla nostra, potremo non fare in tempo a salvare il ragazzo. Avremmo dovuto tenerci almeno Sun.”

Fusione fece spallucce. “Gli altri ci raggiungeranno presto. La loro missione è una passeggiata.” [ha ragione? si sbaglia? Scopritelo su VILLAINS #10]

 

Colorado

 

277 Miglia di fiume, profondità media di 1 miglio, ampiezza media 15 miglia.

In due parole, il Grand Canyon. Un’immensa spaccatura nella crosta terrestre, un punto di riferimento per gli esseri umani che già 4.000 anni prima lasciarono dei loro manufatti in questo posto.

L’intero Canyon è parte dell’omonimo Parco Nazionale, e qui persino i più ostici industriali non hanno il diritto di contaminare questo monumento naturale.

Naturalmente, c’era sempre chi, disponendo dei mezzi giusti, fosse in grado di ignorare le leggi...

 

...Il problema era scovarli. E per quello, bastava un po’ di pazienza...

Fu così che, sopra le acque burrascose del fiume Colorado, due piccole sfere sfrecciavano lungo le pareti. Protetti dalla loro invisibilità, i droni esaminavano le pareti alla ricerca di un qualunque segno di struttura artificiale, o di un campo energetico che potesse fare pensare a una struttura nascosta nella roccia...

Improvvisamente, schizzarono in alto, dirette verso il jet dei Giustizieri, protetto dai suoi dispositivi-stealth.

 

Warwear raccolse le sfere nell’armatura, aspettò qualche secondo e disse, “Bingo. A poche miglia a sud c’è uno sfogo mimetizzato nella parete. Perciò, mi gioco lo stipendio che la baita,” ed indicò un punto sulla mappa elettronica, “è l’ingresso, o uno degli ingressi. Ecco cosa faremo...”

 

La baita era un semplice ‘posto di riposo’ per i turisti dediti al trekking. Uno entrava, trovava tutto pronto per riposare qualche giorno, e partendo lasciava tutto come l’aveva trovato. C’erano tutte le prese per eventuali cellulari e PC portatili, e un telefono fisso collegato alle guardie forestali. E basta. Neppure un frigorifero o una lavatrice, e il solo riscaldamento era costituito dal camino a legna.

Una mimetizzazione apparentemente perfetta...Se i suoi costruttori avessero considerato la possibilità che il nemico disponesse dei raggi X.

 

Warwear vide chiara come il sole la botola piombata incassata nel pavimento dello scantinato, e coperta da uno spesso pavimento di legno, legno probabilmente trattato per nascondere le tracce degli utenti anche a un cane addestrato.

“Signori, non ci sono vie di mezzo. O la va o la spacca. Geronimo!

La figura corazzata schizzò dal jet come un missile. Un colpo chirurgico, uno solo!

E così fu. Sfondò il tetto,

il pavimento del primo piano,

quello del piano terra, e attraversò l’ultimo ‘strato’ come un coltello nel burro!

 

“Esibizionista,” disse Fusione, atterrando subito dopo. E si gettò all’attacco, seguito dai suoi compagni.

 

Chiamarla sorpresa era poco. Il personale rimase esterrefatto di fronte all’eroe come un pagano di fronte all’Arcangelo Gabriele.

Fu sufficiente: Warwear attivò i droni, ed essi si unirono al loro padrone in un’esplosiva sinfonia di morte –minimissili, laser, plasma, proiettili...Tutto fece brodo, per ripulire quell’area nel più breve tempo possibile!

Arrivarono gli altri. “Signore,” mormorò Tigra, i suoi sensi assaliti dall’odore di bruciato, di cordite e di sangue. Va bene che quegli uomini erano terroristi, ma un simile massacro...

“Sveglia, donna,” disse Warwear, mentre si interfacciava con il sistema informatico. “Non distrarti, qui fra poco scoppia un...ah, trovato! Il ragazzo si trova 2 livelli in basso, il quinto corridoio sulla destra uscendo dall’ascensore. Quell’ascensore.” Ed indicò la cabina. “Atteniamoci al piano.”

Tigra e Sabre corsero verso la cabina. Anche se solo in due, potevano occuparsi del personale locale –secondo gli schemi dei turni inseriti nel sistema, non sussistendo una situazione di emergenza, i soldati presenti non erano più di cinque. Una passeggiata...fin quando lui e Fusione facevano il loro dovere di tenere i nativi occupati!

Infatti, un attimo dopo, porte scorrevoli si aprirono, e nella sala si riversarono decine di uomini armati fino ai denti e la morte in ogni loro gesto!

Parlare di battaglia, a quel punto, sarebbe stato ridicolo –era una bolgia, un’orgia di sangue combattuta fra la vita e la morte. La sala era talmente piena che non si poteva neppure cadere in piedi. I nuovi arrivi, semplicemente, calpestavano i camerati caduti senza pensarci su due volte. Erano fanatici, e solo la morte li avrebbe fermati.

Morte che Warwear dispensava con generosità.

Markley, per conto suo, non osava fermarsi a riflettere, o sarebbe impazzito –neppure nei suoi incubi più sinistri, avrebbe immaginato di vivere una situazione simile! L’unica fortuna, in quella follia, era costituita dalla malleabilità della folla. Non sarebbe sopravvissuto, se avesse tentato di influenzare così tante menti una ad una.

Invece, gli bastava dire una sola parola –“Cadete.”- e cinque o sei inciampavano nei loro passi, trascinando con sé altri camerati. Oppure, “Uccideteli,” e un eguale numero si voltava e sparava su altri soldati.

Ma non era solo questo. Fusione lanciò una specie di manubrio dorato verso i soldati. Senza dire una parola, li persuase a credere di essere Thor in persona, e che quello lanciato era il potente Mjolnir. Cedendo alla finzione, l’orda si falciò praticamente da sola!

Forse, anche da soli, i due eroi ce l’avrebbero fatta. Forse no. Il numero nemico non sembrava avere fine, e il sua morale non cedeva...

Fatto sta, che improvvisamente, le orde Hydra dovettero preoccuparsi di una nuova minaccia...alle loro spalle!

Dapprima furono i proiettili. Calibro pesante, mira precisa. Diversi soldati caddero al primo colpo.

“Non imparaste la lezione 50 anni fa, ed io sarò lieto di ricordarvi cosa successe, a Stalingrado,” disse in un inglese pesantemente appesantito da un accento russo un uomo, un individuo avanti con gli anni, i capelli brizzolati e un paio di baffoni ingrigiti. In compenso, il corpo sotto la tuta nera era quello di un uomo bene in forma e scattante. E il suo occhio era ancora buono, a giudicare dai risultati ottenuti con la sua Magnum.

Lo stesso tipo di arma che stava usando con successo il suo più giovane compagno, un caucasico biondo con una maglia rossa e jeans. “Arriva la cavalleria, gente. Lasciatecene un po’!”

Poi, arrivarono altri due individui in costume –un uomo e una donna. L’uomo indossava un costume interamente bianco dai garmenti d’oro, con un cappuccio che faceva del volto un’ombra nera dagli occhi gialli. Il mistico simbolo dell’Ankh capeggiava sul petto. Si muoveva con la stessa grazia di Sabre, imprendibile alle armi automatiche. Alternava i pugni e i calci ad alcuni, affilati mini-boomerang foggiati a mo’ di falci lunari.

La donna indossava un costume –o meglio le succinte porzioni di esso!- rosso sangue. I suoi capelli corvini erano tenuti insieme da una fascia alla testa. Non avrà avuto gli artigli come Tigra, ma i suoi Sai compensavano ampiamente, andando sempre a segno, sempre letali...

 

“Così, Howard ha deciso di giocare sporco. Con me.”

A parlare, in un inglese appena venato di un accento tedesco, era stato l’Hydra Supremo in persona, il Barone Wolfgang Von Strucker.

Seguiva la battaglia in corso su un monitor, al sicuro nella sua base segreta, ben lontano da quello scenario.

“Un’intera legione di super-eroi contro l’Hydra. Devo ammirarlo, sa pianificare bene la sua reazione, quel porco plutocrate...Per quello che gli servirà.” La sua mano guantata di giallo sfiorò un pulsante sul bracciolo della poltrona. I soldati si potevano rimpiazzare, sopratutto in quest’oscura era di crisi di fiducia verso i Governi...Ma l’UIMT e due basi...No, Howard doveva pagare con gli interessi!

Strucker premette il pulsante

 

Le file dell’Hydra si stavano esaurendo in fretta, quando un’esplosione attirò l’attenzione degli eroi.

“NO!” urlò Warwear. La cabina! I cavi erano distrutti! Era convinto di avere disattivato tutti i dispositivi di autodistruzione –maledetta fretta, uno gli era sfuggito! I soldati si attaccavano a lui come sanguisughe, non poteva fare in tempo a...

Stranamente, anziché il clangore del metallo accartocciato, un suono come di freni a tutta manetta venne dal condotto dell’ascensore...E la cabina tornò alla sua posizione!!

Un paio di mani artigliate, coperte di rossa pelliccia, si insinuarono fra le porte della cabina,

e Sabre le spalancò come fossero stata carta! “Capolinea, si scende!” Ed emersero nell’ordine lui, Tigra, la Vedova Nera e il mercenario Paladin [dritti dritti da MARVEL KNIGHTS #15]. In mezzo a loro, protetto come il Presidente degli USA, stava John Harold Howard.

A quel punto, fu come avere abbattuto un maglio sul morale dei soldati Hydra. I pochi sopravvissuti gettarono le armi. Non levarono neppure le mani in segno di resa, ma strinsero le mascelle. Si udì una specie di schiocco, ed essi crollarono a terra, morti. Avvelenati.

Un carnaio salutò il ritorno alla libertà di Howard Jr. Il ragazzino era pallido come un cencio, di fronte alla prima dimostrazione della propria importanza. Per lui, era stato fatto tutto questo!

La Vedova Nera strinse il giovane a sé. Aveva solo 13 anni, non poteva vivere in prima persona questa follia...

 

I veicoli SHIELD, dell’FBSA e della CIA stavano giungendo numerosi. Presto, quel posto sarebbe diventato un circo per i media...Ma erano situazioni lontani dai pensieri degli eroi assembrati nella foresta al limitare del teatro degli scontri.

“Il ragazzo dorme,” disse Simon Stroud, uscendo dal velivolo di Moon Knight. “E’ giovane, e con un po’ di fortuna il tempo guarirà qualcuna delle ferite di oggi.”

Meno ottimista era l’amico della Vedova, il Russo Ivan Ivanovich Petrovich. “Credimi, compagno. Ci sono cose che non si dimenticano...Oggi, il ragazzo ha ricevuto il suo battesimo, nel bene e nel male. Toccherà a suo padre, assicurargli un po’ di tranquillità.”

 

Come aveva ragione! Considerò Fusione. Per la prima volta, il mutante si chiese se avesse fatto davvero bene, ad unirsi alla Justice, Inc...

 

Moon Knight si rivolse a Sabre. “Così, non ricordi neppure i nostri due incontri? Non so se Konshu potrà aiutarti, amico mio, ma se vorrai visitarmi per un tentativo, almeno ne varrà la pena.”

Sabre fece spallucce. “Ti ringrazio...ma per ora, credo che mi vada bene così.” Guardò verso Tigra, appoggiata con la schiena ad un albero –aveva chiesto di essere lasciata in pace, e lui non l’avrebbe contraddetta. “Non capita a tutti di potersi rifare una vita, e da quello che mi hai detto, la mia precedente deve essere stata un vero casino...Terrò comunque il tuo nome dell’agenda, OK?”

Si strinsero la mano.

 

Warwear disse, “Non proprio tempestivo, ma grazie di cuore. Non fosse stato per te...”

Midnight Sun avrebbe potuto essere una statua, per la reazione che diede. Per quanto lo riguardava, la sua mente era già focalizzata sulla prossima missione...

 

Il rituale dei saluti aveva preso poco tempo –quella non era stata una riunione fra camerati, ma un episodio da dimenticare in fretta. Anche la bella e letale Elektra era rimasta in disparte. Il suo lavoro era uccidere, e non era una cosa su cui scambiare quattro chiacchiere ed un sorriso...

I veicoli decollarono in una giornata magnifica. Il mondo andava avanti.

 

Episodio 5 - Questioni di etica (I Parte)

 

Uffici della Justice, Inc. Solomon Towers, New York City.

 

Tre missioni. Tre successi. Pieno compenso. Nessuna perdita. E se anche due di tali missioni non potevano essere rese pubbliche, i clienti –Alexander Thran, Presidente della Talon Corporation e padre/padrone dello Zilnawa, e Harold Howard, Presidente della Howard Conglomerate- erano due garanzie solide come tutti i tesori del mondo.

Insomma, la J.I. era partita alla grande, ed era giunto il momento di presentare la sua punta di diamante al pubblico.

Ma non era certo soddisfazione, quella che dipingeva il volto di uno dei fondatori. Di Angela Cleaver, per la precisione.

La donna afroamericana tolse gli occhi dallo schermo del videoterminale che mostrava il rapporto, e uno ad uno fissò i presenti, cioè gli altri fondatori e membri del CdA. “Signori, ammettiamolo: i Giustizieri sono stati maledettamente fortunati, fino ad ora. Fortunati perché il nemico non li aveva combattuti prima d’ora. E non è un fattore su cui potere contare in eterno.

“Posso ancora comprendere le piccole manchevolezze nella missione in Slorenia [Epp. #2-3]...Ma la patetica gestione nel recupero dell’UIMT [VILLAINS #10] e la quasi sconfitta nella base Hydra in Colorado [Ep. #4], sconfitta evitata grazie alla ‘concorrenza’ mi preoccupano non poco. Letitia, c’è spazio per l’ottimismo?”

Letitia Frost era, apparentemente, la meno indicata per una simile domanda. Poteva ancora essere classificata come ‘giovanile’, ma il suo volto era per metà coperto da una maschera metallica. E la sua sedia non era che una versione più sofisticata della poltrona di Charles Xavier.

Invece della donna, fu un altro, a rispondere, un uomo sui trentacinque anni, capelli castani, un paio di occhi verdi intensi, abbigliamento casual in contrasto con il severo stile dei suoi ‘colleghi’.

“Angela, il software Seldon non poteva darci scelte migliori, per quanto concerne i Giustizieri e la pianificazione delle missioni. Un elemento di rischio è semplicemente inevitabile.” Garolfo Riccardo degli Abruzzi, ingegnere informatico, parlava senza staccare gli occhi dallo schermo, che mostrava una serie di diagrammi e cascate di dati. “Tieni presente che comunque il gruppo sta rapidamente guadagnando in coesione. Il loro livello di risposta è salito, e Warwear, per quanto i suoi metodi possano a volte essere...discutibili, resta un tattico sul campo a cui gli altri danno retta. E un’altra cosa: potranno essere ancora relativamente inesperti come formazione, ma sanno concentrarsi sull’obiettivo prefissato.”

“Non avrei potuto metterla meglio io stessa,” disse Letitia, redarguendo Angela con un sorriso come quello di una madre di fronte a una figlia testarda. Levò un dito ammonitore. “Fai loro un favore, Angela: regala loro un giorno o due di pausa. Niente allenamenti, niente altre preoccupazioni che quelle riguardanti la loro vita privata. Lascia che si conoscano un po’, hm?”

Quasi si poteva udire il suono del portafoglio spezzato del loro tesoriere e addetto alle PR, Dollar Bill. Dietro i suoi rayban, l’uomo dalla barba rossa disse, “Perché prima non li presentiamo e poi li facciamo socializzare? Insomma, perderemo tutto l’effetto col pubblico se*gulp!*” gli si troncarono le parole in bocca, sotto lo sguardo feroce della Frost.

“Temo di dovere essere d’accordo con gli altri, Bill,” ammise Angela. “Dovremo ripiegare su un documentario, piuttosto che andare in conferenza stampa...Immagino che la cosa non ti peserà molto, vero? Presenteremo la J.I. in TV e ci affideremo alla Howard Conglomerate per ottenere una diffusione capillare.”

Alla parola ‘documentario’, Bill ebbe come un fremito –doveva ammetterlo, l’idea di presentare i Difensori al pubblico in quel modo aveva causato non pochi casini, a suo tempo...Ma era anche vero, che se ora Howard avesse accettato di partecipare alla produzione e diffusione...

“C’è un’altra cosa da tenere in considerazione,” fece Letitia. “Non potremo comunque presentare la nostra ‘eroica’ formazione dal vivo adesso, non dopo il nuovo attacco Hydra a New York [CAPITAN AMERICA #7] durante il quale era apparentemente impegnata a girarsi i pollici. Dovrai fare i salti mortali, Bill.”

Dollar Bill annuì. “Mi sacrificherò per la patria...Ma se piovessero le denunce, io scappo a Cuba, chiaro?”

 

Clinton (già Hell’s Kitchen), NYC

 

“Un penny per i tuoi pensieri, marinaio.”

Robert Markley levò finalmente lo sguardo dal bicchiere di birra, per incontrare quello di una donna dai corti e folti capelli castani, il cui volto sembrava essere permanentemente atteggiato ad un’espressione sfottoria da mocciosa. “Non sono pensieri buoni da comprare, Jan,” disse lui.

Janice Olivia Yanizesky tracciò qualche cerchio nella superficie unta del tavolo. Tutt’intorno a loro, gli astanti si limitavano a chiacchierare e a bere, creando un rilassante suono di sottofondo.

“Ti credo, stai tranquillo. Un posticino del genere non ispira certo alta poesia.”

L’uomo –il mutante che nella JI rispondeva al nome di Fusione- riuscì a sorridere, seppure per un momento. “Fosse come dici, Jan...No, è che ho paura.”

Lei sgranò gli occhi. “Paura? Tu?” abbassò la voce, e si piegò tutta in avanti. “Hai affrontato un’orda di soldati Hydra armati fino ai denti, e stai tirando su un figlio da solo. Cosa potrebbe farti paura?”

In risposta, Markley si alzò, seguito dalla donna. Lasciò sul tavolo un biglietto da dieci Dollari, e si avviò all’uscita.

 

Il quartiere poteva essere un’oasi pulsante di vita e di disperazione fermata nel tempo. Persino la riforma urbanistica del dopoguerra non era riuscita ad intaccare lo stile dei solidi palazzi.

“La cosa buffa,” continuò Robert, lo sguardo fisso sui mulinelli di cartacce sul marciapiede, “è che non ci avevo dato neppure peso, finora...Cavolo, nelle strade di questo quartiere ho visto ragazzi dell’età di Sean farsi uccidere a coltellate per un grammo di roba! Ma non avevo mai...partecipato ad un massacro. Ero gasato, non pensavo a nient’altro che ad abbattere il prossimo nemico...E quando era finita, zap!, ero diventato complice in pluriomicidio ed omicida io stesso. E non mi sento bene.

“Cosa insegnerò a mio figlio, Janice? Va bene, adesso ha un’educazione garantita dalla J.I, ma come potrò guardarlo in faccia e dirgli cosa è giusto e cosa no?”

Passarono vicini a una panchina. Janice gli fece cenno con la testa di seguirlo, e si sedettero. Con un tono tutt’altro che compassionevole, lei disse, “Non puoi, uomo. Nessuno può insegnare cosa sia Giusto e cosa sia Sbagliato. Quelle sono cose che sa solo Dio, e per me Lui non è stato neppure molto giusto, nel permettere che ogni forma di vita in Slorenia venisse massacrata da Ultron.

“D’accordo, tu e Warwear avete fatto un macello, in Colorado. E allora? Erano terroristi, Robert. Di una schiatta persino peggiore di quelli che hanno buttato giù il WTC. Non avrebbero esitato ad uccidere un ragazzino innocente, per garantirsi il possesso dell’UIMT. Vuoi incidere una lapide per loro? Fai pure, ma neppure i loro parenti ti saranno riconoscenti.” Gli posò una mano sulla spalla, la voce addolcita. “Dovrei essere io, a pormi i problemi, pazzo d’un mutie. Sono diventata Joystick per soldi, e ho cercato volontariamente di uccidere altre persone per soldi nel Grande Gioco. E come se non fosse bastato, mi sono successivamente unita ai Signori del Male in un ricatto al mondo intero...E lo sai perché? Perché volevo che tutto il mondo libero e felice soffrisse quello che la mia Slorenia aveva sofferto. Grazie anche a me, chissà quanti sono morti...Ed eccomi qui, libera sulla parola, a giocare alla supereroina.”

Robert ridacchiò. “Gesù. Devo sembrarti davvero un frignone, eh?”

“Neanche per idea. Ti invidio, almeno non è per te, che ti preoccupi, ma per tuo figlio. E poi, non è che ci manderanno a rapinar banche, giusto? Diavolo, Sean ti metterà su un piedistallo alto fino al cielo, appena vedrà la tua foto sul giornale unita a un bell’editoriale sul come hai contribuito a salvare il mondo.”

Lui annuì. “Sai, non immaginavo che una pazza criminale come te sapesse arrivare dritta al cuore così. Forse dovrei intraprendere la carriera, per ampliare i miei orizzonti. Che dici?” Scansò con una risata la gomitata di risposta mirata alla faccia.

Un grido attirò la loro attenzione. Il grido di un ragazzo!

Veniva da una delle finestre dell’edificio sotto il quale stavano sedendo. I due eroi si guardarono in faccia, pensando la stessa cosa -quanto forte doveva avere gridato, il poveretto, per farsi udire sopra il traffico, fin dal quarto piano?!

Un secondo grido, questa volta di una donna, tolse loro ogni esitazione. Entrarono in azione senza pensarci su 2 volte. Gli abiti di Joystick e Fusione rientrarono all’interno delle parti metalliche del loro costume-esoscheletro, mentre lei già spiccava un salto degno dell’Uomo Ragno verso la finestra. Il salto la portò all’altezza del secondo piano. Qui, afferrò la ringhiera della scala di emergenza, e usò il momento per spingersi più in alto. Fusione adottò l’approccio diretto, grazie al jet-pack sulla schiena.

Arrivarono giusto in tempo per assistere ad una scena che si spiegava da sola: la finestra dava sulla camera da letto, e sul letto stava rannicchiata, in posizione fetale, una donna –uno scheletro d’individuo dai capelli biondo sporco, lunghi e ridotti in ciocche disordinate. Gli avambracci erano segnate da vistosi lividi. Gocce di sangue raggrumato macchiavano il materasso, così come la sottoveste lunga fino alle ginocchia. La poveretta balbettava incoerentemente.

Il suo aguzzino era un uomo con appena un accenno di pancetta, i capelli neri aggrediti da un inizio di calvizie, braccia e torace da scaricatore evidenziati da una aderente camicia a quadretti con le maniche arrotolate...e nella mano destra, una cintura.

Puttana!” stava ringhiando l’uomo. “Schifosa puttana! Sapevo di non potermi fidare di te! Quei soldi servivano per l’affitto, schifosa!” Un bambino con gli stessi capelli e volto dell’uomo, una creaturina a sua volta emaciata, vestita di un’anonima t-shirt bianca e blue jeans, che non poteva avere più di dieci anni, stava rannicchiata ai piedi del padre, serrandogli le caviglie. Singhiozzava incontrollabilmente.

L’uomo levò nuovamente il braccio armato verso la donna. Non lo avrebbe più calato, perché un bastone di energia coerente colpì in pieno il polso, slogandolo!

L’uomo urlò. “Checcazz...Ehi!!” Non aveva fatto in tempo a voltarsi, che si ritrovò afferrato per il bavero da Joystick e spinto come una bambola contro il muro.

“Allora, cocchino,” fece la donna, senza mollarlo, fissandolo con furia omicida. “Com’è, quando una sorella reagisce, eh? Ti senti ancora macho, ora?” Lui era troppo sorpreso, per rispondere. La fissava come se a sbagliarsi fosse lei...

“Lascialo stare!” era il bambino. Si era animato di nuova energia, e stava ora sferrando pugni a casaccio alle gambe di lei. “Papà è buono! Lascialo!

“Uh, ‘Stick..?” era Fusione, e suonava perplesso.

 

Fusione stava controllando lo stato di salute della donna. La poveretta era rimasta lì, mezza morta e ancora rannicchiata in mezzo al letto... Allungò una mano, ma esitante a toccarla –lo sa Dio cosa doveva avere passato per mano di quell’uomo... “Signora? Va tutto bene. Mi sente..?”

Poi notò che quei lividi non erano affatto dovuti a percosse! “Uh, ‘Stick..?”

La donna si animò improvvisamente. Prima scattò la testa, dagli occhi arrossati e le pupille grandi come piattini da caffè. Emise un sibilo tremendo dalla bocca impastata di bava.

Fusione ebbe appena il tempo di irrigidirsi dalla sorpresa, prima che la donna gli saltasse addosso con tutta la furia assassina di una bestia rabbiosa! La forza della donna era a dir poco sorprendente: sbatté facilmente l’uomo a terra, senza mollare la sua presa di ferro contro la gola. La donna non parlava, ma sbavava e ringhiava.

Unnh! Dio, se il costume non fosse corazzato, adesso sarei ferito gravemente! E non poteva neppure usare la forza, non con una che in quello stato era al di là del dolore. La sua mente conscia deve essere in pappa; non mi piace, ma c’è una sola cosa da fare!

La mente del mutante impose la propria volontà su quella incoerente della donna. Nel suo stato, la poveretta era facile preda: fu indotta a credere di essere stata avvolta dalle fiamme. Urlò di terrore, e si rotolò a terra.

“Monica..?” fece l’uomo, inginocchiandosi accanto a lei, fortunatamente ignaro della natura delle convulsioni di lei. Si inginocchiò accanto a lei, proprio nel momento in cui lei sveniva per il dolore-fantasma.

“Si può sapere cosa sta succedendo, mister?” fece Fusione, alzandosi in piedi. “Che cosa stava prendendo, per essere ridotta in quello stato?”

L’uomo scosse la testa tristemente. Lacrime gli rigavano il volto. “Una roba nuova, che ha cominciato a circolare da poco: il Paradiso Bianco. Costa una follia, ma...avete visto cosa fa. Avevo dato i soldi per l’affitto a Jim, e lei deve averlo costretto a darglieli.”

Joystick guardò verso il bambino, il cui occhio destro era coperto da una brutta ecchimosi. “Gesù..”

“Faccio il camionista, sono sempre assente...Non posso portare Jim con me, come faccio?”

“Potresti cominciare facendo ricoverare questa poveraccia a farsi disintossicare,” sbottò Joystick con una smorfia. “E se anche costa, non sarà mai peggio di vedere tuo figlio trascinato nel tunnel, non credi? Puoi anche mollarla: dubito che un giudice ti negherebbe l’affidamento!”

“Potresti cominciare,” disse invece Fusione, la sua voce controllata come quella di un vulcano prima dell’esplosione, “col dirci da chi diavolo tua moglie ha preso ‘sta roba. Poi, forse, non ti farò a pezzi per avere permesso che questa ignobile farsa andasse avanti fino ad ora...Perché lo vedrebbe anche un cieco, che questa donna non è alla sua prima esperienza.”

 

Mezz’ora e alcune telefonate dopo...

 

“Se ti sento ancora frignare sulle tue capacità di padre, ti uccido,” bisbigliò Joystick. Fusione si guardò bene dal rispondere.

Si trovavano entrambi nel ristorante in cui avevano iniziato la giornata. Il mutante era venuto lì per rinfrescarsi un po’ la memoria, per ricordarsi del perché si era unito alla J.I.

Voleva lasciare quel posto maledetto! Voleva dimenticare una vita di stenti e di piccole trovate per arrivare a fatica alla fine del mese.

E ora, invece, avrebbe dato l’anima per ripulire il suo quartiere almeno da quella merda di Paradiso Bianco.

Angela stava dando delucidazioni attraverso un set composto di ricetrasmittenti subcutanee e bio-visori retinali. “...si tratta di un composto studiato per potenziare al massimo le prestazioni fisiche e mentali umane. Roba molto sofisticata, signori: per circa 60 minuti, il soggetto diventa un Capitan America, capace di pensare ed agire al top della propria forma.

“La mente viene ‘bruciata’ per prima, il down è totale, e lascia il soggetto incapace di andare oltre la risposta meramente istintiva, cieca. Il down del corpo segue a breve; dato l’enorme sforzo metabolico, a meno che il soggetto non sia davvero un super-essere, il collasso renale e l’infarto lo uccidono senza scampo. Il nome ‘Paradiso Bianco’ sta venendo rimpiazzato con quello di D-K. ‘Dinosaur-Killer’, come l’asteroide. Seldon stima che il consumatore tipico sia il tossicodipendente all’ultimo stadio, o, al polo opposto, una persona perfettamente sana ma vittima di depressione profonda.

“Questo fattore, fortunatamente, restringe alquanto il campo di ricerche. Un altro ‘aiuto’ viene dalla composizione stessa della sostanza: ci vogliono laboratori molto sofisticati, per produrla. Seldon sta elaborando una lista di soluzioni. Nel frattempo, dovrete avviare le ricerche con mezzi più...convenzionali.” Il breve sorriso della donna divenne un’espressione più dura. “Ho dovuto proporre un contratto pressoché gratuito al Sindaco Bloomberg, quale ‘prestazione dimostrativa’. Se riuscirete, e senza buttare giù interi palazzi, ci potrebbero scappare dei contratti di sicurezza urbana.

“Signori, detta francamente, il mondo è pieno di merda, e tanta che ad elencarvela faremmo capodanno. Ho fondato una compagnia di mercenari della giustizia proprio per poterci assumere un numero e tipo di responsabilità a nostra misura. Se cominciate a farvela con tutti i ‘cattivi’ che incontrate, finirete a dovere dipendere da qualche fondazione o peggio dal Governo, come i Vendicatori. E per giunta senza vedere la fine del tunnel, visto che ci sono abbastanza super a NY da conquistare il mondo e ancora la merda locale gira sulle sue gambe.

“Saremo già abbastanza impegnati con la missione autofinanziata in Eritrea, quindi vedete di fare presto e bene lì al Kitchen...Oh, e un’altra iniziativa non autorizzata del genere, e vi licenzio. Chiudo.”

“Strega del &$£*!” fece Fusione. Ma una cosa l’aveva azzeccata: il tunnel era lungo e non se ne vedeva ancora la fine. Angela aveva anche citato un rapporto della polizia, in cui l’Uomo Ragno e la Torcia Umana avevano distrutto l’intera produzione di D-K [LA TELA DEL RAGNO #3]...Ma lui stesso sapeva quanto bene una simile erbaccia mettesse radici, una volta diffusa. C’era da farci soldi, e l’Uomo era uno specialista nel fare prolificare le fonti monetarie...sopratutto quelle tossiche!

Un flash attirò la sua attenzione –da non crederci! Un paio di giovani turisti giapponesi stavano fotografando lui e Joystick! “Giorno fortunato!” disse uno dei due, un ragazzo, tutto contento, in un Inglese da scuola di lingue. “Due super-eroi in un colpo solo! Come vi chiamate? Siete dei Vendicatori o dei Fantastici Quattro?”

“Amico, quelli sono dilettanti,” fece Joystick, mettendosi bene in posa. “Questo è il mio profilo migliore, dateci dentro.”

“Dopo ci fate autografo?” fece l’altro, una ragazza. “Sapete dove possiamo trovare Villa Stark?”

In quel momento, un taxi si fermò davanti al locale. Ne emersero una donna in un succintissimo bikini blu e guanti, stivali e cintura dorati con fibbie a testa di gatto. Il suo corpo era coperto da una leggera pelliccia arancione tigrata, e possedeva nel volto quei tratti felini che ancora più le facevano meritare il nome di Tigra.

Dall’altra parte del taxi, scese quello che indubbiamente era un lupo mannaro, vestito solo della propria pelliccia bruno-rossiccia e di un sorriso tanto bianco da illuminare una stanza.

I turisti giapponesi andarono in brodo di giuggiole! I flash scattarono come mitragliatrici, e ci fu un fitto scambio di commenti in giapponese stretto.

“Questa città è abitata da pazzi,” fece Sabre, scuotendo le orecchie e la coda, rivolgendosi agli altri due compagni. “Figuratevi, il taxista ci ha dato l’indirizzo di una toeletta per animali, e a me ha chiesto la medaglietta!”

“Non voglio sapere come l’hai convinto a tenerti a bordo,” fece Joystick, avendo colto un lampo malizioso negli occhi di Tigra. “Piuttosto, come mai ci avete messo tanto?”

Tigra si appoggiò languidamente alla spalla di Sabre. “Domani apri il Bugle sulla cronaca spicciola. Troverai qualcosa su certe cosette accadute in Central Park...”

Janice sospirò, coprendosi la faccia con una mano. Fusione disse, “Almeno, qualcuno se la gode, la vita...Sabre, sei riposato abbastanza?”

“Quando vuoi, capo. Hai la roba?”

Da una scatola che giaceva sul tavolo, l’eroe prese un quadrato di stoffa. Un pezzo dell’abito di Monica. Lo porse a Sabre.

Il mannaro diede un paio di fiutate. Per i suoi sensi, il concetto di ‘fetore’ e ‘profumo’ erano poco meno che concetti arbitrari puramente umani. Per lui, gli odori erano una parte del mondo come i colori. Al massimo, poteva fare distinzioni per le intensità degli aromi, come un uomo distingueva il bianco dal nero quali opposti dello spettro...

Eppure, nel percepire le sostanze artificiali essudate dalla tossicodipendente, ebbe come un capogiro –per Gaia, come poteva qualcuno mettersi in corpo quei veleni!? Sabre tossì e starnutì un paio di volte, per poi tornare a concentrarsi su una sostanza in particolare. Questo scherzo, Fusione glielo avrebbe pagato caro...Ha! Eccola! Come una singola spezia, stranamente delicata, rintracciabile solo perché legata a una vera e propria esplosione...ormonale...

Occavolo.

“Meno male che non abbiamo pensato di farti nasare lei,” disse Joystick, fischiando. “Sai, esistono delle cose utili chiamate molecole instabili...”

Subito Sabre divenne pienamente lupo, ringhiando il proprio imbarazzo. Si mise seduto, a coda prudentemente fra le gambe, e si concentrò. Come aveva fatto per rintracciare il giovane figlio di Howard [ep. Precedente], impiegò un buon dieci minuti per filtrare l’odore della donna e della droga fra tutti quelli ambientali.

Nessuno degli eroi osava parlare, adesso, ma quasi trattenevano il respiro...E finalmente, Sabre scattò in avanti, il naso a tratti inchiodato alla pavimentazione o puntato in aria –nessun dubbio, quel sistema era infinitamente più prezioso che mettersi a menare cazzotti a casaccio a tutti i disgraziati del quartiere!

 

Un sistema efficace, sì, ma viziato dal fatto che più volte Sabre dovette fare correre i suoi compagni in cerchio sulle piste che andavano dall’abitazione di Monica a qualche negozio...Era come in quei labirintoni delle riviste di enigmistica!

Di fatto, si fece sera quando, finalmente, una specifica traccia era stata isolata. La donna, con il suo carico di veleni, si era diretta verso...

“Un lampione?” Fece Tigra.

Sabre uggiolò, e si sdraiò a terra, una zampa sulla testa.

Fusione sospirò. “Immagino che fosse troppo, sperare in qualche magazzino o appartamento. Obbe’, ci abbiamo provato. Non è colpa tua, pelosone.” E gli diede istintivamente una grattata sulla schiena.

“D’accordo, piano B,” disse Tigra, avvicinandosi al lampione. Il povero mannaro era ormai distrutto, ma lei no. “Passami un po’ quella stoffa, Fuso.”

Odiava solo l’idea di provarci, ma non sarebbe stata molto utile al gruppo, se non si fosse impegnata al massimo...

Strinse i denti. O la va...

Sotto la maschera, Fusione sgranò gli occhi, esattamente come fece Joystick, che quasi perse la mascella. Sabre drizzò le orecchie, e piegò la testa di lato.

Al posto di Tigra c’era ora...una tigre –o, almeno, un enorme felino tigrato, ma sinuoso, i muscoli ben delineati, e una folta criniera bluastra.

Nella sua nuova forma, Tigra ringhiò, ed annusò prima la stoffa e poi il lampione. Poteva non avere il senso olfattorio di un lupo, ma di sicuro se la cavava nel suo piccolo...Senza contare che, ai suoi occhi specializzati nell’area dell’infrarosso, persino il calore corporeo lasciato da un individuo diventava visibile come una surreale moviola!

Tigra studiò quel mondo di fantasmi...e ne vide uno, quello con l’odore del D-K, che andava verso un palazzo proprio lì vicino. Le si drizzò il pelo, e si scaraventò verso l’obiettivo.

“NO!” fece Fusione. Loro avevano avuto un diritto alle investigazioni, non alle irruzioni! Dovevano segnalare i loro movimenti e scoperte alla polizia, non buttare giù tut...

Troppo tardi! La porta poteva essere blindata, ma i cardini no, e fu strappata via dal muro!

I tre Giustizieri la seguirono a ruota –il danno era fatto, e ora dovevano ballare.

 

Episodio 6 - Questioni di etica (II Parte)

 

Le Solomon Towers, New York City

 

L’uomo, a prima ed anche a seconda vista, era un barbone, uno dei tanti vermi nella Grande Mela, i parassiti indesiderati ed invisibili, con un passato e senza un futuro. Magro come un chiodo, almeno trentacinque inverni sul groppone, puzzava di alcool a buon mercato e di sigarette. Il suo aspetto, in compenso, era decente quanto bastava per non essere arrestato per vagabondaggio: un giubbotto di pelle rossa sopra una camicia bianca con il colletto sfilacciato, blue jeans con toppe alle ginocchia, zainetto (molto) usato, capelli neri corti e baffi curati, il tutto per grazia dell’Esercito della Salvezza. Amen.

L’uomo arrivò all’ingresso dell’edificio. Fece scorrere lo sguardo sulle targhe attaccate al muro –ma davvero c’erano così tanti uffici in un posto solo? E lui che credeva che l’assistenza sociale fosse piena di piani… Ah, eccola: Justice Incorporated. Uffici al penultimo piano.

L’uomo si avviò alle porte…e ci sbatté il naso contro. Imprecando qualcosa in un misto di inglese e polacco, digitò il pulsante del citofono. Gli rispose una voce femminile che gli accese parecchie fantasie: “Uffici della Justice Incorporated, posso aiutarla?”

Lui si grattò la testa. “Uh, sì. Forse. Um, cerco lavoro, gente. Ho con me della roba che potrebbe interessarvi, e…”

“L’ascensore numero 4, prego. Ricordi che i sistemi di sicurezza sono pienamente operativi, grazie.”

“Prego.”

 

L’ascensore era roba da ricchi: tanto per cominciare, una cabina enorme. E poi moquette sul pavimento, tappezzeria e lampadari fin-de-siecle alle pareti. Tre file di panche imbottite con schienale. Profumatore per ambienti e la temperatura ideale. Ci mancava solo l’autista con i cioccolatini!

L’uomo aveva quasi paura a sedersi per timore di sporcare. Le porte si chiusero. Un movimento leggerissimo annunciò la partenza dell’ascensore. L’uomo sbuffò: magnifico, anche un ‘lento’ gli era capitato…obbe’… Si mise seduto, vicino ad un pannello di cristallo pieno di indicatori –stazioni radio? Uhm, bella scelta.

Stava già per aprire una stazione, quando le porte si aprirono. Già qui??

Una fila di luci si accese lungo il pavimento. La strada da seguire, immagino. L’uomo uscì dalla cabina, e seguì il sentiero, continuando a lanciare occhiate circospette. Stava già cominciando a sentirsi a disagio; e se si fosse limitato a vendere la sua roba a qualche capobanda, invece di rimettersi in gioco..?

Ma continuò a camminare. Aveva bisogno di far soldi, ma anche di uno stipendio fisso e bello grosso. Si conosceva abbastanza bene da essere sicuro che se si fosse separato dalla sua roba, si sarebbe speso i soldi in bacco, tabacco & Venere.

Giunse alla porta in fondo al corridoio. La porta si aprì –quasi quasi si aspettava che scricchiolasse come il cancelletto degli Addams.

La porta dava su una sala riunioni attrezzata di lusso. Al tavolo centrale, sedevano solo quattro persone –un uomo con una barba ed occhiali neri che gli ricordava un vecchio hippie. Un tizio dall’età indefinibile, con un’espressione rapace negli occhi, qualcosa di ferale che all’ospite metteva i brividi. Una donna con mezzo volto coperto da una qualche maschera metallica e seduta su una specie di poltrona…

E, a capotavola, una donna. Una nera bella come una cacciatrice, con un doppiopetto che non la sminuiva per niente, ed un sorriso di cui diffidare. Con una voce di chi è abituato a comandare, chiese, “Il signor Edward Velikosvki?”

Lui non si chiese neppure come facesse a sapere il suo nome. “Uh, anche Eddie…per gli amici, sa…” Ecco, una bella figura da imbranato per iniziare! Proprio quello che ci voleva!

La donna annuì. Ora gli ricordava una pantera in agguato. “Ma credo che anche Blank andrà bene, vero?”

 

Se anche avessero saputo di quella riunione che avrebbe pesato non poco sul loro futuro, quattro Giustizieri erano impegnati a pensare a ben altro.

Per la precisione, a una droga. L’ultimo nato del mercato della morte sociale si chiamava D-K, ‘Dinosaur-Killer’. L’ammazzadinosauri, come l’asteroide che pose una violenta fine al Cretaceo.

Mai nome fu più tristemente azzeccato: il D-K ti trasformava in una stella per qualche ora, il più potente degli esseri umani...prima di estinguere la mente, le forze, e la sua stessa vita. Da una parte, era un vantaggio, se così si poteva dire: la fascia di clienti era alquanto ridotta, comprendendo ‘solo’ aspiranti suicidi, disperati, depressi o tossici all’ultimo stadio. Uccidere un cliente al suo primo approccio al mondo del paradiso artificiale era cattivo marketing.

Dall’altra, rintracciare i clienti del D-K era un casino: un morto non parlava, e solo uno spacciatore professionista e molto attento poteva fare circolare la merce. Due categorie alquanto elusive.

La Justice, Inc. si era offerta di salvare la giornata alle forze di polizia: avrebbero giocato a fare i detective e lasciato la gloria agli uomini in blu. E quella era la parte facile: da soli, una insolita Tigra in versione quadrupede e il mannaro Jack Russell, in arte Sabre, erano riusciti a rintracciare un possibile spacciatore fino alla sua tana.

Avendo un contratto con la Polizia di NY, i Giustizieri non potevano fare azioni di polizia, non senza permesso: e questa era la parte difficile.

Perché, un momento fa, nel quartiere di Clinton, già Hell’s Kitchen, un’irruzione era stata fatta[vi].

Ora, c’era solo da sperare di risolvere la questione senza altri casini...

 

...Cosa difficile, quando si inseguiva un felino lanciato a tutta birra lungo una serie di rampe che ti costringevano a muoverti in fila indiana.

Sabre, nella sua familiare forma ibrida, era il solo che riuscisse a stare dietro a Tigra a un passo decente. Dietro di lui, veniva Joystick. L’armatura della donna le avrebbe permesso di coprire la distanza fra lei e Tigra con un salto...ma quel pavimento era già cedevole a sufficienza per una semplice corsa. Figurarsi che buco che avrebbe scavato, atterrandoci.

Chiudeva il ‘corteo’ Fusione. Avrebbe voluto usare un’illusione per fermare la strana bestia, ma per qualche ragione, la mente di lei era come ‘fuori sintonia’ –ogni qualvolta che credeva di averla ‘agganciata’, la presa gli sfuggiva come mercurio fra le dita mentali!

La caccia finì quando Tigra arrivò all’ultimo piano. Si fermò, ringhiando, il pelo della schiena dritto, intenta a fissare il corridoio davanti a lei. Sabre fu subito al suo fianco. Accarezzandole la schiena per calmarla, annusò l’aria. “Lo spacciatore è qui. L’ultima porta sulla destra.”

“Ne sei assolutamente certo?” fece Fusione, desiderando niente di più che mettere le sue mani sul collo dei bastardi che osavano avvelenare il suo quartiere!

“Osi dubitarne?” replicò Sabre, toccandosi il sensibilissimo naso.

“Ora di rinforzi, allora,” fece Joystick, toccandosi sotto il mento. Attivando il trasmettitore sc.

 

Quando le sirene suonarono in strada, lo spacciatore sapeva di essere in trappola...

Ma lui era un professionista, e ben pagato. Sapeva di correre un rischio enorme, a vendere quella nuova merda, ma almeno le promesse dei suoi ‘sponsor’ erano state mantenute: quella roba si vendeva a un prezzo esorbitante, e in un paio di giorni aveva fatto più che in un mese in discoteca.

Le auto frenarono. I poliziotti scesero di corsa. In corridoio, i tizi con quegli animali se ne stavano restando dov’erano –diosanto, aveva sentito il ringhio di una di quelle cose, e gli erano venuti dei brividi pazzeschi! L’altro invece sniffava come un cane...Se si poteva chiamarla consolazione...

Altri passi di corsa. Numerosi.

Il giovane aveva venti anni. Capelli biondi, corti, e uno sguardo attento di occhi verdi. Una vita spesa nelle strade, perfetto camaleonte fra la folla, capace di adocchiare il cliente giusto con un solo sguardo. Una faccia di bronzo che lo aveva salvato dagli interrogatori più tosti, incluso uno in qui il detective di turno lo aveva menato di brutto.

Se lo beccavano ora, era finita davvero. Lo avrebbero messo dentro per omicidio.

Non era giusto! Non potevano farlo, non quando c’era la sua vita di mezzo, cazzo! Quei soldi gli servivano per rifarsi una vita, non per portarseli nella tomba!

Il ragazzo mise mano alla tasca della sua giacca bisunta.

 

I poliziotti, quattro in tutto, erano disposti a coprire l’intero corridoio. I quattro Giustizieri erano nel corridoio stesso, a fare da avanguardia. Tigra era, riluttantemente, tornata al suo aspetto bipede.

Il nervosismo era palpabile: la presenza di super significava di solito Guai, di quelli maiuscoli. E anche se, per una volta tanto, non era ancora successo niente, non significava ancora che erano al sicuro, nossignore..!

Fusione bussò alla porta. “Polizia! Aprite la porta, o la buttiamo giù!”

Senza preavviso, la porta esplose verso di lui, sbalzandolo contro il muro!

La figura che emerse era semplicemente troppo veloce. Prima che i rappresentanti della legge potessero reagire, la loro preda aveva già superato il corridoio, e si era diretta verso una finestra. Un potente salto, e fu fuori, già sul tetto del palazzo vicino.

“Quel pazzo ha preso il D-K,” fece uno degli agenti. “Gesù, come salta! E voi, ‘eroi’, perché non lo state inseguendo? Se continua così...”

“Se continua così, ci porterà dritto dritto dal suo fornitore,” fece Sabre, mentre aiutava Fusione a rialzarsi. Dio benedica quegli abitanti della Grande Mela che preferivano starsene in casa a badare ai fatti propri, o l’operazione sarebbe stata davvero un disastro!

Adesso, toccava agli altri. Sperando che Seldon ci avesse azzeccato.

 

Ed era così. Come previsto dal software creato da Garolfo Riccardo degli Abruzzi, lucido come non mai, ma colmo di disperazione e rancore, il ragazzo stava letteralmente bruciandosi, mentre correva in una sola direzione: verso coloro che avrebbero potuto aiutarlo. Tutti i suoi sensi erano aguzzi come non mai. Avrebbe potuto udire il classico spillo cadere ad alcuni metri di distanza, cogliere il più innocuo movimento al margine del suo campo visivo...

...Se solo avesse saputo vedere la fonte del movimento in questione. Cosa difficile, quando questa volava sicura nel suo effetto camaleonte.

“Facile come bere un bicchier d’acqua, gente,” disse Warwear, tenendo d’occhio la sua preda con la vista telescopica. “Spero solo che non ci strozziamo: sulla retta via di questo tizio ci sono solo dei magazzini ed edifici fatiscenti, non certo posti ideali per un laboratorio...Ecco. Si è fermato. È dentro. Sun, è tuo.”

 

Lo spacciatore entrò in uno dei magazzini in questione. Sulla facciata, si potevano appena intravedere le lettere sbiadite della macelleria che un tempo era stato.

Entrò...e la sua sorpresa fu così genuina che si sarebbe stati tentati di trovarla comica. Il giovane udiva, vedeva ed annusava meglio di qualunque altro essere umano...e in quell’oscurità non c’era traccia di quello che cercava –Ma come era possibile? Il posto era quello giusto, era che c’era il laboratorio!

Si muoveva a scatti, in preda al panico, conscio solo dei minuti che passavano verso la sua fine...Poi avvenne. Un paio di forti braccia, ombre fra le ombre, lo afferrarono in una salda morsa!

Il ragazzo si dibatté con forza sovrumana, ma era poca cosa per Midnight Sun...*snap!*

Il guerriero muto sobbalzò. Che diavolo?! Questo pazzo si stava letteralmente spezzando le ossa, pur di liberarsi! *pop!* Una spalla disarticolata. *crack !* una costola, e questa volta il sangue iniziò a schizzare dalla bocca del prigioniero.

L’eroe non poteva trattenerlo solo per vederselo morire fra le braccia. Riluttantemente, lo lasciò andare. Il giovane, ignaro del proprio dolore, corse verso l’uscita, che ora era occupata da una nuova figura. Non importava! Se necessario, l’avrebbe fatta a pezzi, non poteva perdere altro *tunggg!*

Fu esattamente come scontrarsi contro un muro di metallo –perse conoscenza, sangue che gli defluiva da un orecchio per l’ematoma cerebrale.

Molten si chinò a raccogliere il giovane, mentre, dietro di lui, si avvicinava il suono di una sirena dell’ambulanza chiamata da Warwear.

 

“Piano A fallito, alla fine,” disse Letitia Frost in ologramma ai Giustizieri all’esterno del magazzino. La più accurata ricerca non aveva prodotto alcunché.

La donna, dal volto in parte coperto da una placca metallica, non sembrava affatto turbata da quello sviluppo. “Almeno, ora sappiamo che potrebbero benissimo trovarsi fuori città. Il ‘laboratorio’ doveva essere un set, uno specchietto per le allodole. Anche beccandone uno, non otterremo alcun dato sui produttori.

“Si passa al piano B. E vediamo di fare una bella figura, questa volta.”

 

Piano B: parte 1, strategia di approccio lenta, basata sulle lingue sciolte e un pizzico di fortuna.

E forse, nel bar di Josie, potevano trovarla. Anche se fosse stata una trappola con i fiocchi –del resto, se lo sapeva lo stesso Robert Markley, l’alter-ego civile di Fusione, che un certo informatore era una fonte più attendibile della sala-stampa della Casa Bianca, c’era da scommettere che ormai veniva tenuto in vita dai maggiori criminali solo per fare da esca.

Parnell Jacobs, l’alter-ego di Warwear, entrò nel bar, salutato dall’atmosfera più fumosa di un bordello nel ‘Nam. Indossava abiti dismessi, tali da non attirare l’occhio per la loro anonimità, ma sufficienti ad incuriosire uno spacciatore, che poteva vedere, nel volto triste dell’uomo e nel suo portamento un po’ curvo, un potenziale cliente.

Con un grugnito, Parnell si sedette a uno sgabello, ed ordinò una birra. Mentre veniva servito, non poté fare a meno di notare l’arredamento ‘a grappolo’ –nel senso che accanto a della roba che doveva avere visto tutte le Guerre a partire da quella di Secessione, stavano dei pezzi nuovi di zecca disposti come veniva. Come se la proprietaria –il prototipo della consumata matrona Newyorkese- avesse deciso che non ne valesse la pena, di andare oltre l’acquisto. Altra curiosità, una lavagnetta accanto a quella degli ordini; sulla lavagnetta c’era scritto: Qui niente animali e niente super eroi. E una croce su una figurina in costume stilizzata sottolineava la frase.

L’’esca’ in questione, vestita in abiti che stonavano come un pugno nell’occhio persino per gli ‘standard’ del bar, stava amabilmente chiacchierando con una rossa che aveva adocchiato dal momento in cui era entrata.

Jacobs sorrise amaramente a quella scena, attento a farsi notare, prima di tornare alla birra.

“Un bocconcino niente male, eh fratello?” fece un nero più giovane di lui di almeno la metà degli anni, intento a uno scotch. Il suo sorriso era già macchiato di nicotina.

Parnell fece spallucce. “Cosa ci troverà quella in un simile balordo...” e giù un altro sorso dalla bottiglia. Un po’ di birra gli colò lungo il mento.

L’altro puntò il pollice all’indirizzo della coppia. “Ci troverà informazioni utili, fratello. Il vecchio Turk è meglio dei giornali, sai? Se qualcuno sa qualcosa, è lui –cavolo, mica è un segreto che quell’esaltato di Devil lo venga a trovare più spesso della polizia.” Sghignazzò. “Per me se la intendono.”

“Per quel che mi riguarda,” sbuffò Parnell. “Sono abbastanza incasinato che perfino farmi sfrittellare dall’Uomo Ragno mi andrebbe bene, se poi finisco all’ospedale. Almeno, lì mi darebbero roba buona, oltre a del mangiare decente.”

Naturalmente, sapeva bene che Turk aveva orecchie buone, e che dietro quel suo modo di fare da amicone spaccone si nascondeva una faina molto attenta...Infatti, appena Jacobs ebbe finito di parlare, Turk disse forte a Josie, “Donna, un’altra birra per il mio fratello...ma portala da me: mica voglio che se la goda da solo!”

Un invito chiaro, e Parnell obbedì volentieri.

Quando il mercenario si fu seduto di fronte alla coppia, Turk non si accorse del brevissimo lampo d’intesa che passò nella ‘donna’ di Turk, cioè Janice Olivia Yanizeski, il cui compito per mezza mattinata era stato di ammorbidire il ‘lumacone’.

Josie portò la birra. Turk giocherellò con la sua catenina d’oro al petto, prese una manciata di salatini dalla ciotola che aveva davanti, e disse, “Fratello, Turk odia vedere gente triste il giorno di una buona acchiappanza. E Turk è pronto a servirti con l’oro migliore, per farti felice...”

Parnell se ne uscì in una risatina che poteva benissimo essere presa per un gemito. “Felice? Mister, ho un tumore alla prostata e l’AIDS. Posso morire di ben due morti, e i soli farmaci che posso avere sono quelli gratuiti...se mi faccio molto male.” Sorso di birra. “Vendi miracoli, per caso?”

Turk sembrò finalmente accorgersi che il suo ‘fratello’ puzzava di una doccia rimandata per diversi giorni, e che le macchie della pelle non erano...proprio...

Turk storse il naso, e senza aggiungere parola, tirò fuori una penna dalla giacca, e scrisse in fretta su un tovagliolo di carta. Porgendo il tovagliolo a Parnell, disse a bassa voce, “Questo tizio ti farà brillare come una stella, amico. Se proprio ci tieni, te ne potrai andare in gloria e felice. Parola.”

“Non è un angioletto, il mio uomo?” fece Janice, che con quell’abbigliamento da prostituta e il trucco pesante avrebbe ingannato sua madre. Baciò Turk sulla guancia, e questi sorrise come un faro –niente di personale, amico, oggi a me e domani a te!

Parnell strinse il tovagliolo, fissandolo con convincente esitazione. Annuì, si alzò, e tirò fuori un pezzo da 10 dalla giacca bisunta. Turk fece una faccia offesa. “Non ci pensare nemmeno, fratello. Vai in gloria, che quelli ti servono.”

Parnell uscì dal locale, e Turk fissò la bottiglia di birra rimasta con orrore. La scostò con un gesto di schizzinoseria degno di un nobiluomo. “Un angelo...sì, lo puoi dire, baby. E anche uno che ci guadagnerà una bella commissioncina. Quei tipi lavorano solo per interposta persona...”

“Gli affari sono affari,” fece Janice, portando un braccio intorno alle spalle di lui. “E’ roba così buona, angelo? Puoi fare felice anche la tua fatina tanto sola la sera?”

Turk quasi fece un salto. Le accarezzò la guancia, e disse, “Pupa, quella roba lì ti fa felice da morire, se mi capisci bene.”Aveva avuto l’ordine dai suoi ‘superiori’ di non nominare neppure il D-K, se ci teneva alla pelle. “Ti stende orizzontale, OK?”

“Come, così?” chiese Janice, tutta sorridente, mentre pizzicava un certo nervo alla spalla sinistra. I suoi guanti lunghi nascondevano la parte essenziale del suo esoscheletro, quella sufficiente a dare una lezione al famigerato arrampicamuri. Un pizzico, e Turk si spense come una lampadina, finendo a faccia nella sua ciotola di salatini.

“Bevuto troppo, mi sa,” disse la donna, facendo piccole acrobazie per andarsene. A Josie, che scuoteva la testa tristemente, disse, “Paga lui, giusto?” e roteando la borsetta disinvoltamente, uscì dal bar –ma la prossima volta, ci avrebbe pensato Tigra a fare l’accchiappalumaconi!

 

Parnell arrivò all’indirizzo dopo quasi un’ora a piedi. Sbuffò. Il solito edificio che avrebbe dovuto essere demolito molti anni prima, il solito specchietto.

Entrò –inutile perdere altro tempo a studiare l’ambiente. Quella gente non si sarebbe fatta sorprendere in un’oasi di lusso. Se fosse stato al loro posto, avrebbe diretto tutti gli affari da qualche bella isoletta tropicale, fuori da ogni giurisdizione, e usato veicoli legalmente registrati e dal curriculum impeccabile per la distribuzione...Che era proprio la parte 2 del piano B su cui i caporioni stavano lavorando!

Solite scale. No problem, un po’ di moto faceva sempre bene. Ed eccolo, l’ultimo piano, stanza 405E, come aveva scritto Turk. A quel punto, l’uomo allentò un po’ il colletto dell’impermeabile. Da sotto l’abito, spuntò una specie di sfera –uno dei droni intelligenti dell’armatura a tecnologia Eidolon.

Obbediente, il drone schizzò nel corridoio, fermandosi a brevi intervalli davanti a ogni porta, e facendo brillare il proprio occhio ricco di scansori alieni. Allo stesso tempo, su frequenza subspaziale, il drone trasmise il contenuto di ogni appartamento al Giustiziere incaricato del repulisti.

Parnell si mise a fischiettare, fingendo interesse nella porta del 405E. Bussò...e sentì una bestemmia attraverso la porta alle sue spalle. “Hmf. Pollo,” mormorò, tornando da dove era venuto... “Eh?”

Non aveva fatto un passo, che la bestemmia si trasformò in un urlo atroce!

 

Uffici della Justice, Inc.

 

“Signor Sindaco, il vero problema è che questa gente è organizzata.” Il Sindaco poteva stare cercando di macellarla per l’ennesimo fallimento, ma Angela Cleaver restava impassibile come una sfinge nel fare il suo rapporto. “E non sto parlando tanto di produzione e distribuzione, quanto della loro capacità di non lasciarsi testimoni viventi dietro.

“A questo punto, dobbiamo pensare che la situazione sia peggiore di quanto precedentemente stimato: una simile organizzazione per il D-K non può essere stata messa su in così breve tempo da quando la droga era nota come Paradiso Bianco[vii]. Il suo ultimo distributore, Reynard Slinker, doveva essere finito per caso su una partita, o gli era stato permesso per iniziare una distribuzione mantenendo un basso profilo.”

“Sta dicendo che la droga potrebbe essere molto più diffusa di quanto pensassimo?” Il Sindaco Bloomberg avrebbe preferito un altro attacco terroristico, piuttosto che un nuovo tentacolo del mostro sociale...

Angela annuì. “Un lavoro raffinato, appoggiato con mezzi decisamente non convenzionali per un cartello della droga. Signor Sindaco, abbiamo bisogno di poteri speciali e più ampi per quest’operazione. Occorrerà contattare l’FBI...”

L’uomo alzò una mano. “Miss Cleaver, farò tutto quello che devo, ma dovete capire che se la cosa è già uscita da questo stato, voi stessi non potrete andare in giro a fare crociate. Non per questo contratto stipulato con la città di New York. Proverò, ma pregate che non ci siano politici corrotti di mezzo.” E spense la comunicazione.

Angela si voltò verso Garolfo. “Allora?”

L’Italiano osservava una serie di schemi elettronici deformati sotto forma di ologramma. “Impressionante, sì. Questa ‘minibomba’ si è fusa al punto da non permettermi alcun reverse-engineering. Lo spacciatore non aveva una chance. Una cosa è certa: conteneva una ricetrasmittente collegata ai centri di ricezione sensoriali: appena il ragazzo ha visto Midnight Sun, *puf*...Comunque, sto elaborando una serie di possibili produttori di una simile apparecchiatura: come per la droga, non ce ne possono essere molti che lavorano dall’altra parte della legge.”

Angela annuì. Conosceva il suo fiuto, e si fidava...Ma la frustrazione restava: quando si era decisa a mandare qualcuno alla morgue per prendere il cadavere dello spacciatore che si era autoavvelenato, avevano trovato lo stesso spettacolo: un corpo con un buco ancora fumante nel cranio. L’unico ‘indizio’ stava nella bustina di D-K trovata addosso all’ultima vittima. Con un po’ –no, con molta fortuna, avrebbero potuto trovare qualche contaminante dell’ambiente in cui era stata prodotta e imbustata... “Letitia?”

La Frost stava tirando avanti a caffè e adrenalina –era una rara gioia professionale, potere lavorare così intensamente e così a lungo. Quasi non si accorse della parola rivoltale, mentre studiava l’ennesimo registro aereo: a sua modesta opinione, prima ancora che Seldon desse conferma, le navi erano da escludere. Quelle erano utili per grossi carichi poi da smistare –troppo pericoloso, come già dimostrato[viii].

No, bisognava cercare negli aeroporti. Un corriere portava una valigetta, uno zaino o usava il proprio stomaco. Poca roba venduta a un prezzo altissimo, rendita del 200% e via per un altro volo.

Niente ‘turisti’, naturalmente. Una cosa buona era venuta fuori, da quei maledetti attentati alle Twin Towers, gli aeroporti erano controllati con dei cani capaci di sentire la banale cocaina a miglia di distanza. E il D-K non era certo inodore, come confermato da Sabre e Tigra.

Questo lasciava dentro i voli privati. Corrieri prestanome o ‘pacchi’ mimetizzati, o ‘eccentrici milionari’, finti ufficiali, ecc. ecc.

Una sfida con i fiocchi, insomma. “Dimmi, Angela.”

Ma, a quel punto, l’ideatrice e mente fondatrice della Justice, Inc., preferì non fare domande inutili.

Era seccante! Naturalmente non poteva aspettarsi il 100% dei successi –quello sarebbe stato utopistico!- ma perdere un contratto del genere, era...

Improvvisamente, Angela Cleaver sorrise. Chiunque la conoscesse più di tanto, sapeva che quell’espressione significava guai grossi per i suoi nemici. Digitò un pulsante sul bracciolo della poltrona. “Blank, si presenti a rapporto da me subito.”

Incrociò le dita. Avrebbe insegnato a quei bastardi assassini cosa succedeva a giocare in serie A con dei professionisti...

 

Episodio 7 - Il male dentro (I Parte) [un INFERNO2 tie-in]

 

Solomon Towers, New York City. Ore 12:40:42

 

La donna si chiamava Angela Cleaver. Presidente e membro fondatore della socità di mercenari Justice, Inc.

Gli altri tre civili, Letitia Frost, Dollar Bill, Garolfo Riccardo degli Abruzzi, erano con lei i membri del CdA della Società. Tutti professionisti nel loro campo, dal Reverse-Engineering alle PR, allo spionaggio...

Gli altri nove presenti, come i loro superiori intenti allo schermo multivisione con lo stesso grado di muta paura, erano:

§  Parnell Jacobs, alias Warwear, teamleader, già mercenario ed ex-marine. Assassino professionista, dotato di un'armatura basata sulla tecnologia aliena Eidolon. Era entrato nella JI per dare una possibilità a sé stesso, ed a sua moglie. Sperava di poterlo ancora fare, a questo punto.

§  Mark Raxton, alias Molten, l'uomo dalla pelle di metallo, ex-nemesi dell'Uomo Ragno, da tempo riformato, figura di rilievo nelle Osborn Chemicals, ed ora impotente come non mai.

§  Il misterioso Capitan Power, le cui motivazioni per essere un eroe a pagamento erano ignote come la sua identità. Ma era un combattente fedele, e tanto bastava, per ora. Si sperava che sarebbe bastato, per quello che stava succedendo...

§  Janice Olivia Yanizeski, alias Joystick, altra ex-supercriminale, ex-membro degli ultimi Signori del Male. Come eroina, stava mostrando qualità insospettate verso questa parte della barricata. Ed era decisa a continuare su tale strada, per quanto grande fosse la tentazione di mettersi dalla parte di chi, ora, era il più forte!

§  Robert Markley, alias Fusione, mutante illusionista, che per suo figlio, ospitato presso il QG della JI, avrebbe combattuto contro il mondo intero.

§  M'nai, il muto Midnight Sun, che dalle sue imprese come mercenario al servizio del bene sperava di potere ricavare i mezzi per aiutare i suoi connazionali in un'Africa sempre più preda di un caos che, per molti aspetti, era peggiore di quanto stava osservando adesso...

§  Greer Nelson, alias Tigra, la donna ferina, nel cui sangue scorrevano i geni misticamente impiantati della campionessa del Popolo Felino. Fra tutti i presenti, avvertiva con sempre maggiore intensità la natura della crisi. Lei stessa, infatti, aveva chiesto la convocazione di quella riunione, finquando si poteva ancora elaborare una strategia.

§  E, last but not least, il polacco-americano Edward Velikosvki, alias Blank. Erano solo i soldi a motivarlo, ma era il solo a possedere un generatore portatile di campo di vuoto. E non era comunque il tipo da entrare in competizione diretta, da solo, contro un branco di super-esseri

 

"Ancora una volta, le barriere fra questo mondo ed il Limbo stanno cadendo," disse Tigra, sottolineando quanto lo schermo mostrava con orrenda chiarezza: uomini e donne preda della follia, intenti chi a massacrarsi, stuprarsi, distruggere, chi in uno stato di catatonia, chi semplicemente a ridere maniacalmente. Era cominciata da poche ore, e l''epidemia' non solo non accennava a diminuire, ma, addirittura, a diffondersi a macchia d'olio, indiscriminatamente.

"E le...ragioni?" chiese Blank.

Ma Tigra scosse la testa. "Non le conosco...Anche se temo che le scopriremo presto.

"Di sicuro non si tratta di un effetto casuale...Se almeno potessimo rintracciare la causa, potremmo riparare al danno."

"Di tutte le schifosissime rogne..." borbottò Fusione. "Adesso che eravamo ad un passo dal prendere quel figlio di...Possibile che sia davvero così pericoloso uscire da qui?"

Angela osservò il rapporto redatto poche ore prima dalla sua fitta rete di contatti. Rintracciare il produttore della nuova droga sintentica, il D-K, era stato incredibilmente facile. Tali contatti erano Musulmani convinti, puristi. Gente con più d'un occhio sui traffici di prodotti 'proibiti' come alcool e droghe, che quotidianamente minacciavano le loro comunità.

Ora sapevano da dove veniva il D-K. Fuori giurisdizione, e di non poco: bisognava contattare altre autorità, occorreva tempo, ed esso era stato loro bruscamente sottratto dalla notte al giorno, letteralmente!

Angela sospirò. Distrattamente, accarezzò la testa di uno splendido maschio di lupo rosso seduto accanto a lei. "Seldon, hai i risultati?" chiese a nessuno in particolare. Apparentemente.

Dai microfoni strategicamente piazzati, una voce umana, fredda, atonale, rispose, "Estrapolazione...completata. I dati confermano con successo l'ipotesi. Le alterazioni comportamentali sono relative ai soli soggetti umani, senza distinzione di ceppo genetico, sesso, fede, cultura, od età. Sono altresì affetti tutti i membri di Homo Lupus discendenti dei 'Primari' alterati misticamente dal Darkhold. Sono esenti dal fenomeno: tutti gli esseri viventi non-umani, i membri degli altri rami cadetti di Homo Lupus, e gli organismi extra-terrestri non contaminati da gene umano nativo della Terra.

"Confermata ipotesi per quanto concerne la sfera comportamentale: i soggetti affetti manifestano atteggiamenti legati alla rimozione di ogni freno inibitorio. Nel processo, viene favorita la predominanza dei pensieri manifesti dell'Id."

"La risposta mi sembra abbastanza esplicita, Fusione," disse Angela. "Con un po' di fortuna, il produttore di quella schifezza, spacciatori inclusi, periranno per loro stessa mano, e noi dovremo solo raccogliere i cocci per intascare il compenso posto dalla Città di New York."

"Sempre che una città resti in piedi," disse Joystick, con un sorrisino sarcastico, osservando le prime volute di fumo e fiamme levarsi dalle finestre di diversi edifici e dalle strade. "Non sappiamo quanto durerà, ne' se siamo veramente al sicuro, qui."

"Placa pure le tue ansie, signorina," disse Letitia Frost dalla sua sofisticata 'sedia'. La parte non mascherata del suo volto rifletteva una salda padronanza di sé. "La tecnologia MysTech, unita ai sigilli posti a protezione proprio per simili casi rendono questi uffici impervi alle forze oscure."

"Fico e tutto il resto," disse Dollar Bill, aggiustandosi gli occhiali ray-ban che erano il suo 'trademark'. C'era più di un sospetto che l'uomo possedesse la vista ad infrarossi, riuscendo ad orientarsi anche al buio con quelli addosso... "Piuttosto, dobbiamo potere trasformare questa crisi in qualcosa di utile per la nostra immagine. Salvare gente, fare i boy-scout in gamba. E gratis –sorry, Ange."

Angela sembrò inghiottire veleno, ma annuì. "Il punto è che solo Capitan Power è candidato ad un simile ruolo, in quanto alieno."

Il lupo fece uno sbuffo. Angela non menzionò neppure il suo Sabre, che, in realtà, era Jack Russell, umano alterato da una maledizione del Darkhold. Pertanto, sensibile alla corruzione...

Power, che tutti avrebbero scambiato ad una prima ed anche seconda occhiata per il gemello di Simon Williams, il Vendicatore Wonder Man, sobbalzò, e vide gli altri irrigidirsi, per un momento –il modo in cui lei aveva pronunciato quella parola. Sapeva? Sperò solo che nessuno arrivasse a chiedergli troppi particolari...

Blank,” stava continuando Angela, “una ragione per cui ti abbiamo accettato così in fretta è che Seldon aveva calcolato la possibilità di un simile evento, anche se non così in fretta.

“Il tuo generatore di campo, che Garolfo ha gentilmente potenziato, dovrebbe potere proteggere i Giustizieri dagli effetti di questo ‘Inferno’.”

L’Italiano annuì. “Un modello molto efficiente, per essere un prototpo,” disse, sinceramente ammirato. “Del resto, non mi sarei aspettato di meno da un prodotto disegnato dalla Stark Technologies. Oltre ad ottimizzare la sua resa, ho predisposto un collegamento continuo fra il generatore ed i tuoi emettitori… A proposito, come te li senti?”

Eddie, in aspetto civile, con un nuovo completo casual addosso, si grattò il polso. “Prude un po’, ogni tanto, ma sopravvivrò. Credo. Insomma, non è che ‘sta roba mi scoppierà addosso, o finirà con l’evocare chissà quale mostro? Sapete, l’ultima volta ho richiamato un tale Graviton[ix]…”

Ascoltandolo piagnucolare, Tigra ebbe quasi quasi voglia di strappargli la gola… Quelle lamentele le ricordavano tanto quando lei era appena entrata nei Vendicatori, sentendosi così inadeguata da lasciarli dopo neanche un pugno di avventure. Aveva a tuttora voglia di chiedere al CdA della JI se non fossero impazziti a prendersi in casa proprio la serpe che aveva fatto il leccapiedi di Graviton! Lavorando in squadra nei Vendicatori, tuttavia, ed avendo vissuto una vita tutt’altro che ‘normale’ durante la sua carriera di solitaria, aveva imparato e a fidarsi delle decisioni degli altri e a non fidarsi delle apparenze.

Lo avrebbe comunque tenuto d’occhio, tanto per andare sul sicuro!

Dollar Bill si schiarì rumorosamente la gola, "Credo che dovremmo occuparci di pianificare una strategia utile." Iniziò a digitare sulla sua tastiera di luce "Naturalmente, è fuori discussione salvare i primi che passano, a casaccio.

Per cominciare, dovremmo tutti portarli qui, e lo spazio finirebbe alquanto in fretta. Secondo, allo scopo ci saranno già orde di super-esseri immuni da quest'influenza maligna pronti a fare la stessa cosa. Terzo..." un ultimo tasto, e fece apparire una mappa dell'area urbana, costellata da un'infinità di puntini rossi lampeggianti. Bill sorrideva come il vincitore di una gara. "Avremo ben altre patate da togliere dal fuoco."

Silenzio. Occhiate perplesse.

Bill sospirò. "D'accordo, casella 1: vedete questi puntini? Indicano tutti i magazzini dove sono depositati prodotti chimici, le aree industriali, le centrali nucleari, i percorsi dei treni speciali...Insomma, riuscite ad immaginare cosa succederà quando il casino scoppierà per davvero? Una serie di catastrofi ambientali dietro l'altra. Roba da finire qualunque lavoro i demoni inizieranno. Ci siamo, adesso, gente?"

In risposta, Molten gli diede una pakka sulla spalla da ½ tonnellata che lo scosse fino al midollo. "Giuro, per essere un putrido affarista, te le pensi meglio di un aracnide di mia conoscenza. Quando si comincia?"

"Si comincia adesso, signori," disse Angela, cupamente. Nonostante fosse nera, era pallida come gesso, mentre guardava attraverso la finestra uno spettacolo che nessun monitor avrebbe potuto rendere degnamente.

Il nuovo Inferno era iniziato! Il cielo era pieno di colori impossibili, alcuni palazzi erano diventati maschere vive, coperte di un inidentificabile materiale putrido. E, sopra tutto, orde di demoni apparse da un portale grande quanto la stessa città! Sciami di devastazione e follia insensata, promessa di morte per tutto e tutti...

Nessuno dei Giustizieri o del CdA osò solo pensare, di fronte a quello spettacolo! In un momento, il piano di Dollar Bill –no, ogni piano, ogni velleità di aiutare qualcuno, salvare qualcosa...tutto come un dito nella diga crollata! La realtà sfidava ogni sforzo di immaginazione!

Fu un urlo, a scuotere i presenti.

Un urlo, un mezzo ruggito, da Tigra! La donna era chinata in ginocchio, contratta nel dolore. I suoi versi si facevano sempre più animaleschi col passare dei secondi.

In un attimo, il lupo ai piedi di Angela Cleaver corse dall'eroina. A metà strada, le sue fattezze quadrupedi mutarono, si rimodellarono

in un perfetto esemplare di lupo mannaro, l’ottavo elemento dei Giustizieri. La creatura abbracciò Tigra, cercando di consolarla...

Lei decise altrimenti. Un solo colpo del suo braccio, e Sabre fu proiettato dall'altra parte della stanza!

Il nuovo momento di stupore durò il tempo per la donna ferina di alzarsi in piedi. Fissare i suoi compagni...

...con un ringhiante volto ancora più marcatamente animalesco!

"Gesù!" mormorò Molten, come gli altri impotente mentre Tigra saltava, raggiungeva le finestre,

e saltava via attraverso una di esse! Erano vetri blindati, trattati per essere duri come diamanti, e lei ne aveva sfondato uno come fosse stato vetro di zucchero.

"TIGRA!" Correrle dietro venne istintivo a Sabre. Per sua fortuna, l'uomo metallico fu altrettanto lesto a prenderlo.

Fu Midnight Sun a rimediare. Scomparve in un lampo di teletrasporto,

 

e riapparve esattamente sopra Tigra. La afferrò per la vita ad un passo dall'impatto fatale dopo una caduta di 17 piani.

In risposta, Tigra perse ogni sembianza umana, per diventare una sorta di vera tigre dalla criniera nera –una macchina assassina dai colpi veloci come il fulmine. Un cambio di forma e dimensioni che sbilanciò il guerriero muto. Che lo rese facile preda di due potenti colpi di artiglio! Il suo costume fu lacerato, il suo corpo potenziato dalla biotecnologia Kree no.

In compenso, Tigra fu libera. Diretta verso una destinazione nota solo a lei. Così assorbita da non vedere una veloce figura volante diretta proprio verso di lei.

 

Capitan Power sembrava dubbioso. "Sabre, sei assolutamente certo..? Quella ti fa a fette!"

Il mannaro, abbracciato all'eroe, annuì. "Sono l'unico che ha una minima speranza di contenerla con le buone. Essere amanti ha i suoi vantaggi...spero...Ci siamo! Siamo su di lei, e ora gira!"

Cap lo fece. Una rotazione a vite perfetta, che scaricò Sabre come un missile contro la tigre in corsa.

Capitan Power vide i due animaleschi individui avvinghiati, lottare l'uno per la vita, l'altra per...cosa? "Capitano."

La voce di Angela lo raggiunse attraverso l'SCC[x]. "Dirigiti immediatamente alla centrale nucleare di Haven! Ti spiegherò strada facendo."

E l'eroe lo fece, inseguito da una nuvola di demoni urlanti, mentre Angela lo avvertiva che già il caos aveva seriamente compromesso il funzionamento del controllo del core. Il meltdown era prossimo, e toccava a lui porvi rimedio...

 

"Per l'amor di Dio, Tigra, escine! Cosa ti ha posseduto? Dovresti essere protetta da..?" Mille ferite costellavano il suo corpo... Sabre non possedeva un fattore di guarigione, non essendo un licantropo naturale, e la natura mistica di Tigra poteva violare le sue 'barriere immunitarie' mistiche a loro volta...

Morso! Guaito! Dovette lasciarla andare, mentre cercava di riprendersi da un colpo che quasi gli aveva segato in due il tendine e maciullato le ossa.

Tuttavia, Tigra non scappò. La belva furibonda, le mascelle ancora insanguinate, scomparve, e la bipede riprese il suo posto. "Mi dispiace, midispiacemidispiace....Dio, perdonami..." praticamente, quasi lo stritolò con un abbraccio.

"Sopravvivrò," disse Sabre, accarezzandole la testa...prima di ricordarsi quale fosse il quadro generale–o, meglio, ricordandolo quando vide una nuvola di mostri precipitare loro addosso!

I mostri, in compenso, non videro chi stava arrivando loro addosso da dietro. Seppero di avere sbagliato solo quando raffiche di energia e di proiettili li dissolsero!

 

"Più di questo non puoi fare, Warwear," comunicò Angela. "Tu e Molten dirigetevi verso i magazzini di stoccagio della Osborn Chemicals." E mentre l'uomo in armatura partiva, lei spiegò la situazione: per quante precauzioni potevano essere state prese da quando Norman Osborn aveva perso il controllo sulla sua azienda, i suoi magazzini ospitavano una pletora di prodotti chimici, molti dei quali sperimentali, alcuni dei quali responsabili di mostri come il primo Goblin e di Lapide.

Bisognava, semplicemente, prevenire la distruzione di quei magazzini.

 

I due Giustizieri apparvero al centro di uno snodo ferroviario, di fronte alla Grand Central Station. La follia era presente sotto forma di vagoni animati di vita diabolica, intenti a digerire i loro sfortunati passeggeri. i finestrini colavano una poltiglia di sangue, carne ed ossa. Locomotrici si dedicavano a surreali duelli come fossero state altrettanti tori. Il fumo appestava l'aria.

Joystick ebbe voglia di vomitare –quando l'Incappucciata aveva iniziato a seminare tempeste in mezzo mondo, era stato un evento così...impersonale. Sterile nella sua assenza di orrore. Ora, solo un completo distacco emotivo poteva salvarla.

Midnight Sun aveva visto la morte in faccia per ben due volte. Aveva dovuto imparare a convivere con l'orrore che era diventato ad opera dei suoi aguzzini. Aveva viaggiato fra le stelle. Questo scenario era solo un'altra sfida. Non si permise neppure di pensare al fallimento –quella era il pensiero dei deboli. E Fu Manchu l'aveva addestrato ad essere un vincitore!

"Il prossimo convoglio sarà qui fra breve," comunicò Garolfo. "I demoni, in questo, sono prevedibili, secondo Seldon almeno: causare il maggiore disastro possibile. Niente di meglio di un centro abitato per seminare un carico di prodotti chimici."

"Un intero treno in corsa?" Joystick quasi rise. "Io, a Supergirl, non assomiglio nemmeno. Il muto qui ha un miracolo?"

"Lui sì. Tu devi proteggerlo. Spero che non sia troppo, per te. Chiudo."

"Lo odio." E fu utto quello che la donna disse, mentre un verso che era un urlo ed insieme atroce risata, un acuto tale da danneggiare i timpani, copriva anche i suoi pensieri.

I suoi fari erano abbaglianti, e giungeva ad una velocità impossibile.

Demoni attaccarono i due Giustizieri.

 

Correvano a perdifiato. Lupo e tigre. I loro acuti sensi erano sommersi ad ogni livello, su ogni sfumatura. Non potevano fermarsi, anche se lo avessero voluto: se non erano i demoni, erano gli stessi umani a volere il loro sangue. E se il loro spirito era protetto, non così il loro corpo. La velocità era la loro sola ancora di salvezza.

<Tigra,> disse mentalmente Sabre, <dove stiamo andando?>

<Vicino all'epicentro, al primo punto di confluenza fra realtà e Limbo. Devo andare lì, devo...Jack, conosci le mie origini?>

<La tua scheda parla di come Greer Nelson sia stata trasformata da una tirbù di uomini-gatto da supereroina a Tigra. Della tua permanenza nei Vendicatori, i Ven...>

<Tigra era un campione del popolo felino. Il primo, vero esperimento genetico di quella gente.

<Il Popolo Felino fu creato sulla Terra da una setta di stregoni. Gli stessi stregoni che, in seguito, decisero di esiliarli nel Limbo. Tutti, permanentemente. Tutti tranne uno, l'Evocato, o il Balkatar, che poteva essere richiamato per obbedire fedelmente agli ordini dell'evocatore.

<Alcuni uomini-felino, tuttavia, erano riusciti a restare sulla Terra all'insaputa dei loro aguzzini. E quella gente creò la prima Tigra, la compagna per il Balkatar, futura madre di una nuova stirpe di guerrieri sulla Terra. Io possiedo quei geni, anche se mi furono innestati magicamente. Quei geni che ora gridano giustizia.>

Erano vicini. Il punto di confluenza era come un buco bianco proprio sopra l'Empire State Building, un vortice rovesciato che non la smetteva di vomitare orrori. A suo tempo, N'Astirh ebbe bisogno di una convergenza di fattori: 13 bambini mutanti per tenere insieme un colossale pentagramma, il potere di Darkchilde per creare un varco abbastanza ampio, e infine il sacrificio di due anime molto speciali[xi]. Ora, erano bastati la Cappa delle Ombre e la Pietra dei Cinque, e, fortunatamente, il varco era addirittura più stabile.

<Giustizia..?> chiese Sabre.

<La liberazione. Il Popolo Felino reclama da millenni la luce del Sole, la fine della schiavitù sotto il tallone di Mefisto. Ora che persino la sua attenzione sarà distolta dalla mia gente grazie a questa crisi, ho una possibilità. Lo farò, devo farlo!> L'ultima frase era pura angoscia, ed il lupo ne fu colpito.

Il problema era: c'era sincerità, o era solo un lato alieno di lei, una seconda personalità come lei stessa sembrava suggerire?

Risposta: inutile cercarne una, adesso. Perché il cancello era esattamente sulle loro teste. E si poneva il problema di come*Yiip!*

I loro corpi furono avvolti da un campo di energie arcane! Prima ancora che potessero reagire, Tigra e Sabre furono letteralmente risucchiati all’interno del cancello -c’era un nuovo giocatore, in mezzo! E il peggio era che non ne conoscevano le intenzioni.

E ne’ potevano farci qualcosa.

Tranne pregare.

---

 

Alle Solomon Towers, il CdA ascoltava con interesse.

Angela inghiottì veleno, ma, almeno, la prospettiva, nel futuro immediato, era di un guadagno così favoloso da potere permettere loro un notevole grado di autonomia in svariate missioni.

Ottimo. Ora, bisognava solo assicurarsi di fare il contratto giusto con la persona giusta. Al momento giusto. "Garolfo, mi auguro che i tuoi...contatti siano all'altezza della fama che li precede..."

L'uomo si lisciò una basetta, confidente.

 

Episodio 8 - Il male dentro (II Parte) [un tie-in di INFERNO2]

 

Uffici della Justice Incorporated, Solomon Tower 2, New York City. Inferno, giorno 2

 

L’atmosfera alla tavola delle riunioni era a dir poco pessimistica. Dopo 48 ore, non si vedeva la fine della crisi, anzi! Era ormai evidente che non un angolo del mondo era stato risparmiato. Attraverso le finestre, si vedeva la sagoma dell’oscura Cappa delle Ombre, che faceva da portale per le orde di invasione. Orde interamente composte di demoni.

La città era impazzita: i pochissimi esseri umani ancora sani di mente erano impossibilitati a fare alcunché, mentre i loro simili o uccidevano, o si uccidevano, o giacevano in catalessi, o erano impazziti definitivamente, o facevano tutto quello che il loro Id represso, finalmente liberato, comandava loro di fare. E dove non erano gli uomini a seminare distruzione, ci pensavano i demoni, presenti a milioni ormai, in formazioni più fitte dei più terribili sciami di locuste.

In questo contesto, parlare di un ‘contratto’ per i Giustizieri, i super-esseri della JI, suonava come una barzelletta.

Naturalmente, tutti i presenti –i sette Giustizieri e gli altri tre membri del CdA- sapevano benissimo che Angela Cleaver non possedeva un sense of humour. Angela, una nera con gli occhi antichi come il tempo, un fisico scattante fasciato da un Armani su misura, era il tipo di persona il cui sorriso nascondeva una trappola; e quando lei parlava, sapeva cosa diceva.

La donna squadrò i Giustizieri, sui quali due giorni di attività non-stop avevano lasciato il segno, in un modo o nell’altro...

-        Warwear, il teamleader, vestito della sua bio-armatura a tecnologia Eidolon, sedeva in posa rigida, marziale, com’era sua abitudine dai suoi trascorsi nella Marina USA. La stessa armatura aveva svolto il vero lavoro fisico, ma la pressione era stata terribile. L’uomo aveva combattuto nel ‘Nam, e alla fine, in certe circostanze, certi traumi erano suscettibili di riemergere. Cionondimeno, Parnell Jacobs avrebbe dato l’esempio

-        Molten non poteva sudare o mostrare affanno, in virtù del supermetallo che lo ricopriva dalla testa ai piedi. Anche lui, però, era stato costretto a vedere cose che, normalmente, appartenevano al reame dei sogni, non quello della realtà. Ma Mark Raxton era un testardo, e non avrebbe ceduto se non dopo Warwear.

-        Joystick era pallida come un cencio. Esoscheletro o no, lei era solo umana, e stava pagando il dazio più pesante...E solo una forza di volontà ammirevole teneva ancora in piedi Janice Olivia Yanizeski.

-        Fusione era imperscrutabile dietro il suo elmo. Robert Markley lottava per suo figlio, ospite presso la JI, e solo la morte avrebbe potuto fermarlo.

-        Midnight Sun, grazie al cielo, era potenziato sia dalle discipline psico-fisiche apprese sotto la guida di Fu Manchu, sia dalla tecnologia Kree che lo aveva trasformato in cyborg degno di combattere contro gente del calibro di Silver Surfer.

-        Su Capitan Power, si poteva fare affidamento totale. Il misterioso eroe era ancora fresco come una rosa, ed il suo volto tradiva una certa impazienza di gettarsi nuovamente contro le orde diaboliche.

-        Blank aveva avuto il permesso di accendersi una sigaretta. Tanto, ormai se n’era perso il conto! Faceva puzzare la sala riunioni di nicotina, ma ormai nessuno ci faceva caso più di tanto.

Angela trattenne un sospiro, nel vedere i posti vuoti riservati a Tigra e Sabre. Lo Sciacallo aveva riferito che la donna-felino ed il lupo mannaro erano andati loro sponte nel Limbo da cui la crisi era partita. A quel punto, si poteva solo pregare che, qualunque fosse la loro missione[xii], essa fosse portata presto a buon termine...

Angela sfogliò un sottile dossier. “Dunque, signori. È ormai chiaro che qualunque tentativo di contenere i danni causati dai demoni è uno sforzo inutile.” Nessuno osò obiettare una virgola. “Almeno, nella nostra impotenza, siamo stati fortunati...se così si può dire. I demoni hanno ‘deciso’ di contenere essi stessi la devastazione. E questo ci lascia liberi di dedicarci al contratto che mi è appena stato sottoposto.

“Giustizieri, il vostro obiettivo è Villa Sterling, a Long Island. Il contraente ha offerto una cifra a dir poco faraonica per proteggere il complesso. So che si tratta di un lavoro apparentemente inutile, ma credo sarà una passeggiata.” E, soprattutto, era un’ottima scusa per non lasciarli nelle Towers a guardare il panorama e girarsi i pollici accumulando frustrazione.

Questo succedeva ieri.

 

Inferno, giorno 3

 

“Ricordami di staccarle la testa, quando oserà chiederci com’è andata!”

Se i demoni sembravano avere deciso di graziare la città da una strage di proporzioni inaudite, non sembravano altrettanto ‘ben’ disposti nei confronti del gigantesco maniero. Tutt’altro, e i Giustizieri stavano sudando le proverbiali sette camicie per tenere a bada un’orda di rara ferocia.

Attraverso il comunicatore subcutaneo, Capitan Power disse, “Molten, non ti è venuto in mente che se i demoni sono così intenti su questo castello, sarà per una ragione?” e concluse la frase lanciando un raggio ottico ad ampio spettro, polverizzando decine di attaccanti.

 

Di sotto, Molten lanciò raffiche infuocate all’indirizzo di mostri simili a ragni, ma con dieci zampe ed acuminate spine sul carapace. Una cosa andava detta: i demoni erano fragili. E non sembravano capaci di penetrare la sua pelle metallica. Cosicché, quando l’ex-criminale era costretto a raffreddarsi, tornando ad essere simile ad una statua vivente dorata, i suoi pugni erano più che sufficienti per occuparsi dei suoi avversari.

“Se è qualcosa di cui ‘sti mostri hanno paura, sarà meglio che il padrone di casa la usi!” e disintegrò un altro demone con un pugno.

 

Warwear ringraziò l’interfaccia dimensionale che alimentava le sue armi, o avrebbe finito le munizioni da un bel pezzo –il solo guaio era riuscire a capire come penetrare efficacemente quella teoria senza fine di allucinazioni. Ora sapeva come si sentiva il ragazzino della fiaba olandese, che cercava di tappare la diga con un dito! “Paura, Molten? Non credo, altrimenti non cercherebbero di irrompere nel maniero. Che si tratti di qualcosa di estremamente importante per loro, non c’è dubbio.”

Quello che l’uomo non disse era che si sentiva certo che i mostri stessero solo cercando, e con successo, di distrarli. Ma doveva tacere, ne andava del morale dei suoi uomini! Sperò solo che gli altri fossero pronti a qualunque contro-tattica del nemico...

 

Quando le avevano detto di occuparsi di difendere l’interno dell’edificio principale del maniero, Joystick quasi aveva fatto un salto di gioia.

Adesso, stava a stento contenendo la frustrazione. In 20 ore, non era successo un bel niente! Le già potenti difese mistiche del maniero, di qualunque juju si trattasse, ora che erano potenziate dal campo di vuoto di Blank, erano praticamente impenetrabili...

Ma che cavolo ci faceva, lei, fra tutti quei pezzi da 90?! Nella battaglia all’esterno, sarebbe stata utile come uno sputo contro Ultron. E se quella massa fosse penetrata nel maniero, idem!

Una mano guantata di metallo dorato si posò sulla spalla. “Warwear dice di pensare sempre ‘un passo alla volta’. E credo che abbia ragione, soprattutto adesso, hm?” disse Fusione, interpretando i pensieri di lei. “Anche il mio potere è praticamente inutile, contro questi mostri...ma me ne preoccuperò al momento giusto. Non sono esattamente disarmato.” E diede una pacca alla cintura ricca di gadget offensivi concepiti per supplire a simili casi.

Lei sospirò, e tornò a guardare dall’ampia finestra. “Vorrei avere metà della tua confidenza. La mia gente ha combattuto contro una forza superiore...ed ha perso. Uomini, eserciti, super-esseri, zombie...e sono morti tutti. E quelle cose là fuori sono così numerose...”

“Vi prego, non continuate a ricordarmelo,” disse Blank. Le sue fattezze erano sparite nel suo personale campo di vuoto. La Frost lo aveva dotato di un paio di pistole laser, ma secondo Garolfo R. degli Abruzzi il campo poteva essere usato per fare molto di meglio che proteggersi.

“I signori gradiscono uno spuntino?”

Alla parola magica, due teste si voltarono di scatto.

Sulla soglia del salone era, come per magia, apparso il ‘servitore’ della padrona di casa. L’uomo che aveva, per conto di Mary Elizabeth Sterling, consegnato e firmato il contratto con la Justice, Inc.: Hector. Un uomo che decisamente meritava la definizione di ‘armadio ambulante’, così robusto e grande che l’uniforme di maggiordomo sembrava essergli stata dipinta addosso.

Con una flemma degna di un suo collega Inglese figlio di generazioni di Inglesi maggiordomi, Hector posò sul tavolo centrale un grande vassoio d’argento di squisita fattura, su cui erano disposti: una tejera fumante in porcellana finissima, tre tazze pure in porcellana, zuccheriera, pasticcini tuttoburro e sandwich mignon freschissimi.

Praticamente sbavando, Joystick quasi fece le fusa all’omone. “Hector, difenderei questo posto solo per salvare te.” Si avvicinò al vassoio, dedicando appena un pensierino di rimorso a Midnight, che stava pattugliando la casa, approfittando del fatto che il teletrasporto, lì, funzionava –all’esterno, il tessuto spaziotemporale era andato a puttane, come aveva delicatamente fatto notare Letitia Frost.

Senza dire una parola, il volto a metà fra il mediterraneo e l’orientale rigorosamente impassibile, Hector si voltò e se ne andò con passo felpato nonostante non ci fosse un tappeto sul parquet e lui portasse le scarpe in cuoio –c’era da giurare che quel tizio si muovesse con la grazia di un felino.

 

Una cosa bisognava dirla, degli occidentali: quando si trattava di sperpero megalomane, la loro filosofia si avvicinava in modo impressionante ai peggiori dittatori Africani più neri del nero.

La ‘villa’ era qualcosa di monumentale, un monumento vuoto, abitato in pianta stabile da una sola persona! Una persona che, a giudicare dalla cura con cui era tenuto il maniero, viveva solo per esso. E perché? Solo per mostrare quanti soldi fosse capace di sprecare un bianco schiavista...Uh?

“Signore?”

Alle sue spalle! Midnight Sun si voltò così in fretta da non dare neppure l’impressione di avere camminato in altra direzione...Ma com’era possibile che qualcuno, in un ambiente in cui i suoi stessi passi erano attutiti al massimo, potesse avvicinarglisi alle spalle? Avrebbe dovuto complimentarsi, prima di...

Una bambina?

Una bambina di sei anni al massimo, bianca, dai capelli biondi, che, assurdamente, indossava una giacchetta rosa da neve, e portava un berretto di lana conico. Il suo volto era spaventato, la sua voce pietosa nel suo smarrimento. “Mi può aiutare, signore? Mi sono persa.”

Poi, la bambina avanzò verso l’eroe.

 

“Molten comincia a perdere colpi. Avvertite Midnight Sun perché lo rimpiazzi. Ripeto...”

“Ti sentiamo forte e chiaro. Lo avverto subito.” Fusione ringraziò tutte le divinità per i sistemi di comunicazione mys-tech. L’etere era talmente incasinato, che nessun mezzo di comunicazione funzionava. Il più grande spettacolo del mondo, e gli avvoltoi dei media erano a becco asciutto!

“Signore?”

Joystick, che stava sorbendosi una sospiratissima tazza di tè, quasi si strozzò.

“E tu da dove salti fuori?” chiese Fusione, rivolto alla bambina in completino invernale che si trovava sulla soglia. Se era una parente di Hector, non si vedeva assolutamente...

“Puoi aiutarmi, signore? Mi sono persa.” Non camminò, ma corse in avanti, a braccia protese, in cerca di aiuto. Verso Blank.

Era surreale, così improvviso che Fusione Joystick non reagirono neppure –il primo perché, in quanto padre di famiglia, non poteva, in quel momento, pensare ad un bambino come ad una possibile minaccia. La seconda, perché, da qualche parte nella sua mente, l’idea di colpire un bambino, sprecare una giovane vita dopo l’enormità di quanto successo in così tanti conflitti recenti, dalla Slorenia alla II Guerra dei Mondi, era inconcepibile.

Fortunatamente, la decisione fu presa per conto loro da qualcun’altro: da un maschio adulto di pantera nera. 90 Kg per 2 mt di muscoli tesi come acciaio. Un attacco di tale velocità, che la bambina ebbe giusto il tempo di percorrere un metro verso il suo obiettivo, prima di venire colpita e scaraventata dall’altra parte della stanza.

“Figlio di...Cos’hai..?” Joystick materializzò due solidi bastoni acuminati di pura energia dalle unità ai polsi. Ma prima che potesse scattare in difesa della bambina...

 

Molten era il più vicino, e fu travolto dall’esplosione, che lo investì con una pioggia di schegge di vetro, mattoni e calcinacci!

I demoni esultarono, anche se, per ora, le difese mistiche tenevano.

“Ma vaff...” L’uomo dorato si alzò in piedi, sballottato più dalla sorpresa che dal botto. “Capo, che diavolo..?”

Warwear rispose, “Non ti fare distrarre! L’attacco dall’interno è iniziato!”

 

“JANICE!”

Ma Fusione non aveva bisogno di urlare. A parte un fastidioso fischio nelle orecchie e un nuovo make-up cinerino, lei stava bene. L’ultima cosa che ricordava, era una gran luce bianca, poi quel tremendo calore...

Lì per lì, la donna era ancora disorientata. Poi, si accorse della figura in nero. “Sun..?”

Midnight Sun stava in piedi davanti allo Sciacallo Dorato. E lei capì: il guerriero aveva fatto da scudo, usando il mantello!

Joystick spostò la testa...e vide la pantera. L’animale ricambiò lo sguardo con profondi occhi verdi...Poi, la pantera sembrò dissolversi, mutare,

per diventare Hector! “La ‘bambina’ era un robot,” disse, con la sua voce baritonale, mentre si spolverava la giacca. “Programmata per esplodere entro una data distanza dalla sua vittima. Fu creata dalla precedente Lady Sterling per uccidere Devi[xiii]l insieme ad un piccolo esercito di suoi simili. La padrona sospettava che non tutti fossero andati distrutti.”

“Magnifico,” disse Fusione. “Quindi, quanti altri dobbiamo aspettarcene?”

“Scoprirlo tocca a lei, signor Markley,” rispose Hector. “La mia padrona ha convocato la Justice, Inc. per questo.” Allo sguardo esterrefatto di Joystick, l’uomo-felino disse, “I suoi colleghi hanno lo scopo di impedire che le succeda qualcosa durante la ricerca e disattivazione delle ultime unità robotiche. La mia padrona ha molta fiducia nei suoi talenti di engineering.”

“Tutto questo è molto interessante,” giunse la voce di Molten. “E non potevate dircelo prima?! Etustaibuono, &%$*!” seguì il grugnire addolorato di un demone.

Hector era assolutamente imperturbato. “per qualche ragione, qualcosa impediva la localizzazione dei robot. Ora che sono venuti allo scoperto, è indispensabile catturarne uno senza attivarne la detonazione. Poiché i robot sono linkati fra di loro, localizzare gli altri dovrebbe essere facile.” Fece un mezzo inchino. “E ora, se volete scusarmi, devo fare pulizia e preparare il pranzo.” Ed uscì, lasciandosi dietro un paio di eroi molto, molto sorpresi.

Midnight Sun fece cenno a Fusione di avvicinarsigli. Il mutante lo fece...e appena furono vicini, entrambi sparirono in un lampo di teletrasporto!

 

“Signore?” Il robot vagava per l’ala oscura, una perfetta replica della povera bambina che tutti vorrebbero aiutare. “Mi sono persa. Può aiutarmi?”

Le sue preghiere furono esaudire, sotto forma dell’apparizione, alla fine del corridoio, di Midnight Sun e Fusione. Iniziò a correre verso di loro.

Fusione rabbrividì –quelle cose erano identiche.

Ma lo stupore durò poco. Reagendo d’istinto, il mutante attivò i suoi poteri mentali per raggiungere l’intelligenza artificiale della macchina, come già aveva fatto in Slorenia[xiv]. Non aveva tempo da perdere! O riusciva adesso a ‘persuadere’ quella bomba ambulante adesso, o...

La ‘bambina’ si fermò a un metro dalla sfera d’azione. Si mise sull’attenti, perfettamente immobile.

Markley si sentiva il cuore uscire dalle costole. “Grazie per la fiducia, ragazzo...ma se lo rifai, ti uccido.”

In risposta, M’nai indicò il robot con la testa.

 

Capitan Power disintegrò un altro paio di demoni a colpi di raffiche ottiche. “Gente, c’è un solo modo per garantirci una tregua: mettetevi al riparo!”

Warwear si era abituato a dare retta a quel particolare tono di urgenza, e a fidarsi. Senza pensarci su due volte, attivò il dispositivo stealth, lasciandosi dietro stormi di demoni molto perplessi.

 

Molten quasi non si reggeva in piedi, ormai –Cristo, erano 20 ore che combatteva! Fu perciò con molto sollievo, che vide i demoni volare via en masse verso Capitan Power...No, verso un intero sciame di Capitan Power! Improvvisamente ce n’erano a dozzine!

Non stette a chiedersi come aveva fatto. Gli bastò usare i muscoli un’ultima volta per mettersi al riparo di un massiccio portico in granito. E pregare per il meglio.

 

Quello che stava per fare non era uno sforzo indifferente. E il peggio era che rischiava di compromettere la tenuta del campo di vuoto già disperso intorno al maniero. Purtroppo, non c’erano alternative!

Capitan Power si moltiplicò. Copie e copie dell’eroe si manifestarono un po’ ovunque, ognuna di essere un’esca irresistibile. Tutte si allontanarono, troppo veloci per essere prese, lente abbastanza da farsi inseguire. E i demoni, ciecamente attratti dall’improvvisa abbondanza di prede, li seguirono urlando. Perfetto!

A quel punto, tutte le copie di Capitan Power esplosero come una sola!

 

Alcuni dei gadget di Fusione non erano solo armi, bensì i componenti di un vero laboratorio portatile d’analisi di emergenza.

Il mutante aveva da poco iniziato l’analisi dello schema del robot, silenziosamente complimentandosi non poco col genio del suo creatore...Quando si udì il tremendo tuono. Un secondo dopo, arrivò il tremore! “Oddio..!”

 

Teoricamente, il campo di vuoto poteva reggere in eterno: il ‘generatore’ era in realtà un’interfaccia dimensionale con una zona di nulla assoluto. Non si trattava di un’energia, ma di uno stato.

Il guaio era che non si poteva mantenere aperto un simile contatto per un tempo indefinito. Era per questo che il ‘generatore’, ogni tanto, si spegneva: era una condizione obbligata per evitare una transizione del nulla verso l’Universo e viceversa. Quando Garolfo aveva potenziato il generatore, non aveva allungato i tempi di contatto, ne aveva solo rese più versatili certe applicazioni.

Quando l’esplosione giunse, fu solo un caso che il campo di vuoto cessò di funzionare nello stesso momento.

Il guaio è che, ai fini degli effetti di tale fenomeno, non faceva alcuna differenza.

 

Joystick vide Blank tornare visibile.. Per un momento, le venne un mezzo colpo...Per poi ripensarci.

La sua espressione passò dallo sgomento, ad un qualcosa venato di malizia. In fondo, cosa poteva importarle di quel perdente piagnucoloso? Anzi, cosa poteva importarle di chiunque non fosse lei stessa? Lei era una guerriera del Grande Gioco, una Signora del Male...

Joystick si voltò verso la finestra. C’era un intero mondo pronto da depredare, là fuori!

Fece un salto verso la finestra...Solo per essere intercettata da un paio di colpi-laser!

“Mi dispiace, bella, ma credo che sia il caso di tenerti al tuo posto,” disse Blank, sperando che i neuro-colpi non fossero stati troppo forti.

Non lo furono: scattando in piedi lei stessa, Janice rispose con un sorriso assassino. “Provaci, cocchino.”

Non distante, Hector, impegnato a spazzare il pavimento dal casino fatto dal robot, fece un verso schioccante di dissenso. Questi super-esseri! Se avessero avuto un’idea di quanto fosse difficile reperire i mobili e le suppellettili per quella casa!

 

Improvvisamente, Fusione ebbe paura. Signore Iddio, stava manipolando una bomba le cui specifiche gli erano sconosciute! Che diavolo gli aveva preso, per infilarsi in quel casino?!

La mano gli tremò, mentre l’allontanava dal complesso di circuiti. Suo figlio, doveva pensare a suo figlio, non a rischiare la vita per...cosa? Soldi? Ridicolo! Quelli poteva farli con i suoi poteri, col minimo rischio!

Midnight Sun vide Fusione alzarsi in piedi, con movimenti lenti, mentre borbottava qualcosa apparentemente rivolto a sé stesso –non c’era dubbio, il suo compagno era diventato vittima dell’effetto-Inferno! Lui stesso sentiva la propria mente percorsa da sensazioni maligne, le stesse che aveva provato durante la sua carriera criminale...

Sensazioni che, cionondimeno, aveva imparato a dominare –perché le aveva accettate come una parte della sua vita passata, un sentiero da non ripercorrere più.

Senza esitazioni, Midnight Sun fece l’unica cosa logica. Un solo pugno, e stese Fusione.

 

“Veloce proprio come un ratto, bello. E altrettanto codardo! Sai fare qualcos’altro, che evitare i colpi?”

Eddie non sapeva più come comportarsi. Il nuovo giubbotto ed i pantaloni erano trattati con fibre di kevlar ed adamantino. Senza quelle, sarebbe stato già fatto a pezzettini! Adesso sì che si pentiva di non avere voluto anche una maschera: le braccia cominciavano a fargli male a furia di pararsi da quei pazzeschi bastoni di energia…

Eppure, gli schemi protettivi di Eddie non erano casuali. Lui aveva pur sempre vissuto gran parte della sua vita sulla strada. Imparare a difendersi era la prima cosa che si imparava, nella giungla d’asfalto. E lui stava solo aspettando il momento giusto, quel secondo di distrazione fatale che gli avrebbe permesso di fare breccia in quel tornado scatenato ma completamente scoordinato… Ora! Nel momento in cui lei decideva di tentare un approccio diverso, colpendolo contemporaneamente alla testa ed all’inguine. In quel momento, il suo volto era scoperto.

E lui, che le pistole non le aveva mai lasciate andare, le sparò un neuro-colpo direttamente in fronte.

Joystick fu presa da una serie di spasmi, la bocca spalancata in un’espressione comica. Svenne un secondo dopo.

Femmine!

 

M’nai fece per attivare la comunicazione con il QG –a questo punto, la missione era compromessa. Warwear possedeva i mezzi, ma non la conoscenza...senza contare che, senza la Protezione di Anubi, c’era una seria possibilità che...

Una mano gli si posò sulla spalla. Era Hector. “Non sarà necessario. La Padrona aveva previsto una simile eventualità. Si faccia da parte, per favore.”

M’,nai lo fece. Il monumentale uomo si inginocchiò su Fusione. Estrasse dalla tasca una sorta di medaglione –M’nai non era familiare con la magia occidentale, e non riconobbe il Caduceo –un lupo ed un drago rampanti, intrecciati fra loro, le ali del drago e la coda dei due animali fusi entro un cerchio che circondava entrambi.

Hector cantò poche parole in una lingua sconosciuta. Una luce si diffuse dal Caduceo, e come un liquido essa si diffuse lungo tutto il corpo di Fusione.

Quando la luce fu completamente assorbita, l’uomo si risvegliò. “Cavoli, che mal di testa...” si massaggiò nel punto dove era stato colpito. “Ma cosa è succe...?”

Un ronzio di circuiti attirò l’attenzione generale. Il robot parlò! “Signore?”

Di nuovo, Midnight Sun fu più veloce.

 

Inferno, giorno 3. Ore 13:00


Warwear stava cercando di decidere se rianimare Molten o meno. Non gli era piaciuto dovere tramortirlo, ma il poveraccio stava completamente dando fuori di matto, blaterava qualcosa sull’Uomo Ragno, vendetta ed altre assurdità. Senza contare che nel suo stato di esaurimento, sforzarsi ulteriormente avrebbe potuto avere conseguenze fatali!

Parnell sospirò. C’era solo da sperare che adesso...Uh?

Improvvisamente, la Cappa delle Ombre nel cielo iniziò a rimpicciolirsi! E, contemporaneamente a quel fenomeno, le orde di demoni nel cielo iniziarono a fuggire verso la loro porta verso casa!

Il miracolo era avvenuto!

E, di sotto, una nuova esplosione scosse Villa Sterling!

Bestemmiando, Warwear prese Molten in braccio, e si diresse verso la colonna di fumo che ora si levava da un’ala...

 

Il cielo era tornato a splendere della sua luce naturale. Nella città, percorsa da colonne di fumo e concerti di inutili allarmi, la gente cercava di iniziare a tirare le somme di una follia che non sarebbe stata tanto facilmente dimenticata.

Negli uffici della JI, il CdA ascoltava il rapporto di Fusione da Villa Sterling.

 

“Ho salvato quanto potevo degli schemi di costruzione,” disse il mutante. “Le mie attrezzature hanno fatto in tempo a rilevare un sistema di teletrasporto all’interno del robot. Era così che arrivava nel maniero. Quanto al costruttore, e al luogo di provenienza, si accettano scommesse.

Angela annuì. “Avete fatto un buon lavoro, signori. Rientrate alla base per un meritato R&R. Ricordate: tra 48 ore, dovremo ritornare alla nostra missione interrotta: rimuovere dal mercato della droga il D-K ed il suo produttore, insieme alla rete di distribuzione.”

Spense la comunicazione, chiedendosi distrattamente il perché dell’attacco –da quello che aveva detto Hector, Miss Sterling sapeva che sarebbe avvenuto, e si era organizzata per pararlo. Ma le ragioni, quelle vere, restavano sconosciute. Per giunta, solo un paio di robot erano stati utilizzati. Perché? Con un sistema di teletrasporto tale da funzionare anche durante la crisi Infernale, usarne anche solo una dozzina avrebbe ridotto Villa Sterling ad un cumulo di macerie...

La donna incrociò i polpastrelli davanti alla bocca. Una cosa era certa: aveva la precisa sensazione che la JI ed il creatore di quelle bambole assassine avrebbero nuovamente incrociato la strada...

 

Episodio 9 - Questioni di etica (III parte)

 

In volo sulle acque al largo della California.

 

L’apparecchio era un modello della famiglia del famoso Quinjet dei Vendicatori. La sua appartenenza all’ultima generazione di eroi a pagamento era indicata dal logo ‘JI’ verde/rosso dipinto sulla timoniera e le ali.

 

A bordo, la formazione al gran completo:

Ø  Warwear, teamleader, vestito della sua armatura vivente a tecnologia Eidolon, ai comandi.

Ø  Tigra, la donna-felino, nella sua armatura mistica forgiata dai suoi antenati[xv]

Ø  Sabre, cioè Jack Russell, licantropo per eredità familiare, ulteriormente maledetto da un’amnesia totale sul proprio passato.

Ø  Joystick, ex supercriminale e mercenaria ancora prima di unirsi alla JI.

Ø  Fusione, mutante con il potere di influenzare la percezione.

Ø  Molten, altro supercriminale sulla strada della piena redenzione.

Ø  Blank, criminale di mezza tacca ma dotato di una preziosa tecnologia.

Ø  Midnight Sun, il muto guerriero senza una patria.

Ø  Capitan Power, il più potente membro del gruppo.

 

“Ci siamo,” disse Warwear, alla vista della loro destinazione: un’isola vagamente a forma di stella. Una fitta foresta seguiva grezzamente quel contorno, delineandosi come una stella interna. E, al centro della foresta, nel punto di più alta elevazione dell’isola, stava un palazzo marmoreo, piramidale, dalla cima tronca.

“Atteniamoci strettamente al programma, signori,” proseguì l’ex-marine. “A me toccherà occuparmi dei sistemi informatici e di comunicazione, per isolare la locazione. Voi vi occuperete del resto della baracca. Che non ne rimanga un mattone in piedi. La forza letale è autorizzata, ma cercate di recuperare qualche candidato per il processo a venire. E ricordate: la rapidità è prioritaria. Domande?” Ripetere le istruzioni era un’abitudine presa durante la sua carriera militare. Ma, per quanto potesse sembrare inutile, restava la migliore prevenzione contro gli errori…

“Solo una,” disse Joystick, osservando l’isola con sguardo da puma. “Siamo sicuri che il D-K sparirà per sempre dal mercato, dopo quest’operazione?”

D-K. Dinosaur-Killer, l’ultimo ritrovato in fatto di droghe sintetiche. Nominato in onore all’asteroide che innescò la fine del Cretaceo, trasformava il consumatore in una macchina invincibile, dotata di forza, riflessi e lucidità ben oltre i normali parametri umani…Poi, se quel consumatore era fortunato, sopraggiungeva la morte da down, essendo stato il corpo e la mente totalmente deprivati di ogni forza residua per funzionare anche solo al minimo necessario. Un asteroide potente, che esplodeva all’impatto, poi più nulla.

“Le elaborazioni di Seldon sono abbastanza chiare, in merito,” disse, dal quadro comandi, la voce di Garolfo Riccardo degli Abruzzi, membro del CdA della Justice Inc. “Così com’è, il D-K genera un mercato senza margini di profitto. La sua fama si era già sparsa per le strade prima dell’Inferno. Solo una stretta minoranza di disperati, di aspiranti suicidi, voleva avere a che fare con quella roba.

“Possiamo escludere tranquillamente lo scenario di ‘fase sperimentale’: ormai, nessuno sano di mente, per quanto si possa dire di un tossicodipendente, vorrà iniettarsi il D-K sotto qualunque forma, ed è più facile che lo spacciatore venga denunciato o ‘disposto’ all’istante.

Seldon sta ancora elaborando le ragioni dell’immissione del D-K, ma gli indizi sono del tutto insufficienti, finora. Quello che è certo è che la tecnologia utilizzata, il modo ed i tempi di spedizione…tutto porta all’isola che appartenne ad Alden Maas, il padre di numerosi personaggi per bambini e creatore di Wonderworld.”

Maas soffriva di un raro male genetico,” disse la voce di Dollar Bill, “che lo faceva invecchiare ad una velocità accelerata. Comprò ed usò quell’isola per isolarsi dal mondo, circondato da avanzate tecnologie che lo tenessero in vita. Con la sua morte[xvi], l’isola è rimasta disabitata. Nessuno l’ha comprata, forse anche per non offendere la memoria di un uomo che non ha lasciato eredi della sua industria dell’intrattenimento. Vedeste in che stato di abbandono si trova Wonderworld! Da piccolo ci…Ouch!”

“Signori,” disse la voce di Angela Cleaver, con un borbottio irritato di Bill in sottofondo, “c’è una variabile impazzita: la formula del D-K può essere usata per creare una variante più innocua, che non uccida il consumatore. Possiamo solo essere certi che il D-K scomparirà dal mercato. Per il resto, resta solo da augurarvi buona fortuna.”

“Solo per abitudine, naturalmente!” si affrettò la voce del PR e contabile dell’’azienda’. “Noi tutti ci fidiamo senza fallo delle vostre capacità…OUCH!”

“Siamo sulla verticale,” disse Warwear. Sotto l’elmo, sorrise. “Apriamo le danze!”

 

Il Quinjet si fermò, sospeso dalle sue turbine SF-Mendelson H-111, gli sportelli si aprirono, e l’attacco ebbe inizio!

Non ci fu alcuna resistenza da parte del ‘nemico’.  Si sparpagliarono: Warwear si diresse verso il palazzo principale. A terra, un bagliore fra il verde segnalò l’arrivo di Midnight Sun. Capitan Power sfrecciò come un missile verso una punta dell’isola, dove sorgevano il porto e una specie di cittadella eretta intorno ad esso.

 

Il Quinjet, con i suoi membri non volanti, atterrò sulla pista dell’eliporto. I Giustizieri uscirono in tre coppie –Joystick e Blank da un lato, Molten e lo Sciacallo, Tigra e Sabre, dall’altro.

“Quando Bill parlava di decadenza, non scherzava mica,” disse Joystick, uscendo, già impugnando due mazze spinate energetiche. Costerà un casino ripulire ‘sto disastro.” In effetti, le strutture erano, nel migliore dei casi, ricoperte di rampicanti , con i sentieri e le strade crepate dai craterini da cui spuntavano duri ciuffi d’erba.

Sabre aveva messo i sensi sull’allerta appena uscito all’aperto. Niente esseri viventi, a parte la fauna, nelle vicinanze, però…Pochi istanti, e la sua attenzione fu convogliata verso un cespuglio della filiera che circondava la base della piattaforma per gli elicotteri. Lo indicò. “Quello lì. Le foglie sono finte.  E anche…” poi, udì il sibilo di un portello aprirsi, seguito dal ronzio.

Fusione attivò la speciale visiera del suo elmo. Ebbe una chiara visione di quello che stava dentro il cespuglio! “Una trappola!”

L’ebbe appena pronunciato, che l’intero gruppo si trovò avvolto da un campo di forza…Poi, seguì il gas, e il mondo si fece nero…

 

Il canale di comunicazione era aperto, e Capitan Power fu il primo a rispondere alla parola ‘trappola’. Si voltò, e si diresse verso i compagni…Del resto, non era che avesse molto da fare, dove stava ora: il molo era senza dubbio abbandonato, decorato solo da tristi finti galeoni dei pirati e un sottomarino tascabile, una replica di un celebre sottomarino della II Guerra Mondiale, e…Uh?

Uno scintillio, sotto la superficie dell’acqua. Dalla chiglia del sottomarino…

Cap ebbe appena il tempo di individuare la fonte di luce, prima di essere colpito da una scarica ionica! Colto di sorpresa, l’eroe fu stordito come da una mazzata. Aveva appena iniziato a cadere, che una salva di missili dall’acqua lo centrò in pieno, facendolo scomparire in una nuvola di fuoco e fiamme…

 

Il soffitto del palazzo esplose, e Warwear fu dentro.

L’ambiente non era cambiato molto dal rapporto della Cleaver: distruzione totale. Pareti d’acciaio rinforzato, travi di cemento armato…Quel posto aveva subito il passaggio del più grande e forte dei mostri dell’Uomo Talpa, tempo addietro, e si vedeva!

Warwear iniziò una scansione sommaria…Nessun segno di attività elettrica, nessuna emissione da alcun livello della mappa fornita dal CdA.

Quindi, l’attività si svolgeva a livelli ancora più bassi…Camminando, il mercenario era arrivato alla stanza che fu, a suo tempo, il cuore del Progetto Nucleo. Attraverso i pannelli, si vedeva il ‘cannone nucleare’ che avrebbe dovuto servire, a dire di un uomo delirante per la propria malattia, ad incrementare la temperatura del nucleo terrestre. Un incremento che avrebbe attivato l’espansione della crosta terrestre, regalando più spazio ad un mondo sovrappopolato. Follia pura!

Il cannone puntava verso il centro della terra. Non si vedeva la fine del ciclopico pozzo…Posto ideale, per giocare a nascondino…soprattutto ora che la sorpresa era perduta!

Assicuratosi che l’area del pozzo fosse libera, Warwear si gettò di sotto.

Arrivò a superare i 200 metri, prima che una serie di poderose esplosioni squassasse la volta rocciosa! Ebbe giusto il tempo di vedersi arrivare addosso una frana monumentale!

 

“Vogliate scusarmi per il maltrattamento, signori,” disse la voce, attraverso una nebbia d’ovatta e inchiostro. “Era necessario assicurarmi di mettervi in condizioni di non nuocere all’andamento dei miei piani senza uccidervi. Non ci tengo molto, a spargere il sangue di eroi…anche se ‘ambigui’ come voi mercenari.” La nebbia iniziò a diradarsi. La voce suonava con un’eco tipica di una stanza chiusa, ampia. C’era odore di metallo dappertutto, di gas di luci; calore di lampade forti, al soffitto…

Sabre si riebbe per primo. Si sentiva dei mattoni al posto del cranio, e piombo nel sangue. Cionondimeno, voltò la testa ad osservare gli altri, che a stadi pure stavano recuperando i sensi.

“Immagino che abbia funzionato…” disse Joystick, indecisa se vomitare o meno. “La prossima volta, facciamo irruzione e basta, che ne dite?”

“Era vostra intenzione farvi catturare?” la voce maschile veniva da un altoparlante al centro del soffitto. “Sono ammirato due volte, dico sul serio. Un piano ardito, che merita ancor più un’adeguata ricompensa.”

Un cancello ostruiva il solo ingresso alla cella. Il cancello si aprì con un sibilo pneumatico. “Seguite la strada, e avrete il diritto di incontrarmi personalmente. Naturalmente, per allora, il mio piano sarà entrato in piena operatività, e la mia fine per vostra mano sarà diventata irrilevante.”

Il gruppo osservò il corridoio davanti a loro: la sola loro via d’uscita era un budello bianchissimo, illuminato da una striscia continua di luci feroci lungo il pavimento. Il gruppo si scambiò delle occhiate d’intesa. Naturalmente, puzzava di trappola. Naturalmente, in altre condizioni, avrebbero dovuto giocare alle condizioni del loro misterioso ed imprevedibile ospite.

Naturalmente, il loro misterioso ed imprevedibile ospite non aveva tenuto in considerazione i loro trasmettitori, progettati per funzionare su una frequenza subspaziale, e che delle più solide pareti se ne facevano un baffo.

“Midnight Sun, puoi farti avanti,” disse Fusione.

Istintivamente, Fusione si picchiettò l’elmo. “Sun, è giunto il momento.”

“Credo di essermi dimenticato di avvertirvi,” disse il misterioso ed imprevedibile ospite, con il sorriso nella voce. “Ho preso ogni precauzione per tenere occupati anche i vostri più potenti compagni di squadra.”

 

Una verità che M’nai stava verificando sulla propria pelle!

Era ridicolo, pensò, sbattendo contro una roccia, mandandola in pezzi. Lui era stato addestrato da Fu Manchu, potenziato dai Kree, ed aveva affinato la sua coordinazione mente/corpo presso i guerrieri della Famiglia Reale degli Inumani.

Era peggio che ridicolo, era umiliante prenderle da un gruppo di androidi simili a grossi topi caricaturali!

Erano in sette, sette creature dall’espressione allegra e vestiti a colori vivaci con gli stessi, identici abiti sformati che stavano loro larghi. Goffi d’apparenza, veloci e letali di fatto.

Midnight Sun si alzò in piedi, mettendosi in posa. Come gli Ultron, in Slorenia, queste creature erano silenziose. Il che gli andava benissimo.

Due robot attaccarono ai lati. La prima volta li aveva sottovalutati. E per quanto potessero essere veloci, lui lo era di più: un pugno sfondò il cranio di quello a destra, e un calcio la testa di quello a sinistra. Allo stesso tempo, raffiche laser ottiche avvolsero il corpo del guerriero! Per un momento, solo per un momento, Midnight Sun sembrò andare a fuoco

Poi, Midnight Sun iniziò ad avanzare verso i suoi aggressori. Per quanto le scariche potessero fondere il metallo, erano acqua fresca contro un corpo rinforzato per battersi contro Silver Surfer in persona…

Finalmente, realizzando di non avere una chance, i robot cercarono di disperdersi. Midnight Sun non ebbe neanche bisogno di usare il teletrasporto: fu abbastanza veloce da prenderli uno dopo l’altro, e farli a pezzi.

 

Solomon Towers, New York City

 

Seldon ha lavorato con gli indizi disponibili, Angela. La possibilità che l’isola fosse una trappola era stata contemplata, ma è anche vero che non si sapeva dove potesse trovarsi il vero laboratorio e centro di distribuzione.”

Angela ascoltò lo sfogo di Garolfo con mezzo orecchio. La cosa che più le rodeva era di avere spostato tutto il volume di fuoco della JI a caccia di farfalle! Si era comportata come una dilettante, e ne aveva passate abbastanza da essere immune da simili colpi di testa…almeno così credeva…

Dentro di sé, la donna sospirò: quello che era fatto, era fatto. Evidentemente, l’Inferno l’aveva scossa più in profondità di quanto si fosse aspettata, annebbiandole il giudizio…

L’illuminazione arrivò inaspettata! La donna si irrigidì, gli occhi spalancati. Stupida, proprio stupida! “Garolfo, dai qualche nuovo dato in pasto a Seldon. Prova a fargli elaborare la possibilità di un qualche collegamento sotterraneo fra l’isola di Maas e Wonderworld.”

Chiunque avesse avuto accesso ai mezzi di Maas dopo la sua morte, poteva benissimo avere avuto a disposizione i mezzi per scavare un collegamento fra le due locazioni –sarebbe stato comunque meno impegnativo dello scavo del pozzo per il Progetto Nucleo!

L’Italiano stava già immettendo i nuovi dati, folgorato dalla stessa idea.

La risposta giunse a breve.

 

Un bosco incantato. Il bosco incantato di La Bella ed il Re Nero, per la precisione. Una simulazione perfetta quanto impegnativa!

Animaletti-robot, gli stessi che anni prima avevano commosso e divertito milioni di bambini ed adulti, si erano levati come un’armata contro i Giustizieri, costretti a seguire un sentiero di sassi che era il percorso del corridoio, mentre dovevano difendersi da attacchi che avrebbero ucciso un uomo normale…

Un cervo dalle corna d’oro trovò un’apertura nella formazione, e si gettò al galoppo contro Fusione, gridando, “Muori, marrano! In nome del Regno Magico!”

SLLASH! Un’artigliata di Sabre gli squarciò la gola e le connessioni neurali.

“Non sopporto le prede che si montano la testa,” commentò il licantropo, prima di dedicarsi ad una strega foruncolosa in blu che insisteva a volergli offrire un’arancia sospetta. Prima di venire decapitata, il simulacro ebbe modo di dire, “Gioventù scellerata! Che tempi!”

Joystick doveva ammetterlo: odiava combattere in quella situazione –con quel film, ci era quasi cresciuta! Ogni colpo dei suoi bastoni contro un passerotto o, peggio, contro il vecchio Gufo Ernesto, le dava l’impressione di stare prendendo a calci la propria infanzia! Se becco il troione che ha organizzato questo scempio, lo faccio a pezzi e poi lo uccido!

Tigra, per conto suo, se la stava spassando un mondo, saltando letteralmente di albero in albero a fare scempio di scoiattoli –aveva accumulato non poca frustrazione, nel Limbo, e aveva proprio bisogno di una bella rissa! E poi, come negare ad una gatta tutti quei bei roditori??

“Ci siamo quasi, gente,” disse Fusione, tutto intento su un palmtop. Il display al plasma mostrava una nuda schematica del corridoio, costellato di portelli da cui uscivano i componenti di quell’ambiente folle… “Bingo! Portello di manutenzione a ore 2.”

Molten si avvicinò ad un punto occupato dalla base di un dirupo. “Vuoi dire qui..EHI!”

Improvvisamente, una gragnuola di frecce piovve sui Giustizieri –dalla cima del dirupo, per la precisione, dove ora si trovava una banda di arcieri in tuta verde e berretto a punta con una penna bianca.

“*Cayy!* Sabre fu colpito alla spalla da una freccia –niente di grave, comunque, essendo lui quasi invulnerabile agli attacchi non-mistici.

“Con tanti saluti al ‘non recherai danno’,” disse Joystick, rispondendo con la stessa velocità degli attaccanti. Si mise in posizione, puntò le braccia, settò i generatori energetici ai polsi…e sparò una raffica di frecce di energia coerente. Gli arcieri esplosero come tanti grani di popcorn. Lei annuì. “Questo dovrebbe darti il tempo di…Sì, Molten?”

Lui l’aveva interrotta picchiettandole la spalla. “Ben fatto, ma se ora ti spostassi, potrei finire il lavoro. Hm?”

Ops,” fece lei, obbedendo. Molten levò il pugno.

KRRRAMM! La parete andò in pezzi come cartapesta. I Giustizieri si trovarono a contemplare un budello adatto al massimo a contenere due persone. Il budello si stendeva in avanti, perpendicolarmente al corridoio, fino a una porta scorrevole.

Fusione ricorse nuovamente al suo ‘lettore’. Senza dubbio, quella oltre le porte era una cabina d’ascensore. “Nessuna traccia di trappole. Direi che possiam*eep!*” l’ultimo verso gli venne spontaneo, non appena una mano lo tirò indietro, per il collo, alquanto bruscamente.

“Credimi, quando le cose sembrano andare bene, allora è proprio il contrario,” fece Blank.

“Ma non mi dire!” strillò Joystick, che insieme agli altri faticava a tenere a bada l’orda. “Questi si sono scatenati! Se hai in mente qualcosa, fallo!”

Blank annuì. Sospirò, e procedette da solo lungo il corridoio… E pochi passi dopo si ritrovò investito da un torrente di raggi laser. Senza il campo di vuoto, sarebbe finito a fette

“Ma…” Fusione ebbe voglia di vomitare. I suoi gadget erano stati implementati con tecnologia Mys-Tech. Come aveva fatto a sfuggirgli… “Magia. Questi figli di buona donna fanno uso di magia!” fece volare le dita sul suo gadget. “Ma se credono di fare meglio del sottoscritto…”

 

“Basta che faccia presto,” disse Tigra, che stava cominciando a stancarsi. Gli aggressori erano diventati una massa colorata, caotica, fatta dei personaggi più disparati nati dalla fantasia di Alden Maas. E, ora, non stavano cercando di trattenere i Giustizieri, bensì di ucciderli.

Tigra comprese che era ora di giocare duro sul serio. Si concentrò, rimosse tutti i suoi blocchi mentali, lasciando libero sfogo al suo lato più feroce…

In un attimo, il corpo umano dalla pelliccia arancione tigrata fu sostituito dal corpo di un’enorme belva quadrupede degna in tutto e per tutto del nome di ‘Tigra’. Come un fulmine, la predatrice seminò scompiglio e morte fra i ranghi, che non sapevano come comportarsi con questo inaspettato sviluppo. Avevano perso l’iniziativa.

“Era l’ora, per &%$@!” Joystick aprì al massimo i generatori, e ci diede dentro con raffiche energetiche che ampliarono i varchi nell’orda. La posta era stata alzata, ma almeno voleva dire che loro erano sulla pista giusta…o, almeno, erano ancora in tempo per fermare il loro anfitrione.

 

Il potere mutante di Fusione consisteva nella telepatia, una dote che lui aveva saputo affinare fino a sapere raggiungere le intelligenze artificiali. Ora, se anche la magia usata per nascondere i circuiti ai suoi strumenti era efficace, così non era per la sua mente. Concentrandosi, Robert Markley trovò i circuiti che gli interessavano. Non importa quanto fossero complesse le loro funzioni, alla fine tutto si riduceva a ‘acceso’ e ‘spento’.

Non è difficile immaginare quale funzione Fusione scelse. “Signori, pronti ad andare a fare del male a qualcuno?”

 

Warwear, ci ricevi? Passo.”

Jacobs non ci credeva: c’era un maledetto labirinto, là sotto. Lui si sentiva, no, era come un moscerino nella più grossa forma di gruviera del mondo! Per quanto potenti i suoi scansori, essi non poterono che confermargli di stare girando a vuoto nel mezzo del nulla. L’unica certezza era che, a qualche centinaio di metri più in basso, si trovava il Regno dell’Uomo Talpa, e non ci teneva per niente a scatenare una nuova crisi!

“Vi ricevo forte e chiaro, base. Comincio a sospettare di avere bisogno di aiuto.”

“Ne avevi bisogno da un bel po’, mister,” sbottò la voce di Letitia Frost. “In quanto teamleader, devi essere in grado di mettere da parte l’orgoglio. Ma il danno è fatto. Compi un’inversione a ore 9, e segui le coordinate che ti stiamo trasmettendo.” Una cascata di dati e diagrammi riempì la visione di Warwear.

“Download positivo, base. Cosa ne è degli altri?”

Loro glielo dissero. Warwear bestemmiò pesantemente a denti serrati. “Garolfo, stime di successo per il gruppo principale?”

“Quali che siano, per ora, è irrilevante,” disse Angela. “Tu, Midnight Sun e Capitan Power vi dirigerete alla volta della vera fabbrica del D-K. È un ordine.”

“Ricevuto, base. Passo e chiudo.” Accelerazione massima, e il mercenario scomparve nel buio budello.

 

“Speriamo che non sia minato anche questo,” disse Sabre, guardando mestamente il soffitto della cabina. L’ascensore si muoveva velocemente, dolcemente.

“Preoccupatevi piuttosto di quello che ci aspetta dietro le porte,” disse Molten, teso davanti ad uno degli sportelli –ogni parete ne presentava uno! E solo lui era l’invulnerabile del gruppo…

L’ascensore si fermò. Il portello davanti a Fusione si aprì. Il mutante aveva in mano uno dei suoi omni-gadget. Un eventuale avversario sarebbe stato persuaso a vedere l’oggetto, simile ad un piccolo manubrio nero, come qualunque super-arma Fusione avesse desiderato…

Nessun avversario li attendeva, là fuori. Solo tanto, tanto verde, il cielo azzurro e dei gabbiani rumorosi.

Erano tornati sulla superficie dell’isola, poco distante dalla piattaforma di atterraggio. E il loro Quinjet era ridotto ad un ammasso di rottami fumanti.

“Ho sempre vantato un certo senso della…sportività, signori,” disse la familiare voce da un altoparlante. L’altoparlante era sito nella sorridente statuetta di una fatina rosa dei desideri da un altro film. “Se aveste fatto a modo mio, avreste avuto almeno la soddisfazione di potermi uccidere per quelli che credete essere i miei crimini. Così, invece, sarete tagliati fuori dai vostri…colleghi, fino al compimento del mio piano. E dovrete faticare non poco, per scovarmi, mentre passerò alla fase due.”

“Comincia ad assaggiare questa fase, brutto figlio di...!” Joystick lanciò una scarica contro la fatina, polverizzandola.

 

Ahh, gli eroi! Così impulsivi…Davvero, i bambini erano molto più recettivi. Ai miei tempi, naturalmente. Oggi…” l’uomo sospirò. Spense il monitor, e si appoggiò all’ampio schienale della sua poltrona. “Signor Jones?”

Un uomo, giovane, immacolato in un abito grigio firmato, da svariate centinaia di dollari, taglio di capelli biondi marziale, ordinato, si avvicinò con fare ossequioso. “Signore?”

“Signor Jones,” disse l’uomo, sollevando una mano guantata di bianco, “Siete pronti per la fase finale dell’Operazione Purgatorio?”

Il ‘Signor Jones’ annuì. “Il carico di D-K è stato effettuato. I mezzi sono partiti ai punti di distribuzione.”

L’uomo sorrise. Il suo volto era elegante, incorniciato da una folta capigliatura nera e da barba e baffi pure neri, appena spruzzati di grigio. Un volto abituato al sorriso, anche se presentava molte rughe che non avevano a che fare con la giovialità.

L’uomo vestiva interamente di un bianco immacolato, senza una piega, fino alle scarpe. Annuì, sospirando tristemente. “Avrei davvero voluto che ci fosse una soluzione migliore, per questa povera umanità…Ma non dobbiamo fermarci ora, signor Jones,” aggiunse, incominciando ad infervorarsi. “Questo è il momento di provare una volta per tutte che da un piccolo male può nascere una nuova civiltà, mondata dei suoi peccati. In un modo o nell’altro, io, Alden Maas, riuscirò a salvare l’Uomo da sé stesso.”

 

Episodio 10 - Questioni di etica (IV parte)

 

Isola Brightstar, al largo della California Meridionale.

 

In un film di James Bond, a questo punto qualcuno avrebbe trovato il classico battello dimenticato e perfettamente funzionante, con tanto di serbatoio ancora pieno -o magari pieno a metà, sufficiente a raggiungere l’immancabile vascello privato o la pattuglia della Guardia Costiera.

In un film di James Bond, i cattivi erano tutti immancabilmente dei tontoloni. Nella cara, vecchia realtà, invece, ce n’era qualcuno capace di pensare in anticipo e smussare gli angoli.

Questo qualcuno, nello specifico, era Alden Maas, proprietario dell’isola, fondatore di Wonderworld -il più celebre parco dei divertimenti del mondo- e creatore di un impero multimediale dedicato ai bambini ed agli adolescenti di tutto il mondo.

Alden Maas. Pubblicamente l’idolo dei buoni sentimenti, privatamente un pazzo furioso.

La sua prima impresa criminale fu il rapimento della Torcia Umana, dei Fantastici Quattro, per usarla come componente di un cannone al plasma[xvii]. Puntato contro il nucleo terrestre, il cannone avrebbe dovuto ‘accendere’ il nucleo stesso e costringerlo a generare un calore tale da espandere il corpo del pianeta. Una grossa stupidaggine, ma, appunto, Maas era pazzo. Soffriva di un male incurabile, la Sindrome di Noè, in virtù della quale, senza le adeguate tecnologie, sarebbe invecchiato fino alla morte in pochi anni.

Ma tutte le precauzioni del mondo, alla fine, non lo salvarono: Maas morì, e il suo Progetto Nucleo rimase solo un’impresa senza gloria nella vita della Torcia e del suo amico, la Cosa.

Ma Maas non era morto. In qualche modo, aveva ingannato il mondo. E mentre il suo impero economico collassava, lui usava le sue risorse per una nuova follia. Il risultato, fu, anni dopo, l’immissione sul mercato di una nuova droga sintetica: il Dinosaur-Killer, o D-K.

Il D-K portava il suo consumatore allo stato di massima potenza psicofisica. Massima lucidità, forza ed agilità moltiplicata. Come il meteorite che sterminò i dinosauri, il D-K ti trasformava in una fiammata visibile fino all’orizzonte…Poi, sopraggiungeva il down, uno stato di debilitazione tale da portare alla morte.

Perché Maas avesse deciso una simile azione, sfuggiva all’attenzione dei soli che potessero ostacolarlo, la Justice Incorporated. Gli eroi a pagamento erano stati assunti per fermare il produttore del D-K, prima che il suo veleno compisse una strage. Le investigazioni avevano portato non tanto a Maas stesso, quanto a Brightstar, ritenuta la base di produzione del D-K.

Alla fine, si era rivelata una trappola ben congegnata: l’isola era deserta, abbandonata da tempo. La fabbrica si trovava a Wonderworld. Ma quando la JI lo scoprì, sei dei suoi Giustizieri erano prigionieri sull’isola, il loro Quinjet distrutto.

Per ora, la sola speranza di successo della loro missione stava negli ultimi tre. Sfortunatamente per Maas, che si era imprudentemente rivelato, quei tre erano i più potenti elementi del gruppo. L’unica cosa che il magnate aveva dalla sua, era il tempo, e quello, per i nostri, si stava rapidamente esaurendo…

 

Erano passati 7 chilometri, da quando la roccia naturale aveva lasciato il posto alle pareti metalliche illuminate da un’unica fila di neon. Warwear stimò, in base alle informazioni dal CdA della JI, che mancasse appena un chilometro, ormai.

Gli altri dovevano essere già sul posto. Cosa avrebbero fatto, esattamente? Wonderworld era un posto grande. I suoi detrattori affermavano che se Maas l’avesse fatto dichiarare un comune a parte, avrebbe risparmiato un fottio di tasse.

Finalmente, l’eroe in armatura giunse alla fine del budello. Le informazioni dicevano che quel tunnel collegava Brightstar a Wonderworld. Era stata una pass… “Lo sapevo, che non poteva essere così facile.”

Effettivamente, il tunnel arrivava proprio sotto Wonderworld. Nessuno poteva sapere che, però, a quel punto il tunnel si divideva. Si divideva in altri quattro tunnel, due a destra, e due a sinistra. E qual’era quello che portava alla fabbrica del D-K??

In quel momento, ricevette un segnale dal suo appoggio esterno.

 

“Qui Capitan Power. Capo, mi ricevi? Qui…”

“Ti ho sentito la prima volta. Cosa mi dici?”

L’uomo ed il suo silente compagno in nero, Midnight Sun, si trovavano sulla verticale di Wonderworld. “Dico che abbiamo trovato i nostri amici,” rispose Cap attraverso il subcutaneo nella mascella. Ai suoi occhi, il complesso abbandonato di edifici e giostre era, letteralmente, messo a nudo. Sovrapposto a quella visione, Warwear era un puntino intermittente sotto il suolo. “Procedi a nord-nord-est per 500 metri, e arriverai dritto sotto i loro piedini. Noi ti prece…”

“Non se ne parla nemmeno!” intervenne una voce maschile da un altro canale. La voce del tesoriere ed addetto alle PR della JI: Dollar Bill. “Il mandato l’abbiamo avuto solo per quanto riguarda l’isola Brightstar, e stiamo ancora elaborando quello per il ‘World. Useremo i dati delle vostre ricognizioni per convincere il Procuratore Distrettuale a fare in fretta, ma nel frattempo, non toccate una virgola! Quel parco è una specie di monumento nazionale!”

Dollar Bill terminò, ed il canale passò alla fondatrice della JI: l’ineffabile Angela Cleaver. “Giustizieri, riuscite a capire se la droga è ancora nello stabilimento, o se si trova comunque…”

“…all’interno del parco?” concluse Cap. “No, ho già sondato.”

Una pausa, poi giunse la voce di Garolfo Riccardo degli Abruzzi, “Allora dobbiamo solo sperare che Maas non abbia mentito, e che la spedizione sia appena partita. Capitan Power, Midnight Sun, dobbiamo rischiare. Seldon segnala un aeroporto privato a cinque chilometri a nord dal perimetro del parco. Dirigetevi lì.”

La Cleaver aggiunse, “Non esitate ad usare qualunque mezzo per fermarli, ma fate in modo di non venire identificati. Mi sono spiegata?”

Entrambi gli eroi annuirono all’unisono. Si scambiarono un’occhiata, e partirono!

 

Warwear,” disse Letitia Frost. “Mandato o non mandato, dovresti avere ancora i mezzi per muoverti con la più completa discrezione. Non distruggere nulla, ma raccogli tutte le informazioni possibili.”

“Ricevuto,” rispose Parnell Jacobs. Chiuse il canale, ma solo per abitudine, visto che il canale a frequenze subspaziali era inintercettabile. Attivò il sistema-stealth, e divenne effettivamente invisibile all’occhio ed agli scansori -cortesia della tecnologia aliena Eidolon. Protetto da tale invisibilità, si diresse verso il punto indicato da Capitan Power…O meglio, ci provò. Non ebbe fatto che un metro, prima di venire arrestato dallo voce di Maas.

La voce sembrava provenire da ovunque, rimbombava nel corridoio. Ma era la sua, non c’era dubbio, identica fino al timbro di base, come quella registrata sull’isola. “Mi duole farle notare che è assolutamente inutile sprecare energia in questo modo. Sarei del resto uno stupido, a credere di potere evitare questo confronto per sempre, soprattutto ora che siete qui.”

Warwear tornò visibile -tanto, se il maledetto avesse deciso di distruggere l’intero tunnel, lo avrebbe già fatto.

“Venga pure, se conosce la strada. A proposito, gradisce un drink, una volta arrivato?”

 

Il nuovo Quinjet arrivò in un lampo d’argento sull’orizzonte marino.

“Un mandato?” l’uomo di nome Molten era, per metterla così-cosà, un po’ alterato. “Non ci credo! L’Uomo Ragno non ha mai dovuto chiedere mandati e permessi, per prendermi il culo a calci anche in casa mia! E per impedire una &%$* strage, dobbiamo chiedere...?”

“Se cominciamo a fare i cavalli selvaggi, la stampa ci abbatte a titoli corpo 50,” lo interruppe Fusione. “Ci sono delle regole, da rispettare. Cavolo, hanno tolto i permessi speciali ai Vendicatori, e quelli sono pappa e ciccia con il Governo!”

Il Quinjet atterrò accanto alla piattaforma per elicotteri, su cui giacevano i miserabili resti ancora fumanti del suo predecessore.

I Giustizieri si imbarcarono veloci. Nel prendere il posto ai comandi, Fusione aprì il canale con la Sede. “Bene, e ora cosa facciamo?”

“Per ora, niente,” rispose la Cleaver, causando uno stupefatto silenzio in cabina.

 

Ogni sensore lo confermava, dal battito cardiaco al timbro vocale: la figura che aveva davanti era Alden Maas...Se si escludeva che il suo era un corpo artificiale, nonostante la replica pressoché perfetta di ogni funzione vitale dell’originale.

“Benvenuto, eroe.” L’uomo indossava un completo così bianco da essere abbagliante. Persino il suo sorriso era quello che aveva ammaliato intere generazioni. Maas tese una mano, che Jacobs, colto di sorpresa, strinse meccanicamente.

“Mi dispiace di avere adottato maniere così...brusche, nei confronti dei suoi colleghi, mi creda. Ma era strettamente necessario.”

Era surreale: Parnell sapeva che quel bastardo sorridente era la causa più o meno diretta di morti atroci...Ma con i suoi film ci era cresciuto, lo ammirava sinceramente...Insomma, era una vita che avrebbe voluto un suo autografo!

L’ex-marine si concentrò sui dati degli scansori. L’armatura gli stava dicendo a lettere maiuscole, che anche l’intero entourage di Maas era fatto di robot!

A questo punto, la domanda era d’obbligo: era stato attirato da un altro specchietto per le allodole? Se distruggeva tutti questi simulacri, radeva al suolo Wonderworld, avrebbe eliminato per davvero la minaccia? O questi sarebbe spuntato fuori, in un altro corpo meccanico, al sicuro..?

Warwear si costrinse a chiedere, “’Necessario’?”

Maas annuì, il suo sorriso adombrato dalla tristezza. Si voltò, e fece cenno a Warwear di seguirlo. “L’umanità è come il più testardo dei muli, è un dato di fatto. Comprendiamo di avere un problema solo quando ci camminiamo dentro fino ad affogarci...E cosa facciamo, allora? Qualche patetico obolo alla ‘giusta causa’ di turno, molte preghiere, e la convinzione che tireremo comunque avanti, come abbiamo sempre fatto.

“Mi sono definito, e mi definisco ancora, il Messia...e per quanto possa sembrare bizzarro, questa è l’asserzione più lucida della mia esistenza. Perché solo un uomo capace di elevarsi sopra la piccola morale collettiva, in nome di una missione più alta, può elevarsi a salvatore dell’uomo cieco.”

Giunsero in una grande stanza circolare, coperta di consolle, alle quali lavorava un piccolo esercito di LMD in giacca e cravatta. A prima vista, si sarebbe pensato ad un qualche centro finanziario.

Maas prese posto in una poltrona al centro di quella stanza. “Ma sono maleducato. Non ho ancora chiesto il tuo nome…”

“Sono Warwear.”

Un assenso. “Dunque, Mr. Warwear, il mio scopo dichiarato è guarire l’umanità dai suoi problemi. E intendo farlo con un collaudato metodo…traumatico.”

Warwear aveva tentato di intercettare le emissioni elettromagnetiche generate dalle operazioni delle macchine…solo per scoprire che tutte erano perfettamente schermate. Una conferma che l’amico non era fesso.

“Devo ammettere che il Progetto Nucleo non era stata una brillante idea,” continuò Maas. “*tch*, un cumulo di assurdità…Un brutto scherzo della mia malattia, naturalmente.

“Purtroppo, come la maggior parte di noi poveri mortali, ero terrorizzato dall’idea della morte. Pur disponendo di questo LMD e della tecnologia necessaria ad ospitare la mia mente e personalità, una volta deceduto, ho rimandato il fatale momento, fino a quando, per forza di cose…Ma il risultato lo può vedere con i suoi occhi.

“Ora sono lucido, dotato di un cervello incorruttibile. E in tale stato, ho deciso e pianificato il mio primo approccio alla guarigione dell’umanità. Come lei sa, Mr. Warwear, quasi tutte le società di questo mondo soffrono di una piaga apparentemente inguaribile: la tossicodipendenza.

“Non importa quanti sforzi si facciano, non si riesce ad arrestare la penetrazione di questo male in ogni strato sociale, dai poveri ai ricchi. In qualche modo, il consumatore riesce a trovare una scusa valida per entrare e restare nel tunnel. Le campagne di informazione? Ignorate sistematicamente. Le immagini più cruente? Articoli da collezione. Le testimonianze più autentiche? Materiale da barzelletta.”

Sensori dappertutto. La prima mossa falsa sarebbe stata segnalata istantaneamente. Sotto l’elmo, Warwear sorrise: lo avrebbe usato lui, un metodo traumatico..!

Maas sorseggiò un bicchiere di Pernod da un bicchiere freddo e gocciolante. Schioccò le labbra soddisfatto, e riprese. “Ma, presto, il problema della droga e dei suoi effetti nefasti diventerà manifesto, ad un punto tale da non essere più accantonabile come un ‘a me non succederà’.

“Sotto altre forme, il D-K -bel nome, a proposito- verrà immesso in massa in tutto il mondo. E questa volta, non arriverà ai poveri ed ai derelitti, ma ad ogni persona tossicodipendente dichiarata o al suo primo approccio. Ricchi e poveri, a milioni, consumeranno il D-K, ed entro 24 ore non ci sarà media che non parlerà dei suoi effetti. Persino le guerre saranno messe da parte, per risolvere questa terribile piaga che la gente si auto-infligge. In questo contesto, persino la perdita del carico all’aeroporto che state per intercettare è un problema risibile

“Se i politici vorranno evitare un disastro totale per le loro posizioni, dovranno muoversi contro la droga, contro ogni droga. Tempo pochi mesi, e ogni singolo produttore di morte sarà braccato per quello che è, il più vile dei criminali, ed ogni spacciatore dovrà nascondersi dalle famiglie delle sue vittime…Un processo doloroso, ma inevitabilmente vincente.”

A Parnell Jacobs venne da vomitare, non tanto per l’assurdità in sé di quel piano, quanto per la certezza che trasudava dalle parole con cui era stato esposto… “Mister, tu sei più fuori di testa che quando eri ancor umano.”

Maas non sembrò turbato -un punto a suo favore. Scrollò le spalle, invece. “I grandi progetti richiedono grandi sacrifici, eroe. La tua stirpe dovrebbe saperne qualcosa.”

Warwear dovette farsi forza per non incenerirlo sul posto. “Una curiosità, Mr. Maas…Lei, ai militari, non ci ha pensato molto, vero?”

Questo causò un accigliarsi incuriosito del magnate bionico. “Prego?”

“Sul fatto che ci siano dei gran porci, nella nostra specie, non lo discuto. Anzi, lo so per certo, avendo personalmente visto e vissuto l’inferno di cui siamo capaci. Oh, sì, lo so a tal punto da non potermi evitare di domandare: cosa crede che faranno, le alte sfere, quando il D-K pioverà letteralmente nelle loro mani? E non parlo solo di quelli Americani, ma dei Russi, degli Iracheni, degli Israeliani…E senza contare i terroristi, naturalmente, e gli anarchici…Tutta questa gente disporrà, improvvisamente, di una scorta quasi illimitata, o comunque di campioni sufficienti a creare delle quantità per loro uso e consumo…Magari un nuovo tipo di guerra chimica.

“Ci ha pensato, Maas? Un bel bombardamento con il D-K, al posto del ‘solito’ gas nervino. O meglio ancora, contaminazione delle falde acquifere o del cibo. Niente residui persistenti, nessuna decontaminazione da effettuare, e in cambio, tanti bei morti puliti puliti e nemmeno un edificio rovinato.

“O avvelenare un parlamentare scomodo? Ci si può persino permettere di aspettare che muoia; tanto, qualunque cosa dicesse nel frattempo, in quello stato di euforia non verrebbe certo preso per buono…Devo fare altri esempi?”

Apparentemente, non ce n’era bisogno. Il volto dell’LMD era sbiancato di brutto. “Io…” ma si ricompose subito. “Capisco i suoi timori, Mr. Warwear…e devo ammettere che, per un momento, essi sono diventati anche i miei.

“Lei sopravvaluta le capacità distruttive dell’Uomo. Tanto per cominciare, ho preparato la distribuzione in modo tale che solo i consumatori possano disporne, e solo nella quantità necessaria al loro più esaltante e distruttivo trip. Secondo, dopo la grande purga dei peccatori, chi provasse ad utilizzare il D-K o delle sue varianti come arma verrebbe perseguitato dalla comunità internazionale senza scampo. E nessuna democrazia oserebbe rischiare la propria immagine usando il D-K come arma. No, eroe, non ci sarà una…E quello cos’è?”

Mentre Maas parlava, una specie di sonda era uscita da un alloggiamento nel torace dell’armatura. L’oggetto fluttuava nell’aria, ed emetteva una sorta di borbottio elettronico, tenendosi puntato contro il magnate.

“Le presento uno dei droni prodotti dalla mia armatura. Antigravità, intelligenza artificiale, armi, scansori…Insomma, non lascio mai casa, senza di loro. Lo sa che sono davvero ottimi, per prelevare informazioni?”

Gli occhi di Maas brillarono, e lanciarono raggi ottici! La sonda fece uno scarto veloce, e li evitò senza problemi. Poi, l’oggetto si lanciò contro l’LMD.

Maas aspettò fino ad averla abbastanza vicina…poi, fece scattare una mano velocissima, ed afferrò il drone. “Ah! Abbastanza facile, ora che non sono più indifeso come*urk!*” fu interrotto da una specie di viluppo di metallo e cavi ottici che gli serrò la gola.

“Dimenticavo, ottima anche per distrarre i chiacchieroni,” disse Warwear, mentre la ‘presa’ estesa dalla sua mano si dilatava in innumerevoli tentacoli sottili, diretti verso ogni orifizio del cranio di Maas. Se fosse stato necessario, avrebbe invaso ogni centimetro cubo del suo corpo, pur di arrivare ai comandi che avrebbero fermato gli ordini di spedizione. Era abbastanza chiaro, almeno così Parnell sperava, che un simile egomaniaco avesse custodito dentro di sé quegli ordini..!

Il piano era buono -tuttavia, difettoso in un particolare critico: il personale. Come un sol’uomo, alla vista del loro creatore in difficoltà, tutti i robot si gettarono contro Warwear!

Subito l’armatura Eidolon espulse sei droni, tutti della stessa forma aggressiva, tutti programmati per la stessa funzione: eliminare la minaccia al loro padrone! La battaglia era, a suo modo, equilibrata: i robot di Maas erano armati e numerosi, ma era come battersi contro uno sciame di zanzare. I droni avevano il vantaggio dell’agilità, ed era più facile che un robot andasse a colpire un suo simile, piuttosto che un nemico. Per contro, ai droni bastava mirare una volta, e un raggio al plasma neutralizzava efficacemente un robot. E per quanto riguardava Warwear, non solo aveva ancora il braccio sinistro con cui difendersi, ma quelle mezze cartucce gli facevano un baffo!

In quel contesto, come due bizzarre isole di tranquillità, stavano Warwear e Maas. Il primo era ormai riuscito ad infilarsi nel corpo dell’altro, e le informazioni fluivano che era un piacere dal cervello elettronico. L’armatura provvedeva al filtraggio, come ordinato dal suo possessore….Ancora poco, e… “Bingo!”

Warwear lasciò Maas, che crollò a terra come fulminato. I filamenti si ritrassero fulminei nel braccio metallico. L’armata dei robot era stata disfatta.

Lui si avvicinò ad una delle consolle. Adesso, si trattava solo di collegarsi al sistema di comunicazione, ed ordinare ai robot addetti alla spedizione ed allo spaccio di interrompere il programma.

Warwear posò una mano sulla consolle, ed ancora una volta i filamenti si estesero, penetrando la macchina, agganciandosi al sistema. E ora…

A quel punto, la visuale dell’eroe fu riempita dalla luce, e lui sentì un gran dolore…

 

…e, l’istante successivo, anziché nella sala di controllo, si scoprì trovarsi a bordo del Quinjet dell’azienda! Non fece in tempo a chiedere cosa diavolo stesse succedendo, che un rombo tremendo, dall’esterno, attirò la sua attenzione!

Warwear si voltò verso un finestrino, e vide una colonna di fumo e fiamme sollevarsi dal Palazzo delle Principesse Bianche che dominava Wonderworld.

Naturalmente! Maas aveva minato il suo centro di controllo…Warwear si toccò i moncherini dei filamenti. L’armatura aveva trasmesso a lui il proprio dolore per quella separazione… “Immagino che sia stata una sua idea, Mr. Degli Abruzzi.”

“Esatto,” giunse dal comm, “Seldon mi aveva dato per certa una simile possibilità, studiando Maas durante il vostro incontro. Ora non perdiamo tempo: scarica i dati sul canale preimpostato nella consolle di bordo. Ti metterà in contatto direttamente con la rete satellitare usata da Maas; abbiamo intercettato i suoi segnali mentre gli facevi perdere tempo.”

Niente filamenti, questa volta. Warwear estrasse un minidrone, e lo applicò in uno spazio dedicato. Un breve ronzio, e l’IA del drone trasmise il comando interessato.

Sperando che non fosse troppo tardi…

Ci vollero diversi, interminabili minuti, durante i quali i Giustizieri sudarono freddo…Ma, alla fine, un ronzio acuto comunicò loro l’avvenuta ricezione del comando. La Grande Purga era stata abortita.

“Dio esiste,” commentò Joystick, lasciandosi andare sul sedile.

“Un buon lavoro, Giustizieri,” intervenne la voce di Angela Cleaver. “Ho già predisposto il recupero del D-K, e Garolfo sta elaborando nuovi comandi per i robot di Maas, in modo da difendere il carico fino al nostro arrivo.

“Purtroppo, naturalmente Maas stesso deve essere riuscito a cavarsela...Ma resta il fatto che la sua minaccia non è più un affar nostro.” Le parole ed il tono erano chiari: niente colpi di testa per ‘saldare il conto’, o erano dolori. Erano mercenari professionisti, non vigilantes indipendenti, e il loro nemico li riguardava solo entro i termini del loro contratto...

“Non posso fare a meno di chiederlo, Miss Cleaver,” disse Molten, “ma come potremo impedire a lui di attaccarci? La tecnologia militare di cui dispone è quantomeno sospetta, e decisamente avanzata...”

“Come ho detto, Molten, ce ne preoccuperemo al momento giusto. Ora, rientrate.”

 

Sullo schermo, il Quinjet si allontanò da Wonderworld a tutta velocità

Hmm, sono abili quanto stimavo, vedo...Ottimo.” La figura vestiva di bianco, e le mani guantate di bianco giocherellavano con un bastone di canna.

“Mi dispiace di avere fallito, signore, io...” fece Alden Maas, ma fu zittito con un cenno dismissivo.

Nahh, non se ne faccia un cruccio, Mr. Maas. Il fallimento era previsto, in fondo, e lei è riuscito a metterli alla prova esattamente come desiderato. Lei è davvero un buon acquisto, al posto dello sfortunato Mr. Chambers. Ora, però, dobbiamo occuparci di una ben altra priorità.” Un dito biancoguantato digitò un pulsante sul bracciolo. L’immagine delle rovine di Wonderworld fu sostituita dal volto elegante di una donna stupenda, dagli occhi taglienti come diamanti ed i capelli d’ebano lisci e perfettamente curati.

Il ‘padrone’ di Maas sorrise, un sorriso ampio e crudele sul giovane volto incorniciato da una capigliatura di un rosso vivo. “La prossima volta che incontreremo la Justice Incorporated, sarà da datori di lavoro a dipendenti, e la liberazione della cara Miss Locke sarà una certezza.”

Così giurò Arcade.

 

Episodio 11 - Cuore di tenebra, spirito immortale!

 

Le Solomon Towers, New York City. Ieri.

 

“Voglio che sia chiara una cosa, signori: la Justice Incorporated non è un ‘gruppo-famiglia’.”

A parlare era la fondatrice della J.I., l’enigmatica Angela Cleaver. Una bellezza da Monna Lisa afroamericana vestita di Armani e pur tuttavia una bellezza con il ghiaccio dentro.

I presenti in sala erano tredici. Lei e gli altri tre dirigenti della Società di Eroi a Pagamento: Dollar Bill (amministazione/PR), Letitia Frost (strategia/Direzione tattica) e Garolfo Riccardo degli Abruzzi (reverse engineering).

I rimanenti nove erano la ‘mano armata’ dell’organizzazione, i Giustizieri, che, per l’ultima volta, erano rappresentati al completo da:

Ø  Warwear, Parnell Jacobs, il leader dotato dell’armatura vivente a tecnologia Eidolon.

Ø  Midnight Sun, M’nai, Eritreo, un guerriero reso invincibile dalla tecnologia aliena dei Kree.

Ø  Sabre, Jack Russell, licantropo per maledizione familiare e cyborg per intervento della stessa Cleaver.

Ø  Blank, con il suo generatore di campo di vuoto.

Ø  Tigra, Greer Grant Nelson, ex Vendicatrice e Campionessa del Popolo Felino.

Ø  Capitan Power, misterioso super-essere del quale solo la Cleaver sembrava conoscere qualcosa.

Ø  Joystick, Janice Olivia Yanizeski, Americana ma nata da genitori Sloreni, ex membro dei Signori del Male.

Ø  Fusione, Robert Markley, mutante col potere di indurre illusioni.

Ø  Molten, Mark Raxton, vicepresidente delle Osborn Industries, ex nemesi dell’Uomo Ragno.

“Un buon nemico, sfortunatamente,” continuò il Presidente della JI, “sa analizzare il proprio avversario, le sue tattiche e soprattutto le debolezze.

“Per questo i vostri contratti non sono fissi, e avete la possibilità di lasciare l’organizzazione in base alle vostre necessità personali…Ci mancherai, Tigra.” E a quel punto, tacque, interrogando con gli occhi l’interessata.

Tigra si morse un labbro, prima di dire, “Credevo di avere imboccato la strada giusta unendomi a voi, ma non credo proprio di essere il tipo da restare più di tanto nella stessa tana. I Vendicatori sono la mia famiglia, alla fine, e tornerò con loro.”

“Capisco. Come ho detto, ci mancherai…hm?”

Il telefono scelse quel momento, per squillare. La donna attivò il ricevitore della sua cuffia. “Sì?” Quando lo squillo arrivava a quel piano della Torre, la chiamata era stata filtrata a dovere dalla IA del centralino. Avrebbe potuto farsi dare ogni identificativo del chiamante, ma quella funzione era riservata a una lista predeterminata di ‘seccatori’. I clienti dovevano sentirsi liberi di presentarsi ed esporre il motivo della chiamata in modo spontaneo.

“Miss Cleaver?” La voce era quella di un uomo di circa mezza età, accento decisamente della vecchia Albione. Era carica di tristezza, ma si poteva percepire l’acciaio, dietro. “Il mio nome è Clive Anderson. Ho bisogno di voi per trovare ed eliminare il serial-killer di Whitechapel. Il mostro ha ucciso mia figlia. Sono sicuro che non si tratta di una creatura di questo mondo!”

 

Whitechapel, Tower Hamlet, Londra. Adesso.

 

Non aveva commesso un simile errore di valutazione da quando era un semplice fante, sotto I Marines…Cionondimeno, Warwear era scusato solo dalla propria inesperienza con i vampiri. Un dossier, per quanto specifico, era ben altra cosa rispetto alla realtà.

E la realtà era una vampira di nome Rachel Van Helsing, una donna forte in spiritu, in vita, e decisamente forte in corpore quale consorte nonmorta del Signore dei Vampiri. Aveva voltato il corso della battaglia trasformandosi in nebbia[xviii] e riapparendo alle spalle del Giustiziere; a quel punto, aveva iniziato ad esercitare una presa intesa a spezzargli il collo come ad un fuscello…

Warwear si diede di nuovo dello stupido per avere ceduto al panico…ma era come trovarsi faccia a faccia col babau dell’infanzia. I ‘cadaveri animati’ di Ultron, in Slorenia, almeno, erano figli di una scienza deviata, non esseri soprannaturali da incubo!

La vampira tirava, tirava, ma non riusciva a portare il collo del suo avversario al punto di rottura! “Cedi, maledetto!” sibilò, senza sapere che il guscio di metallo vivente aveva risposto aumentando localmente la propria densità fino a potere contrastare la forza di lei.

Altra cosa che Rachel non sapeva, era che l’intera armatura si comportava come una vera e propria pelle ai soli comandi mentali del suo proprietario… “NOrrrgh!” il verso gorgogliante le sfuggì appena si ritrovò un paletto metallico piantato nel cuore, un paletto spuntato direttamente dalla schiena di Warwear! Più che per lo choc che per il dolore, lasciò di riflesso la sua preda. Fortunatamente, il paletto non era di frassino, oppure…

“Ehi, strega!”

Rachel sollevò lo sguardo…verso il drone puntato direttamente sul suo volto. L’istante successivo, si trovò la visione riempita dal nitrato d’argento, vale a dire il vetriolo dei vampiri!

 

L’urlo della vampira distrasse il suo compagno, il Conte Dracula in persona. In preda all’apprensione, il Signore dei Vampiri levò i denti dal suo imminente pasto, vale a dire il licantropico Sabre. Una distrazione che gli costò un colpo d’artiglio dallo stomaco alla gola! Un colpo che la natura mistica del mannaro rese efficiente come se Dracula fosse stato un uomo normale. Dracula fu spinto all’indietro dalla forza dell’attacco, incredulo -era incredibile! Quella creatura sembrava acquisire forza ad ogni momento, invece di stancarsi…

Ma certo! Pensò, osservando la furia omicida nell’espressione del suo avversario. Il Darkhold! La sua famiglia ha acquisito la licantropia a causa di quel testo maledetto! Spingendo Russell nella furia combattiva, l’ho reso preda di forze che non incontravo dalla Guerra delle Tenebre!

C’era un solo modo per rimediare…Dracula si trasformò in nebbia, proprio mentre Sabre gli arrivava addosso sbavando dalla rabbia e con gli occhi ormai accesi di una luce sanguigna.

Tornò solido e perfettamente guarito sopra di lui. Stava per fare la sua mossa…quando si vide apparire davanti la nera figura di Midnight Sun, che in un pugno stringeva un paletto di frassino per il suo cuore!

 

A distanza di sicurezza da quello scenario, proprio un minuto dopo l’inizio della battaglia, la giovane donna di nome Helen Maxwell aveva raggiunto il rifugio della sua abitazione. Si sentiva il cuore in fiamme, come se avesse corso per miglia e non compiuto il suo abituale tragitto dal lavoro.

Mentre infilava la chiave nella toppa, Helen si ripromise di non provare mai più a fare l’eroina! Era sicura, materialmente sicura, di essere stata seguita da qualcuno; e tutte le volte che aveva voltato lo sguardo, aveva scoperto di essere sola…

Sissignori, da domani si sarebbe fatta accompagnare da qualcuno, possibilmente grande e muscoloso, a costo di sedurlo!

Ebbe solo il tempo di chiedersi fugacemente cosa fossero i suoni che udiva in distanza, attutiti dalla nebbia, quando una voce maschile alle sue spalle disse, “Ciao, Helen.”

Questa volta fu sicura di avere avuto un infarto, mentre si voltava…Poi, riconobbe il proprietario della voce. “Ah, sei tu?” le scappò detto forse con un tono un po’ troppo alto.

“Sì, io,” rispose l’altro, con un sorriso che mostrò dei canini…appuntiti… “Non mi inviti ad entrare?”

Helen avrebbe urlato, senza alcun dubbio. La bocca era spalancata, ma neppure un suono ne uscì. Gli occhi di lei sprofondarono in quelli rossi di lui. Così strani…intensi…profondi come un mare di sangue…

Non si accorse neppure di stare dicendo, con un tono ora sottomesso, “Sì, entra pure di tua volontà.”

“Grazie. Ora, apri la porta ed entra.” Il mostro vide lei obbedire docilmente, completamente succuba della sua volontà. Quando la porta fu aperta, ed Helen fu entrata, l’Assassino di Whitechapel si incamminò verso la soglia…

Non l’avrebbe mai varcata: il suo corpo si scontrò come con una barriera fisica! Era qualcosa di assolutamente intangibile, ed al tempo stesso solida come un muro. Non era ne’ fredda ne’ calda. Non irradiava. Solo guardarla lo faceva star male… “Che trucco è mai questo!?”

“Campo di vuoto,” disse Blank con la sua migliore aria da spaccone -cioè, solo la voce; le sue fattezze erano invisibili sotto lo stesso tipo di campo. “Ammettilo, su: ti abbiamo fregato…Clive Anderson.”

Era più giovane, ma nel suo volto si riflettevano i tratti dell’uomo che li aveva assunti per catturare l’Assassino di Whitechapel. Sir Clive Anderson, Jr., sibilò. “Sapere chi sono non ti salverà dal destino che condividerai con quella troietta di Helen!”

 

Dracula non era arrivato al suo titolo contando sulla fortuna. Nel momento in cui aveva visto il paletto arrivargli addosso, ad una velocità che si era rivelata letale per il suo servo George Warren, aveva scartato. Sun, colto di sorpresa, si lasciò trascinare in avanti dalla sua stessa forza…diventando un perfetto bersaglio per il pugno che Dracula gli sferrò alla mascella con tutta la sua forza. Solo il potenziamento dei Kree lo salvò dal ritrovarsi il collo spezzato. In compenso, non lo salvò dal precipitare al suolo!

Sabre, che fino a quel momento stava fissando la sua preda volante, fu distratto dal nuovo ‘bocconcino’ praticamente cadutogli ai piedi.

Dracula vide il mannaro avventarsi sul nero guerriero. Senza pensarci su due volte, levò una mano al cielo, ed evocò la potenza del cielo! Ad una velocità impossibile, una nuvola nera si formò sulla scena della battaglia. Da quella nuvola, scoccò un fulmine di rara potenza…e il lupo mannaro ne fu investito in pieno! Il suo guaito di dolore fu breve, ma forte abbastanza che la gente che lo udì, a diversi isolati di distanza, si fece il segno della croce.

Fu un evento sufficiente a fermare la battaglia. “SABRE!” urlò Warwear, dimentico di tutto tranne che del compagno ferito -maledizione, i Giustizieri, in battaglia, erano una sua responsabilità!

Atterrato accanto al licantropo, si chinò ad esaminarne il corpo inerte, semiustionato, ancora fumante -cazzo, era ancora vivo! Ma come...?

“Il fulmine non era mistico,” disse Dracula, levitando a terra. “E le forze del Darkhold lo hanno protetto dal più del danno. Il resto lo farà il suo fattore di guarigione…Almeno, adesso, dovrebbe rinsavire dalla Follia di Sangue.

“Ed ora, Giustizieri,” aggiunse, mentre si avvicinava a Rachel, “vogliamo parlare di un certo nemico comune?”

 

“Cosa…cosa sta succedendo..?” Helen si sentiva come se si fosse appena svegliata da un sogno. Un attimo prima era in strada, ed ora era nel suo salotto…e c’erano due estranei dentro! Poi anche quel momento di confusione passò, e la giovane riconobbe le figure dell’Ispettore Capo Chelm e Katherine Fraser, di Scotland Yard. Aveva parlato con loro dopo la morte di Carol…

La coppia stava sul chi vive, entrambi impugnavano una pistola, e l’uomo teneva nell’altra mano anche una specie di fiaschetta. “Succede che lei stava per diventare un’altra vittima dell’Assassino di Whitechapel. Ora stia qui e non si muova, miss Maxwell. Se quella carogna supera le difese di Blank, toccherà a noi tenere il forte in attesa dei rinforzi…Se solo si muovessero…”

Definire confusi i pensieri di Helen sarebbe stato un bell’eufemismo. Tutto quello che sapeva, era che provava una sorta di brivido di orrore, alla sola idea di lasciare la protezione dei due agenti…

Per conto loro Chelm e Fraser ringraziarono il cielo di avere dato retta a quella banda di folli, quella mattina a SY…

 

Erano arrivati, cosa decisamente atipica per la loro categoria, in una Rolls-Royce degna del Principe. La loro venuta era stata precedeuta da una chiamata di Angela Cleaver in persona. La donna si era comportata come al suo solito, cioè una valanga che aveva travolto ogni filtro fra lei e il Sovrintendente in persona. Chelm e Fraser erano stati letteralmente strappati dalle loro attività, per essere presenti durante un colloquio che li aveva visti muti fino alla sua fine. Poi, con molta calma, il Sovrintendente aveva fatto capire loro che la piena collaborazione con gli yankees sarebbe stata alquanto salutare alle loro carriere.

Il resto della giornata era stato trascorso ad elaborare la strategia: la JI, almeno, aveva fatto i compiti a casa, e la loro conoscenza sui delitti era completa. Quasi l’Ispettore li avrebbe ammirati, non fosse stato per la sparata -elaborata da un Italiano, per giunta!- che il serial-killer vampiro fosse il fratello di Carol. Si era messo a ridere forte.

Fraser lo aveva salvato in corner. “Combacia, invece. Sì, è così…Carol conosceva la sua vittima, te lo avevo detto. E quello che mi ha detto Dracula lo conferma”

Chelm masticò amaro, non proprio convinto…Fidarsi di Dracula..!

Ne discuteremo dopo,” intervenne Warwear -dannazione, quegli eroi maledetti non potevano fare la cortesia elementare di non girare armati fino ai denti in una stazione di polizia, coni tempi che correvano??- “Ora dobbiamo concentrarci sul portare l’assassino allo scoperto. E credo che la sola cosa da fare sia ricorrere al più vecchio dei trucchi: useremo un’esca.”

Chelm quasi si strozzò col bicchiere d’acqua -maledetto regolamento sull’alcool in servizio! “Ora so che siete impazziti…E chi vorreste immolare alla vostra sete di rissa?”

“Se l’Assassino è proprio il giovane Anderson,” rispose Garolfo, “allora possiamo contare su una sola persona. Lui ha deciso di farsi prendere, ed agirà stanotte.”

“E se vi state sbagliando?”

“Altro sangue innocente potrebbe venire sparso. Garantiremo comunque un servizio di pattugliamento sull’intera area di Whitechapel. Resta inteso che la vostra Task-Force antivampiro non dovrà essere presente. Vogliamo evitare un numero eccessivo di coinvolgimenti…Ah, e un’altra cosa: se l’ipotesi di Seldon su Clive Anderson, così come concepita, fosse errata, e se lui fosse solo un uomo sotto lo stretto controllo di una volontà superiore, potremmo trovarci di fronte al pianificatore di quella che è stata finora una tattica diversiva. E con lui, i vostri uomini sarebbero effettivamente inutili.

“Sto parlando del Conte Dracula, Ispettore.”

 

“Stai fermo, maledetto figlio di &%$£!Cosa ci vuole per ucciderti?”

Il vampiro si era rivelato un avversario di tutto rispetto. Era evidente che la barriera lo aveva colto di sorpresa, visto che stava resistendo ad ogni incantesimo antivampiro che il sacerdote di Anubi conoscesse. Anziché fuggire, però, il mostro si era intestardito sulla sua preda. E per ora, solo Blank stava fra lui e l’abitazione…

Altro attacco! Almeno, Sir Anderson non era in grado di assumere altre forme che quella di pipistrello nonmorfo e nebbia. I suoi colpi doveva sferrarli in forma umana, e ciò lo rendeva prevedibile. Blank era, in questo senso, avvantaggiato: il vampiro era tosto (nonpensarecheèunvampirononpensarci!), ma inesperto, abituato a farsela con vittime facili ed indifese. Eddie Velikosvki era un figlio della strada, e non gli era difficile rispondere ai goffi attacchi del (nonpensarci!) vampiro. Parò, e allo stesso tempo sferrò un potente calcio con lo stivale metallico! Un colpo dritto allo sterno…che, però, arrivò solo a colpire dell’impalpabile nebbia!

Blank si trovò a guardarsi intorno freneticamente, ma nella notte già nebbiosa era come cercare un filo d’erba in una prateria!

Inutile perdere tempo, doveva entrare in casa e subito! Corse verso la porta…e questa si chiuse da sola davanti a lui! “Cosa..?”

 

Rumore di passi metallici, poi la porta che si chiudeva sbattendo.

La nebbia giunse l’istante successivo. Helen urlò. Gli oggetti divennero contorni indefiniti nel mare grigio che riempì la stanza.

Kat..?” Chelm vide la ragazza diventare pallida, mentre serrava i denti. “Male…così tanta oscurità…”

I pensieri si rincorrevano frenetici nella testa di Chelm. Una pedina, voleva dire? Lei gli aveva riferito del colloquio con Dracula…Povera ragazza, ogni tanto cadeva nella trappola dell’’onore’! Lui non avrebbe mai creduto alla parola di un mostro simile, ed ora stava per avere la prova che aveva ragione…

Errore.

La nebbia prese la forma di Sir Clive Anderson, e fu solo lui a sorridere a Chelm. “Su con la vita, gente…finché ve ne resta.”

La risposta di lui e della sua assistente furono diversi proiettili d’argento esplosi dalle loro armi. L’Assassino non fece neppure finta di scansarli. Fu colpito in pieno…e rise. I colpi avevano effettivamente perforato all’altezza del cuore, ma senza produrre effetto!

“Idioti! Credevate davvero di potere usare quelle inutili armi contro di me?”

“Sir Anderson…” mormorò Chelm. Per tutta risposta, una forza invisibile lo scaraventò come un ciottolo dall’altra parte della stanza. Il suo volo si infranse contro la libreria.

“Andiamo, Ispettore, mi sono quasi offeso,” disse il vampiro, avanzando verso Helen, incurante della croce brandita da Katherine. “Uno lavora tanto per ricostruire la propria fama, e come deve sentirsi chiamare? Col nome del suo stupido fantoccio.” Su tale parola, mollò un manrovescio a Katherine, facendola rovinare contro un comodino. Per conto suo, Helen era come un coniglio di fronte al serpente, incapace di muovere un solo muscolo, tale era il terrore.

La schiena di Chelm urlava per il dolore, ma l’uomo rimase abbastanza lucido da accorgersi che, adesso, la voce del vampiro non era quella di Anderson. Possedeva un accento…ricercato, ed era più vellutata, ma con un sottofondo osceno…

Anderson accarezzò una guancia di Helen. I suoi occhi brillarono. “Mia cara, sei stata un pasto costoso, degno di essere l’ultimo, in questo squallido quartiere.

“Ora che il vecchio Anderson mi ha fatto scoprire, dovrò…traslocare. Ma puoi consolarti…tu non morirai come la tua amica…” si chinò su di lei, “…come tutte le altre…” Spalancò la bocca, ormai a un centimetro dalla giugulare…

Una mano guantata di nero lo afferrò per il bavero, e lo scaraventò come niente verso la finestra! Era stato talmente rapido, che il vampiro non si trasformò neppure in nebbia, ma rovinò a terra.

Chelm tirò un sospiro di sollievo, nel vedere Midnight Sun aiutare Katherine a rialzarsi. “Ce ne hai messo, eh? Che diavolo stavate combinando…Ahh, lascia stare,” concluse, ricordandosi che quel tizio era muto.

 

Anderson si mise in piedi, pronto a diventare nebbia…quando una porzione della suddetta si condensò nelle forme di “Dracula? Van Helsing? Ma come..?” Nel suo panico, provò che un vampiro poteva impallidire dalla paura.

Il Signore dei Vampiri sembrava deluso. “Contrariamente a quanto dicono i racconti tendenziosi su di me, ho l’abitudine di soppesare i fatti e sapere stringere le alleanze necessarie, quando i tempi lo richiedano.”

“Il guaio di avere a che fare con dei vecchi soldati,” aggiunse Warwear, mentre atterrava alla sinistra di Anderson. Lasciò andare Sabre, che stava reggendo per le braccia, ed il mannaro saltò alla sua destra. Con Van Helsing dietro di lui, l’Assassino di Whitechapel era effettivamente circondato.

Emozioni di odio e paura, sfida e disfatta, si alternavano sul volto del nonmorto. “Non potete…Non posso essere sconfitto, non ora. Non ora che posso di nuovo vivere…”

Il cerchio si strinse. Sabre ringhiava, i droni erano puntati. Van Helsing già assaporava la sua preda. Dracula era calmo, solenne come si addiceva al proprio titolo. “Sei solo un parassita che ha approfittato di un momento favorevole, Jack lo Squartatore. Hai osato rubare un mio servo, farne il tuo ricettacolo per le tue folli imprese…”

Anderson sorrise il sorriso di un folle. “’Osato’, ‘padrone’? Cosa credevi di fare, uccidendo un uomo proprio qui, sul mio territorio? Anderson era un cuore nero, ed è stato solo naturale per me riempire il corpo svuotato del suo soffio vitale. Se vuoi attribuire colpe, attribuiscile alla tua sete!” e detto ciò, divenne nebbia -Dracula era stato uno sciocco a non attaccarlo subito! In quella forma, avrebbe potuto trovare rifugio, per poi…

Il suo urlo di dolore echeggiò per le nebbie Londinesi. La sua forma solida si manifestò l’istante successivo -una forma ustionata, le carni sfrigolanti sotto gli abiti assurdamente intatti. Anderson ansimava, prostrato a terra. “Cosa..?”

“Il solito nitrato d’argento nebulizzato,” disse Warwear. “Meno male che ho fatto scorta, vero? Potrai essere immune alle croci, ma non alla chimica…Vedi che succede a prendersi un corpo usato?”

Dracula afferrò il corpo di Anderson per il bavero della giacca. “La sete di un vampiro va soddisfatta per la sopravvivenza, Jack,” disse, gelido, fissandolo negli occhi. “Nessuno può solo pensare di mettere in pericolo la nostra esistenza giocando come fai tu.”

“Non…parlare…Uccidimi…” la voce venne da una gola devastata, ma era indubbiamente quella di Anderson. “Mi ha fatto…uccidere mia sorella…deve pagarla…E io…troppo debole per…”

Dracula annuì, mentre estraeva qualcosa da una tasca del suo abito, per l’occasione, il suo vecchio classico che usava come simbolo di rango. Anderson era un pavido, in vita, distaccato dai suoi parenti più vicini…Vero che lui, Dracula, aveva impiegato secoli, prima di ammettere il valore di sua figlia Lilith, ma era anche vero che lunga era la vita di un vampiro. Gli umani, invece, così fragili e poco longevi, erano capaci di rinnegare sentimenti che avrebbero solo finito col rimpiangere…

Anderson non sarebbe stato neppure un buon servo, ma solo carne da cannone. Senza rimpianti, con un colpo solo, Dracula infilò il paletto di frassino nella cassa toracica di Anderson. Il cuore del vampiro fu sfracellato.

Anderson spalancò la bocca e gli occhi un’ultima volta. Urlò, e questa volta fu l’urlo di un’entità antica, ancora una volta frustrata ed esorcizzata. Un getto di luce verso il cielo accompagnò quella disfatta. E finalmente, i danni accumulati si fecero sentire, tutti in un colpo solo. Il corpo di Sir Clive Anderson Jr. si dissolse in un cumulo di cenere.

Dracula si spazzolò le mani dalla cenere. “Con questo, gli omicidi di Whitechapel sono terminati,” disse. “Io ho rispettato la mia parte, Giustizieri. Non mi aspetto di meno, da voi.”

Warwear annuì. Garolfo aveva localizzato nella Carfax Abbey il QG di Dracula, cioè V.T. Drake. Il silenzio su quella scoperta era il pegno per la pace con Dracula. Una pace importante, che la Cleaver in persona aveva approvato e sollecitato -la JI avrebbe rifiutato i casi legati ai vampiri di Dracula, e Dracula avrebbe fatto il possibile per prevenire una nuova Guerra delle Tenebre…

Rachel Van Helsing fissò Warwear con tutto l’odio di un cuore nonmorto, ma avrebbe dovuto mettere da parte la sua sete di vendetta. Per ora.

I due arcivampiri divennero pipistrelli, e volarono via indisturbati.

Chelm e Midnight Sun emersero dalla soglia della casa di Helen. “Non sono sicuro di volere sapere i particolari su quello che ha detto…ma se i delitti di Whitechapel sono finiti, a Scotland Yard può bastare.”

Non finiranno, pensò Midnight Sun. Jack, o la forza che assunse tale nome, è ancora presente, ed aspetta solo una nuova occasione, per tornare ad uccidere. Dracula non gli concederà una nuova occasione, ma al mondo ci sono altri vampiri che potrebbero non esitare…Povero Ispettore: se non si fosse deciso a capire che i cosiddetti ‘vigilanti’ erano più utili di quanto immaginasse il suo pregiudizio… Queste erano forze che dei semplici esseri umani, per quanto coraggiosi, non potevano vincere.

Chelm pensò a Rachel Van Helsing, che aveva fatto parte dei suoi più famosi predecessori nella caccia al vampiro…ed ora era una di loro. Rabbrividì: generazioni di vivi che dovevano sempre reimparare, contro una sola generazione di mostri immortali che non dimenticava mai…Era davvero una lotta senza speranza..?

 

Episodio 12 - Interludio

 

Immaginatevi un caro, vecchio incubo. Il momento più imbarazzante concepito dalla vostra fantasia onirica: nudi in mezzo ad una fitta folla, sulla pubblica piazza!

Aggiungete a ciò un sadico banditore intento ad esporre veementemente il vostro adamitico valore a centinaia di individui curiosi.

Avrete a questo punto una mezza idea di come si dovevano sentire in quel momento gli eroi noti come Giustizieri, cioè:

Ø  Warwear, teamleader, unico al mondo ad indossare un’armatura vivente a tecnologia Eidolon,

Ø  Capitan Power, il bello e misterioso ‘gemello’ del più celebre Simon Williams, il vendicatore Wonder Man,

Ø  Fusione, il mutante signore delle illusioni,

Ø  Molten, l’uomo dalla pelle metallica,

Ø  Joystick, la bella ex Signora del Male,

Ø  Midnight Sun, il silenzioso guerriero potenziato dalla tecnologia Kree,

Ø  Sabre, il licantropo,

Ø  Blank, ex teppistello di serie B ora sulla via della redenzione,

Ø  Man-Eater, l’ultimo acquisto della società, un massiccio uomo-tigre dal passato misterioso

Ovverosia, i Giustizieri.

 

La pubblica piazza era un piedistallo sotto la ruota panoramica del celebre luna-park di Coney Island.

La folla era costituita di un misto di newyorkesi, turisti e rappresentanti delle autorità.

Il sadico banditore era il responsabile PR e tesoreria della Justice Incorporated, l’esuberante Dollar Bill. L’uomo dalla folta barba e capelli rossi, e sempre con i suoi inseparabili occhiali da sole, stava godendosela un mondo e oltre. “Ebbene sì, signore e signori, fare l’eroe può essere un lavoro. Rischiare la vita contro minacce di ogni genere non è uno scherzo, a volte occorre un’organizzazione capillare, tempi di risposta rapidi e capacità di dialogare con i clienti. Noi abbiamo tutto questo!

“Noi offriamo un prodotto preciso: la vostra sicurezza. Un gruppo potente come quello dei Vendicatori è legato inevitabilmente a situazioni speciali, spesso lontane dalla sfera della gente comune. In simili casi, su chi bisognava contare? Sull’Uomo Ragno o su Devil, o su un ‘uomo forte’ come il Punitore.

“Noi lavoriamo su contratto, signore e signori: prendiamo un impegno specifico, chiesto da voi e lo portiamo a termine, ovunque nel globo…naturalmente, non rapiniamo banche o conquistiamo il mondo per conto terzi.” Risate dal pubblico. “Chi di voi ha avuto la fortuna di leggere le nostre brochure sa di cosa sono capaci, i nostri eroi. Se pensate di avere bisogno di noi, non esitate: mandate una lettera, una email, o una telefonata come indicato. Facciamo sconti per richieste collettive.” Altre risate. “E per oggi, la sicurezza del Luna Park è gratis. I Giustizieri saranno disponibili per le vostre domande…se darete loro il tempo di scendere dal palco.” Bill fece un inchino. “Grazie per essere intervenuti.”

Scoppiarono gli applausi. Il cordone di sicurezza riusciva a stento a contenere la folla curiosa, mentre il manager ed i Giustizieri scendevano ad incontrare i loro neo-fan.

Il primo a farsi avanti, direttamente dalla fila riservata alle autorità, fu il Vendicatore Occhio di Falco. Il membro anziano si avvicinò direttamente a Warwear. “Dunque tu saresti il capo di questo branco di sbandati?” Chiese a muso duro.

“Per quanto riguarda le operazioni, sì,” intervenne una donna di colore, bella e sinuosa come una pantera, dai folti capelli neri ed un gessato italiano impeccabile, Angela Cleaver. “Per il resto, può fare riferimento a me.”

Falco non se lo fece ripetere due volte. Indicando Warwear con un pollice, alla donna disse, “Nel caso non se ne fosse accorta, Miss, metà dei suoi ‘Giustizieri’ sono supercriminali, ed il suo teamleader indossa tecnologia aliena. Di un tipo che un mio compagno non ha esitato a definire ‘inaffidabile’…”

La folla osservava quel battibecco, ma c’era troppo rumore di sottofondo per capire cosa si stessero dicendo, e il Vendicatore non sembrava arrabbiato…al massimo, seccato -almeno, questo era quello che percepivano grazie al potere di Fusione. Fortunatamente, Bill aveva pensato a questa evenienza, ed era della massima importanza evitare un disastro pubblicitario proprio il giorno della presentazione ufficiale!

Angela, per conto suo, non sembrava assolutamente turbata. “Mr. Barton, lei o qualcuno dei suoi colleghi hanno ragioni obiettive di credere che i miei uomini nutrano schemi criminali? Capisco che alcuni di loro non abbiano un passato esattamente pulito, ma come lei stesso dovrebbe sapere, alla fine la gente può cambiare.”

Occhio di Falco quasi si morse la lingua -anche se ormai aveva pienamente ripagato i suoi debiti, era il primo a non volere dimenticare da che gradino era partito!

Senza contare che era stato lui stesso a darsi da fare per aiutare i Thunderbolts verso la redenzione; e quella gente veniva da un passato criminale con i fiocchi..! “E che garanzie possono avere i Vendicatori, a parte la vostra parola?”

“E che garanzie vorreste, esattamente? Un giuramento di fedeltà al vostro ordine?” Curiosamente, appena ebbe pronunciata l’ultima parola, la Cleaver vide Falco irrigidire la mascella. Fu solo un momento, vero, impercettibile per chiunque non fosse, come lei, allenato a leggere i volti come libri aperti, ma era successo. Quasi aggrottò le sopracciglia: quale nervo scoperto aveva toccato?

“Ad ogni modo,” proseguì la donna, mettendo mano ad una tasca interna della giacca, ed estraendone una busta con il logo della JI, “qui ci sono le raccomandazioni delle autorità di New York, del comitato ‘Slorenia Viva’, e della Silver Sable International, unitamente al nostro curriculum. Se aveste altre domande, non avete che da chiamarci. Buon giorno, Mr. Barton.”

Clint si fece da parte. Qualcuno gli gridò, “Ehi, occhiodipollo! Vi brucia la concorrenza, eh?”

Lui decise che li avrebbe tenuti d’occhio con molta attenzione. Sarebbe stata una goduria prenderli a calci dove diceva lui, se solo avessero fatto un mezzo passo falso! Soprattutto quel buffone di Blank -ma come si faceva a considerare dei buoni uno che aveva fatto il leccapiedi di Graviton??

 

Warwear

C’era un vantaggio, ad indossare un’armatura: la gente si sentiva intimidita. Lui era il cavaliere scintillante in mezzo ai peones, ed era un piacere osservare gli sguardi rispettosi e a volte intimiditi degli altri. Era bello, per una volta tanto, potere ottenere quel rispetto senza ricorrere al suo curriculum militare o alla correttezza politica, e*

Fortunatamente, aveva esplicitamente detto alla sua armatura di avvertirlo solo in caso di pericolo chiaro ed imminente, o avrebbe già dato una lezione alla persona che aveva osato avvicinarsi alle spalle per mettergli le mani sugli occhi…

“Non mi dici neanche buongiorno, soldato?” chiese una voce femminile.

Lui si voltò di scatto. “Glenda?

Lei era bella come sempre, anzi di più: la pelle di un delicato color cioccolata risaltava sul completo casual di colore neutro. I suoi capelli erano corti, a caschetto; un paio di discreti orecchini esaltavano la delicatezza del suo volto dai sorridenti occhi nocciola…

Senza aspettare un attimo, Parnell Jacobs sollevò il visore dell’elmo, abbracciò sua moglie e le diede un bacio da manuale! La folla intorno a loro eruttò in fischi ed applausi.

Quando si staccarono, Glenda era senza fiato. “Dio, avrei dovuto ricordarmi prima di cosa mi sono persa…EHI!”

Warwear la prese in braccio, e prese il volo. Lei urlò, non si capiva per la gioia o per la paura.

“Tu non sai cosa significhi per me, amore,” le disse. Lei si teneva stretta al collo di lui. “Be’, è un modo…interessante, per dirmelo, ma…”

“Tranquilla, signora Jacobs: prossima fermata, reparto panorama.” E dicendo ciò, Warwear si avvicinò ad una cabina vuota della ruota. Depositò gentilmente la moglie sul sedile e prese posto a sua volta. “Posso ancora chiamarla Signora Jacobs, spero.”

Lei tirò un paio di profondi respiri per riprendersi, poi gli sorrise, accarezzandogli una mano metallica. “Certo che puoi, signor Jacobs… Se sapessi quanto sono fiera di te! Quasi quasi ti perdono di avermi lasciato sola per tutto questo tempo.”

Lui voltò la testa verso il panorama. “Sono stato un pessimo marito, lo so. Pensavo solo che se avessi avuto i soldi, tanti soldi, saresti stata felice…”

“E non ti è venuto in mente che se ho cercato di starti vicino anche quando lavoravi come mercenario, è stato perché ti amo?” sfiorò il volto di lui col dorso della mano. Sembrava così fragile di fronte al guerriero corazzato, ma poteva spezzarlo con una parola. “Chiamami tradizionalista, Parnell, ma per me le promesse di matrimonio hanno un valore perché ci credo. Ho sempre sperato, ho sempre pregato che alla fine avresti fatto la cosa giusta.”

Lui tornò a guardarla. “E intendo continuare a farla: ho così tanti torti a cui riparare… Non intendo abbandonarti di nuovo, ma…”

“Lo so. Per questo sono tornata: anche se sono terrorizzata all’idea di perderti in una qualche battaglia, so che sei un soldato e so che non smetterai fino a quando non sarai tu a decidere. Ma non voglio starti lontana, fra una missione e l’altra… Credi che ci sia spazio per la signora Jacobs, nei vostri appartamenti di lusso?”

 

Fusione

Il mutante sollevò gli occhi, così come molte altre persone, alla vista della figura volante decollare dalla ruota e tracciare delle gran figure nel cielo con il fumo.

“Non credevo che fosse umano,” disse Robert Markley, sotto la maschera. Sulle sue spalle sedeva suo figlio Sean, sei anni, contento come non mai di passare un po’ di tempo con il padre. “Ehi, piccolo, ti va di vedere un trucco?” E senza aspettare risposta, mise mano alla sua cintura.

Da una tasca, estrasse una piccola sfera metallica. In realtà non successe nulla, ma grazie al suo potere di manipolazione, Robert ‘costrinse’ Sean a vedere l’oggetto levitare, sospeso in una delicata aura azzurra simile alle ali di una farfalla. Ogni battito di ali generava una corona di scintille.

Il bambino era estasiato; sottolineò tale approvazione battendo le mani come un forsennato. Robert non si sentiva a disagio all’idea di usare il suo potere su Sean: aveva scoperto da tempo che il libero arbitrio non era condizionato, solo la percezione. E Dio sapeva quanto quel poverino avesse diritto a vedere che suo padre poteva fare qualcosa di bello, piuttosto che rischiare di udire solo maldicenze sul fatto che fosse un mutante. Non approvava molto che la Cleaver avesse reso pubbliche le identità dei Giustizieri, ma se aveva giurato che Sean sarebbe stato al sicuro nel nuovo QG della JI, be’, lui ci credeva!

“Certo che andare a vivere in simile posto, a vattelapesca…” fece, perplessa, una donnona di colore che procedeva accanto ai due.

Sotto la maschera dorata, Robert sorrise. “Nome, vuol dire? Be’, in Alaska non è proprio come ai tropici, ma almeno non ci saranno supercriminali ad ogni angolo di strada pronti a farci la pelle. E poi, con tutto quello spazio, Sean verrà su forte come un vero boscaiolo.” Si rivolse al bambino, ‘materializzandogli’ una tenuta da boscaiolo con tanto di ascia. “Perché è questo che diventerai, vero, ometto? Un grande e grosso boscaiolo come Paul Bunyan.”

Il bambino rise. “Paul chi?”

Fusione tornò a rivolgersi alla donna. “Che ne dice, Madame Zsa? Vuole venire anche lei? Mi farebbe comodo saperla intorno a Sean quando non ci sono. E poi lui l’adora.”

La donna aveva una parlantina fortemente accentata; suonava come una versione moderna della celebre cameriera di ‘Via col Vento’. “Fa un bel freddo, in quel posto. E poi, non sono proprio una ragazzina, Bob… Quindi, se non ci sarà il riscaldamento centralizzato, sono dolori, chiaro?”

 

Capitan Power

Quella presentazione aveva un vantaggio: scippatori e delinquenti vari se ne stavano buoni buoni. Fino a quel momento, i suoi sensi non avevano percepito nulla di più grave di una caduta con sbucciatura al ginocchio ed una sciatica dolente. A quelli avrebbe pensato il servizio medico del… “Oh, sei tu.”

Una figura si parò davanti al Giustiziere che levitava a cento metri di altezza dal parco. Una figura composta interamente di energia ionica: il Vendicatore Wonder Man. “Sì, io. Spero che non ti dispiaccia troppo, impostore!”

Simon Williams studiò attentamente la figura avvolta da un costume blu e oro e dal mantello scarlatto. Gli sembrava di vedere una versione giovane di sé stesso, quando ancora portava i capelli ondulati e un po’ ribelli. Gli occhi erano accesi delle energie che brillavano sotto la pelle. “Chi sei?”

Capitan Power sorrise. “Non sono un nemico, se è questo che ti preoccupa. E non sono un clone, o un tuo alter-ego da un altro tempo. Anzi, sono un tuo ammiratore; come puoi vedere. Allora, cosa vorresti fare? Iniziare una bella rissa per vedere chi di noi è il migliore? Magari demolendo un po’ di questo parco nel frattempo? Sai, non è un reato assomigliare a qualcuno.”

Wonder Man non disse nulla -il maledetto aveva ragione. Non aveva fatto nulla di male…non ancora, almeno.

“Allora? Sto lavorando, nel caso non te ne fossi accorto.”

Il Vendicatore stava per replicare, quando il suo gemello si irrigidì, la testa piegata come se stesse ascoltando qualcosa.

“Dannazione!” Mormorò Cap…per poi gettarsi verso il basso ad una velocità folle! L’uomo ionico esitò, per poi gettarsi all’inseguimento.

 

Il giovane avrà avuto non più di venti anni, ed aveva lo sguardo allucinato e gli occhi dilatati del tossicomane all’ultimo stadio. La mano gli tremava, ma era comunque abbastanza ferma da tenere una lama appoggiata alla gola della ragazza. Si trovavano in una baracca adibita a magazzino, in un angolo remoto del Luna Park.

Secondo i piani della confusa mente del criminale, nessuno avrebbe dovuto fare caso a loro. Lui le avrebbe preso ogni spicciolo disponibile, e magari ci sarebbe anche scappata una svelti*

La parete a cui il giovane era appoggiato fu letteralmente scardinata. Vittima e carnefice caddero all’indietro, il secondo emettendo un curioso verso di sorpresa.

Una forza invisibile prima ridusse il coltello in una fine polvere metallica, poi separò i due protagonisti di quel dramma.

“Tutto bene, miss?” chiese Capitan Power, mentre Wonder Man la prendeva per mano. Il Giustiziere sollevò il tossico in una morsa telecinetica. “Portala al pronto soccorso. A questo rifiuto della società ci penso io.”

Al Vendicatore non piacque affatto l’espressione dell’altro. “Tu verrai con me, e lo porterai alla Polizia. L’omicidio è un reato.” L’altro esitò, e con un sorrisetto, lui aggiunse, “O vorresti fare una bella rissa, magari coinvolgendo questa ragazza?”

Per un attimo, Cap fece una faccia buia…poi sorrise. “Alla Polizia, allora. Sono una persona civile…io.”

Mentalmente, Wonder Man si prese a calci -fregato come un novellino! La ragazza avrebbe dipinto lui come un garantista e il suo impostore come l’uomo capace di fare la cosa giusta. Dannazione!

 

Molten

“Sono felice che tu sia potuta venire,” disse Mark Raxton. Lui e Liz Allen, la sua sorellastra, stavano godendosi lo spettacolo di danza sul ghiaccio -il Lago dei Cigni, con la partecipazione della Filarmonica- in uno dei nuovi padiglioni. La Osborne Enterprises aveva finanziato gran parte della ricostruzione del Luna Park. L’amministrazione comunale era stata unanime: dopo i tanti disastri che la città aveva passato, la gente meritava un minimo di distrazioni. L’industria dell’intrattenimento era semplicemente andata a nozze con tale decisione, ed ora il parco di Coney Island era non solo più ampio di quanto non lo fosse prima della Guerra dei Mondi, ma anche più moderno ed assortito nella sua offerta.

“Non sarei mancata neanche se non fossi stata invitata,” disse Liz. Le dispiaceva di non potere abbracciare il fratellastro, ma con la bassa temperatura del padiglione, era come provare ad abbracciare un pezzo di marmo. “Intendi stare con questa gente per molto tempo?”

Lui fece spallucce. “Mi hanno fatto iniezioni di naniti. Non lo credevo possibile, ma la tecnologia della Talon Corporation riesce a controllare l’accumulo di energia solare esercitato dalla mia pelle. Certo, devo ancora ‘sfogarmi’ ogni tanto, ma almeno non devo preoccuparmi di saltare in aria ogni minuto.”

Liz sospirò. “E quale sarà il costo per questo ‘intervento’? Avresti potuto chiedere aiuto alla Stark, o a qualcun altro che non fosse quest’azienda dei misteri.”

Molten annuì. “Quando mi hanno offerto questa chance, ero in un momento veramente difficile[xix]. Comunque, il prezzo da pagare sarà una missione sponsorizzata dalla Talon. Dopo ci dovremo trasferire in Alaska…ma non ti preoccupare,” aggiunse al volo, vedendo la faccia spaventata di lei. “Mi daranno tutti gli strumenti per restare in contatto con te e l’azienda.” Si fece serio. “Non ho ancora abbandonato l’idea di riprenderci la nostra parte.”

Liz roteò gli occhi. “Lascia stare per ora, Mark; ci penserò io a questo. Mi basta sapere che resteremo in contatto.” Sospirò. “Approfitta dell’occasione per tenere d’occhio la Talon, se ti riesce. Non vorrei che dietro di loro ci fosse gente del tipo AIM o chissà che altro.”

Lui le diede un bacio con labbra gelide e dure, facendola sobbalzare. “Se è vero, gli farò tanta bua. Promesso… E ora, lo compreresti un bel gelato al tuo fratellone?”

 

Joystick

Janice Olivia Janizeski aveva un problema.

Cominciava a chiedersi che razza di direzione stesse prendendo la sua vita! Certo, aveva le sue ragioni per andare a caccia di soldi, e tanti…ma aveva praticamente abbandonato sé stessa. Il suo solo lavoro era quello di Giustiziera, i parenti non volevano sentire più parlare di lei. I suoi soli ‘amici’ erano quelli della JI.

Guardando passare una coppia o una famiglia felice dopo l’altra, le venne da digrignare i denti. Markley era un tipo interessante, ci si poteva anche combinare qualcosa…ma il bambino! Ick! No, lei non era proprio il tipo da mamma: ne aveva bruciati, di rapporti, ogni volta che i suoi amanti accennavano solo alla prole… Guarda guarda, pensò.

Nella folla brulicante, chi avrebbe fatto caso ad una visione comune come un paio di bambini recalcitranti ed ai loro genitori? I piccoli stavano facendo del loro meglio per cercare di avvicinarsi  ad un bancone di dolciumi. La madre implorava con gli occhi il marito di cedere al capriccio; era una donna minuta, dai capelli lunghi ed il volto scavato dallo stress. Teneva a stento la bambina. La piccola avrà avuto al massimo cinque anni.

Lui era un pezzo d’uomo: capelli neri e corti, volto squadrato t-shirt aderentissima, un individuo muscoloso e giovane. Janice lo riconobbe in un quarterback di una squadra dell’Indiana.

L’uomo stava stringendo il braccino del maschietto con tale forza da sbiancarsi le nocche. Doveva essere abituato a fare così, o avrebbe già spezzato l’arto come un fuscello. L’uomo non stava urlando, ma si vedeva lontano un miglio che stava ringhiando. Aveva il volto congestionato, e se lei se ne intendeva, presto o tardi avrebbe fatto qualcosa di grave. Qualche passante lanciava occhiate di disapprovazione, ma niente di più.

Joystick si avvicinò alla coppia. L’uomo, perso nei fumi dell’ira, non si accorse di lei…fino a quando non sentì lui una presa sul polso tale da fargli scricchiolare le ossa! “Ci sono problemi, signora?” chiese la Giustiziera.

La donna -più una ragazza sfumata, vista da vicino, forse un amore giovanile, una di quelle storielle dalle grandi aspettative e dai risultati miserrimi.- fece occhi da cerbiatta spaventata. “Io…no, non ci sono…”

“Ma tu chi cazzo sei?” l’uomo si era dimenticato completamente della moglie, ed ora stava guardando Joystick con una faccia tremenda, mentre si massaggiava il polso. Il bambino si era rifugiato dietro le gambe della madre. Il suo braccio era livido. Fu la sua espressione, a fare salire la pressione a Janice.

“Joystick della Justice, Inc., signor Tender. Lo sa, a me piace il football. Mi piace un po’ meno chi se la prende con i bambini.”

Il quarterback avvicinò la propria faccia a quella di lei. Non puzzava di alcool o di altre schifezze, era solo gasato dal proprio ego. Il che, a lei, andava ancora meglio. “Che cazzo hai da sorridere, puttana? Tutte uguali, voi streghe: pronte a fare comunella appena un uomo reclama la sua posizione di capof*urk!*” la sua ira si trasformò istantaneamente in un misto di stupore e dolore, gli occhi strabuzzati a pesce.

“Blatera quanto vuoi, bello…” fece Joystick, indicando con gli occhi il bastone di energia che lei aveva generato dal polso e diretto contro lo stomaco di lui. C’era un odore di tessuto e carne bruciata. “…ma sono io ad avercelo più grosso.”

Lui cadde in terra, reggendosi lo stomaco. La gente passava, osservava, e se la sghignazzava.

Joystick gli puntò il bastone chiodato a un millimetro dalla gola. “Suggerimento, testa di cazzo: adesso il bambino va al pronto soccorso e tu ti denunci. E io, magari, non ti stacco la testa. E non rispondere di no, eh?” Mise mano alla cuffia per chiamare la sicurezza.

L’Alaska era una terra grande…chissà, quel Raxton, rampollo rampante, ci sarebbe stato a fare qualcosa con lei come socia…alla pari, s’intende!

Sì, era una buona idea.

 

Midnight Sun

Lo spettacolo del lancio dei coltelli, per la prima volta in anni, aveva riempito la tenda oltre la capienza. La gente stava praticamente facendo a botte, per vedere

un uomo vestito da un body integrale nero come la notte che gli dava il nome, intento a danzare al ritmo delle lame lanciate da due uomini che si professavano esperti di quell’antica arte. Era un balletto stupendo e veloce: un uomo lanciava un coltello, puntando dritto al cuore del bersaglio o verso qualche altro organo vitale. M’nai afferrava al volo l’arma. Il secondo coltello arrivava un attimo dopo, e l’eroe deviava con un elegante calcio. A quel punto, faceva volare il primo coltello in aria, mandandolo a raggiungere quello deviato in precedenza.

Le due lame si incrociavano con un suono cristallino. Proprio un attimo prima di cadere, Midnight Sun si teletrasportava accanto ad esse. Faceva una piroetta, seguita da un calcio, e le lanciò con impossibile precisione

verso la donna immobile contro il bersaglio sagomato. Due colpi, due centri, ognuno sotto le ascelle questa volta. Il pubblico si stava pelando le mani. Per loro era magia, per lui era poco meno di un allenamento -era roba che aveva imparato fin da quando era Fu Manchu a fargli da maestro.

Non era sua abitudine esibirsi, lo considerava indegno di sé…ma oggi sentiva di poterselo permettere. Era felice, e voleva condividere tale gioia, anche se non le motivazioni.

Angela Cleaver aveva mantenuto la promessa: la prossima missione era quella che lui aveva sollecitato fin dall’inizio[xx]. Le circostanze erano state avverse, ma ora niente si sarebbe messo di mezzo fra lui e la sua famiglia!

 

Sabre

“Ciao.”

All’inizio, la gente era divisa fra il desiderio di accarezzarlo, toccarlo, e quello di evitarlo come la peste. Il secondo era il sentimento che tendeva a causare più frequentemente, ma ci era abituato.

Quando si era mostrato impermeabile a qualunque tentativo di socializzazione -per giunta, poco ci era mancato che si mettesse a ringhiare quando un adolescente voleva verificare se il suo ‘costume’ era biologicamente corretto- la gente aveva deciso che aveva di meglio da fare che dargli retta.

Tutti, apparentemente uno.

“Ciao,” ripeté lo sconosciuto.

Il licantropo, seduto su una panchina, sollevò lo sguardo verso un tizio di circa venti anni. Un mingherlino, se mai se ne era visto uno, con i capelli rossi trasformati dal gel in un guazzabuglio di spine. Aveva un pizzetto biondo, e il volto solare era talmente pieno di piercing che, teoricamente, avrebbe dovuto morire di cancrena da un pezzo. “Salve a te,” disse, indifferente -al diavolo le PR, oggi non era proprio giornata.

“Posso sedermi?”

Lui inarcò un sopracciglio. Città di pazzi, lo aveva dimenticato! Si spostò di lato. “Prego.”

“Grazie.” Appena si fu seduto, il mingherlino tese una mano. “Piacere. Io mi chiamo Spacker Dave.”

“Io sono Sabre della Justice Inc. Piacere, Dave.”

Spacker Dave!”

Spacker. Ci conosciamo?” maledetta amnesia, non avrebbe saputo riconoscere sé stesso se si fosse visto in forma umana.

“No, ma mi sembri triste. Vuoi parlarne? Parlare fa bene. Ho un vicino che insiste a tenersi tutto dentro ed è sempre così nervoso…”

“Cosa sei, uno psicologo degli animali?”

“No. Mi chiamo Spacker Dave.”

Sabre decise che un pazzo valeva l’altro. Costui sembrava innocuo, e non puzzava di malattie fisiche o genetiche. “Sai, avevo una ragazza fino a qualche giorno fa, si chiamava Tigra. Degna del suo nome, puoi crederci.”

“Ti ha lasciato[xxi]?”

Arguto, il pupo! “Sì. Ha detto che era stato un errore, che in realtà mi voleva solo per il sesso. E basta. Mi ha quasi mangiato il naso, perché dice che solo da quando si è messa con me ha cominciato a trasformarsi in una tigre vera e propria. Non è stata proprio una bella scena.”

“E dove è andata?”

“Ha detto che vuole stare un po’ da sola…poi se ne tornerà dai Vendicatori. Dice che loro saprebbero come aiutarla a liberarsi dalla maledizione. Non vuole essere più Tigra. E poi c’è questa storia dell’amnesia: non so come, ho perso la memoria qualche tempo fa. Durante una missione, sono stato fulminato da Dracula in persona[xxii]. Da allora, comincio ad avere come dei lampi di memoria, ma niente di definito. Insomma, mi viene solo un gran mal di testa e non so a che santo votarmi.”

Dave scosse la testa, e diede a Sabre una pacca sulla spalla. “Quando sono giù, mi faccio una birra. Funziona.”

Sabre storse il naso. E anche una pessima birra, ad essere onesti! “Non credo che funzionerebbe. Sono immune a qualunque veleno che non sia l’argento.”

“Allora prova questa,” e il giovane gli passò al volo un chewing gum grosso come un dado. “Mastica e non pensarci su troppo. Funziona.”

Sabre prese l’oggetto. Lo nasò un attimo, poi decise che comunque non sarebbe stato peggio di come si sentiva ora. Prese a masticarlo…prima di ricordarsi che non aveva una bocca adatta per una gomma da masticare! Il bolo tremendo gli si infilò fra due molari. Lui provò a cavarlo via con un artiglio, ma riuscì solo a ‘spalmarlo’ sul palato. Provò con un altro artiglio, ma ottenne una orrenda ‘filiera’ da una zampa all’altra. A quel punto, gli si drizzò il pelo ed iniziò a bestemmiare come se fosse stato posseduto!

Dave (Spacker Dave!) sorrise, tutto soddisfatto. “L’ho detto che funziona.”

 

Blank

La vista di Cap che portava un tizio agli uffici della sicurezza aveva messo la strizza agli ultimi irriducibili. Improvvisamente, c’erano molti portafogli a terra, e tutti ancora gonfi.

Che spreco, fece il polacco-americano fra sé e sé. Si grattò la testa per l’ennesima volta, desiderando di togliersi la maschera -Dollar Bill era stato categorico, però. Uniforme obbligatoria! Il tessuto era traspirante e studiato per evitare irritazioni alla pelle od al cuoio capelluto, il visore garantiva una visione a 180°, la copertura della bocca era un dio di filtro contro le microparticelle…ma continuava a sentirsi soffocare, e non poteva neppure farsi una sigaretta! Questa era tortura!

Sigarette a parte, comunque, doveva ammettere che la vita con questi pazzi non era mica male! Visto il tenore delle loro missioni, aveva temuto di finire all’ospedale molto in fretta, invece aveva fatto un fottio di soldi e gli era costato al massimo qualche ammaccatura. Con Graviton, quasi ci aveva rimesso la pelle: gli era andata  bene che, dopo essere stato scaraventato nell’oceano, fosse stato soccorso da una petroliera. Senza documenti e senza soldi, e senza alcuna voglia di rimettere piede a terra, aveva accettato di fare il marinaio -‘flessibilità’ era la parola d’ordine di chi viveva alla giornata.

Naturalmente, lo avevano pagato una miseria, e quel poco che aveva guadagnato gli era servito per tornare a Los Angeles. Era passato, a quel punto, quasi un anno dalla nascita dei maledetti Vendicatori della Costa Ovest, e gli stessi eroi avevano ben altri granchioni da prendere che un perdente come lui!

In tutto quel casino, Eddie una buona idea l’aveva avuta: il generatore di campo e un po’ di grana erano al sicuro in una cassetta di sicurezza. Non aveva maturato interessi, ma almeno andava bene per i tempi bui…

Purtroppo, da quando era salito sulla petroliera, i suoi tempi bui erano diventati sinonimo di mancanza di alcool. Non era esattamente un alcolista, infatti riusciva sempre ad evitare di finire nel baratro, ma era raro che fosse sobrio al 100%. Era stato, infatti, in un incredibile momento di sobrietà che aveva deciso di unirsi ai Giustizieri, dopo avere vagato da una costa all’altra senza neanche ricordarsi come ci fosse riuscito.

Diavolo, se aveva voglia di un goccetto. L’adrenalina era una droga potente, ed aveva passato tutto quel tempo senza toccare un goccio…ma ora aveva veramente bisogno di ricaricare le batterie!

Per una volta tanto, Eddie Velikosvki ringraziò di avere la maschera: era sicuro di stare facendo davvero una brutta faccia, sotto di essa.

Cosa prevede il regolamento, se uno si ciucca? Ah, sì, la Cleaver in persona glielo aveva spiegato: espulsione. Il passato criminale si poteva recuperare, con un po’ di buona volontà, ma la tossicodipendenza -alcool, tabacco o droga che fosse- richiedeva una terapia d’urto oppure licenziato. Gli avevano fatto delle gran analisi, lo avevano rivoltato a dovere, sapevano che beveva, e gli avevano dato delle medicine che lo avevano fatto stare bene.

Fino ad ora.

Cazzo, se aveva sete… “Oddio!”

 

Man-Eater

“Ma vuoi farmi venire un colpo??”

Effettivamente, il più recente acquisto della JI aveva l’aspetto meno rassicurante. Dove Tigra era, basicamente, una bella donna con una rada pelliccia, un bikini molto succinto e le forme giuste, e un bel carattere, di Man-Eater sapevano solo che era un maschio grosso come una casa, con certe spalle da fare sbavare qualunque allenatore di football. Sembrava più una tigre su due zampe che un uomo, e aveva certi artigli da paura!

“È solo psicologico,” disse l’uomo-tigre, con una voce fra il ringhiare ed il fare le fusa.

“Come..?” in quel momento, Eddie si sentiva lontano un miglio da qualunque desiderio di sbevazza.

“Il tuo bisogno di alcool. Non è fisiologico, è mentale.”

“Come fai a sapere…oh.”

Man-Eater ficcò le orecchie. “Per me, borbottavi abbastanza forte.” Mise poi mano alla cintura, e da uno scomparto ne estrasse una pillola. “Angela dice che questa ti farà sentire meglio…ma preferirebbe che tu la combattessi con le tue forze. Non vuole che tu sostituisca una dipendenza con un’altra.”

Blank afferrò la pillola. Rigirandosela nella mano, disse, “Che delizioso angelo. Come se ne capisse qualcosa!”

Man-Eater lo squadrò severamente. “Io ne capisco qualcosa. Quando sono sotto un forte stress, provo un desiderio intenso di uccidere. Se non avessi accettato l’aiuto di Silver Sable, adesso sarei in gabbia. O peggio.”

Blank inghiottì la pillola. “Non mi sento consolato, lo sai? Ad ogni modo, Murphy, grazie.” Gli diede una pacca sul braccio e se ne andò fischiettando nervosamente.

Malcolm Murphy sospirò. Almeno, quel figlio di puttana era fortunato: lui sapeva cosa lo aspettava, sapeva chi era e poteva permettersi il lusso di dare una direzione alla sua vita.

Malcolm non sapeva neppure se quello era il suo nome. Il suo passato era un mistero ancora più fitto di quello di Sabre. Le analisi effettuate sul suo patrimonio genetico non erano state di alcun aiuto. Il suo DNA era un tale patchwork che avrebbe potuto benissimo essere tanto un uomo quanto un mutante.

Aveva accettato più che volentieri questo incarico. Di stress ne avrebbe visto, ma almeno la Cleaver aveva promesso di aiutarlo a tenere sotto controllo le crisi. E gli avrebbe comunque garantito una vita onorevole, senza doversi nascondere ogni giorno. In più, agendo sotto gli occhi del pubblico, c’era una possibilità, anche se remota, di attirare l’attenzione di chiunque avesse avuto a che fare con lui nel passato.

Il resto era speranza…

 

Episodio 13 - Yesterday…

 

Uffici in dismissione della Justice Inc. a New York, presso le Solomon Towers

 

“Il rischio è il pane della Justice, Inc., signori.”

A parlare così, sotto forma di ologramma, era Angela Cleaver, fondatrice e Presidente della nuova Società di eroi a pagamento. Parole che non potevano che incontrare l’accordo e dei veterani e dei neo assunti Giustizieri.

I veterani si componevano di sette elementi: Warwear, Midnight Sun, Fusione, Joystick, Molten, Capitan Power e il licantropo Sabre.

Le due reclute, per contro, non sembravano le più adatte per un simile lavoro. O meglio, era Blank, ex mezza tacca del mondo del crimine, a sembrare inadatto. Man-Eater, l’uomo tigre, invece, sembrava sempre pronto a conquistare il mondo con i suoi 200 Kg di muscoli, pelliccia ed artigli.

“Ma, devo ammetterlo, credo che sia la prima volta che ci avviciniamo a creare una crisi internazionale.

“Recentemente, Pantera Nera, Sovrano del Wakanda, ha dichiarato la nascita di una Superfederazione pan-Africana, da lui stesso guidata[xxiii]. Ha corredato tale annuncio affermando che i conflitti in corso, su ogni fronte, indipendentemente dalle etnie e religioni coinvolte, sarebbero gradatamente cessati. E la cosa peggiore è che sta succedendo.”

“’La cosa peggiore’?” Man-Eater. “Come potrebbe la pace essere un male, soprattutto in quel martoriato continente?”

Angela non ebbe esitazioni nel rispondere, “I giochi di potere in quest’area del mondo, Malcolm, hanno risvolti ed implicazioni globali. Letteralmente. Nessuno è pronto ad un simile cambiamento, così improvviso: in più, sospetto che ci sia una qualche influenza esterna. Signori, è semplicemente ovvio che decenni e secoli di odii tribali e razziali non possono venire gettati al vento in pochi giorni e con un annuncio di buona volontà.

“Non abbiamo ancora sospetti precisi sul responsabile, ma, almeno, ci sta facendo un favore: non dovremmo trovare ostacoli di rilievo per il compimento di questa missione. Buona fortuna, Giustizieri.”

L’ologramma si spense. Warwear, alzandosi in piedi, disse, “Partenza oggi alle ore 14:00 in punto. Siate pronti e bene idratati…” Il resto delle sue raccomandazioni si perse nei pensieri di Sabre. Al diavolo tutto il resto, ora contava una sola cosa, da chiarire. Dopo, avrebbe deciso se stare con questa gente o meno…

 

Il trasloco era in pieno svolgimento. Ormai, tutte le apparecchiature elettroniche adibite a rendere ogni alloggio dei Giustizieri una struttura unica e personalizzata erano state rimosse. Restavano le pareti dei cubicoli condominiali, nude e claustrofobiche.

Sabre entrò nella sua stanza -che riconosceva come tale solo grazie all’odore. Niente di tutto questo gli importava, tuttavia, in quel momento. Una volta sedutosi, in ginocchio, al centro della stanza, Sabre attivò un’unità nascosta sotto la pelliccia –innesti bionici, un ‘regalino’ della sua ‘padrona’…

L’ologramma di Angela apparve, a differenza che nella sala riunioni, a figura integrale. “Ci sono problemi, Sabr…”

Il licantropo la interruppe passando, per la prima volta in chissà quanto tempo, alla sua forma umana –un uomo di sana e robusta costituzione, dai capelli biondi, nudo e per nulla imbarazzato di esserlo. “Mi chiami Jack, Ms. Cleaver.” Freddo. Ostilità appena sotto la superficie, un segnale di essere pronto a tornare lupo e fare a pezzi in qualunque momento.

La donna annuì. Sospirò. “E’ successo prima di quanto mi aspettassi, ma sapevo che sarebbe successo, alla fine.”

Jack ridacchiò. “Ringrazi il medico. E’ stata una bella terapia d’urto, quella a cui mi ha sottoposto il Conte Dracula[xxiv], ma ha dato i suoi frutti.”

“…”

“Anche se non tutte le mie memorie. In qualche modo, c’è un buco, un abisso che non riesco a colmare. Un fatto recente.”

“E il resto della tua vita, quello lo ricordi bene?”

L’uomo annuì. “Jack Russell, nato Russoff, figlio di Grigor, che a sua volta era un licantropo. Credevo di avere ereditato la sua maledizione a causa dell’influsso del Darkhold, ma in realtà era già nel mio sangue. Appartengo al misterioso ‘Popolo’ citato da Dracula durante il nostro scontro.

“Ho passato una vita a credere di essere diviso in due, fra l’Uomo e la Bestia, ma in realtà proprio con quei pensieri stavo dividendomi: pensieri accesi da mia madre, che non era stata capace di accettare la morte di papà, dando al Lupo la colpa.

“Alla fine, le circostanze mi hanno portato alla riunificazione, anche se ancora su basi psicologicamente errate. Da quel momento, ho vagato in giro per il mondo, alla ricerca di coloro che potevo avere ‘infettato’ quando ancora non avevo il controllo sulla capacità di trasmettere la licantropia.”

L’ologramma annuì.  Angela possedeva un’espressione che per qualche ragione a Jack piacque molto poco. “Russell, hai almeno riflettuto sul fatto che c’è una ragione per la quale la verità e la tua memoria ti sono state tenute nascoste?”

“Ho riflettuto sul fatto che un mio buon amico e mia sorella, e una donna a me cara non hanno più mie notizie, così come io non so nulla di loro, e che può essere successo loro di tutto. E che sono stato trasformato in una versione di ‘Terminator’. E che se tu fossi responsabile di…”

“Come preferisci,” il tono di lei era ora di nuovo quello familiare, distaccato ed al contempo intenso. “Per cominciare, partiremo dagli innesti. Torna lupo.”

Lui lo fece.

“Stendi un braccio. Punta la mano verso il basso.”

Lui lo fece. Strano momento, per il baciazampa!

“Concentrati. Visualizza il braccio nella tua mente. Immaginalo senza gli innesti. Esegui.”

Lui lo fece. L’ologramma si spense. Naturalmente, si chiese se si fosse scomposto come Jeeg Robot d’Acciaio -la Cleaver gli aveva detto che gli innesti erano un modello ‘classico’, cioè ossa metalliche hi-tech coperte da un pelo sintetico che mimava perfettamente le funzioni di quello biologico -made in Wakanda & Zilnawa… “Occristo.”

Lo vedeva, e non ci credeva! Dalle dita, attraverso le unghie, stava colando del metallo. Cinque fini cascate di una sostanza simile al mercurio, occasionalmente attraversata da scintille azzurre…Jack osservò il fenomeno come ipnotizzato, fino al termine, cinque minuti dopo. E, alla fine, non si sentiva in alcun modo diverso o…svuotato.  Si guardò la mano, agitando le dita, come a volerne constatare l’integrità…

Osservò poi la pozza di ‘sangue’ metallico che pulsava a terra. Istintivamente, le diede un’annusata; odorava di qualcosa di biologico ma indefinito, e qualcosa di artificiale, e di ozono…

La voce di Angela gli giunse, questa volta, da un comunicatore subcutaneo nella gola. “Quello che vedi è un mucchio di naniti. Loro sono l’innesto, e la tua pelliccia è sempre stata quella naturale.”

“Robot? Non credevo che la tecnologia, sulla Terra, fosse così sviluppata…”

“La Talon Corporation è più avanti di quanto sospetti, in tale senso.”

“Perché non dirmi direttamente la verità? Alla fine, sono solo…macchine…” sull’ultima parola, esitò. Adesso che sapeva, si sentiva come…violato…

“I naniti sono serviti a mantenere la soppressione di alcune delle tue aree della memoria. E avrebbero ancora funzionato, se non fosse stato per il fulmine che Dracula ti ha lanciato contro. A suo tempo, mi sono sembrati la soluzione migliore per garantirti una maggiore protezione dagli attacchi di un super-essere.”

“E…non è che finirò col venire assimilato o roba del genere?”

“No. Quelle macchine sono state concepite e programmate solo ed esclusivamente per funzionare nel tuo corpo e con determinate funzioni. Non possiedono alcuna forma di intelligenza collettiva o volontà autonoma.”

Licantropus annuì.

“Passiamo ora ai tuoi amici e parenti: tua sorella, Lissa, sta bene. Si trova in una località segreta, protetta dal meglio che i soldi possano comprare in programmi di sicurezza; a spese del Popolo, nel caso te lo stessi chiedendo.

Buck Cowan, il giornalista, lavora adesso presso il Daily Globe. Ha rimesso in piedi i cocci della sua vita e, sì, gli manchi. Anzi…dovrei dire che sta diventando alquanto insistente pur di ritrovarti.

Topaz, che fu la tua donna, è morta.”

“Co..?” il sollievo che aveva provato sentendo di Lissa e Buck si estinse insieme ad almeno un battito del suo cuore. Non sapeva perché aveva deciso di dare ancora fiducia ad una donna che non conosceva affatto e che faceva del doppio gioco uno stile di vita…ma l’istinto gli diceva che poteva fidarsi…

“Ad un determinato punto della sua vita, è stata irrimediabilmente corrotta dall’entità extradimensionale nota come Dormammu, ed è diventata Darklady. In tale stato, ha causato la crisi di Inferno2. E in tale stato, è deceduta dopo uno scontro contro un assembramento di super-esseri.”

Jack iniziò a capire cosa provassero i pazienti in coma che si risvegliavano solo per scoprire un mondo improvvisamente diventato alieno. Topaz era stata molto più di un’amante, era stata una cara amica, la sola capace di stargli vicina quando lui perdeva il controllo…

Almeno, Angela non gli disse il ‘mi dispiace’ di rito, o se la sarebbe segnata per davvero! “Il mio vuoto di memoria. La mia amnesia…dimmi di quelli.”

“Farò di meglio: lascerò che tu scopra tutto da solo. Hurushia.

Una parola-chiave! Un ulteriore ‘dispositivo di sicurezza’ imposto per ipnosi nel caso che i naniti fallissero il loro compito. Jack lo capì non appena sentì come un velo sollevarsi dai suoi ricordi. Ricordi così vividi che li rivisse con un’intensità da sogno ad occhi aperti.

Intorno a Licantropus, la stanza si dissolse. Le pareti si sgretolarono, caddero in polvere. Dal pavimento crebbe un tappeto d’erba, un ruvido ostacolo cosparso di fiori ed erbacce che nascondevano sassi, radici e buche. Il tetto della stanza fu sostituito da un cielo in cui brillava una mezza luna calante.

Ed io ero lì, in forma umana. Sedevo sulla mia Harley, e mi sentivo come un intruso su quella strada sterrata. Ero sicuro che da un momento all’altro sarebbe arrivata una guardia forestale pronta a farmi la festa a colpi di multa per essere venuto su un cavallo di ferro.

Ma nulla, neanche un provvedimento di espulsione per licantropia molesta, avrebbe potuto dissuadermi dal fare il mio dovere. La locanda-ostello davanti a me era fonte di informazioni, e mi servivano info, e in fretta.

Un tempo, non mi sarei neppure preoccupato di avvicinarmi volontariamente a questi posti. Un tempo, ci sarei passato solo in preda al delirio della Luna Piena, in cerca di preda commestibile. Un tempo, ero un mostro assassino, vittima della mia stessa incapacità di accettarmi per quello che ero; ignorantia non excusat. E, peggio, alcune mie vittime non furono così fortunate da morire sotto i miei morsi.

In più di un’occasione, ero diventato ‘padre’. Avevo generato mostri simili a me, e, spesso, mostri con ancora meno scrupoli del mio Io più selvaggio. Come i Mangiacervelli, una gang di motociclisti che avevano fatto della violenza estrema uno stile di vita. Da mannari, erano diventati, se possibile, ancora peggiori…E quanti altri ne avevo contaminato? Quante vite avevo involontariamente distrutto?

Così, avevo poco saggiamente deciso di trovare i miei ‘figli’, e liberarli dalla maledizione. In un modo o nell’altro.

Ma, come sempre, era meglio procedere un passo alla volta. Stasera, si trattava di vedere quanto di vero c’era nella leggenda moderna di una strega che viveva da queste parti. Una strega capace di diventare una lupa. Metà degli indizi me li avevano forniti i tabloid e, mano a mano che procedevo, i pettegolezzi.

Parcheggiai la moto davanti all’ingresso –meglio essere pronti ad una rapida fuga, non si sa mai- ed entrai, mostrando tutta la spavalderia del turista straniero e saccente. Fui completamente ignorato!! Mi andò bene se mi lanciarono due o tre occhiataccie del tipo ‘che tempi’!

Mi avvicinai al bancone, dominato da uno schermo al plasma a sua volta occupato da una cronaca sportiva in Bavarese stretto. La più vecchia delle bottiglie avrà avuto un anno. Niente Schnappsm in compenso gli immancabili salatini in ciotole plastificate. L’oste era una ragazza, un modello-Helga che, all’età di 40 anni, si sarebbe inevitabilmente irrobustito fino a potermi strappare la pelliccia di dosso con un ceffone. Meglio tenersela buona fin d’ora.

«Posso fare qualcosa per te, straniero?» chiese lei, mettendomi un bicchiere vuoto davanti.

Io appoggiai i gomiti al bancone. Indicai un classico whisky con gli occhi.  «Niente che un po’ d’amore o molti soldi non possano fare.» Una vera fortuna avere già viaggiato mezzo mondo. Un giorno avrei dovuto fare l’interprete all’ONU.

La ragazza ridacchiò, mentre riempiva il bicchiere. «Fai l’Americano, ma non lo sei. Da dove vieni?»

«Transilvania. Mi chiamo Jacobi Russoff. Sono qui per incontrare la Strega.»

Di solito, in un bel film di serie B, soprattutto di quelli pieni di effettoni speciali, l’atmosfera si fa di colpo tesa. Tutti tacciono e guardano l’incauto stolto pronto per il macello ed il piatto d’argento.

In realtà, per l’attenzione che mi dedicarono –avevo parlato in modo da farmi sentire almeno dalla prima fila dei tavolini- avrei potuto annunciare che volevo incontrare un vecchio zio.

La ragazza-Helga indicò una direzione imprecisata con lo sguardo. «La sua baracca è quanto rimane di un cottage di qualche cacciatore, roba del secolo scorso. Ci abita solo lei. A suo dire, ne ha risolte di crisi matrimoniali, ma avrebbe anche lanciato qualche malocchio. Una cosa è certa: da quando abita lì, nessuno osa sparare una cartuccia nel raggio di venti chilometri.»

Bevvi. Sciacquetta d’importazione, che tempi! «So che hanno avvistato dei lupi…»

Il volto di lei si fece severo. «Ilse ha passato una vita infelice. I suoi l’hanno abbandonata fin da piccola, ed è cresciuta balzando da un orfanotrofio all’altro. Una delle famiglie che l’hanno adottata bazzicavano con la…magia,» quasi la sputò, la parola. «Quando ha raggiunto la maggiore età, e nessuno più la prendeva, si è trasferita qui. Ne avrebbe da insegnare, ai cosiddetti ‘turisti responsabili’, ma visto che conosce flora e fauna di questi posti come il palmo della sua mano, tutti a dire che è una specie di figlia dei Wicca. E tu, di che avresti bisogno, da lei?»

Cominciavo a sentirmi come una specie di protettore intento a visitare la sua puttana. Insomma, mi vergognavo come uno scemo. Fui salvato proprio dalla ragazza, che scrollò le spalle. «Almeno, Ilse sa difendersi. A fare la vita che ha fatto, si diventa tosti.»

Non finii il drink -era già stato un errore prenderlo, avevo scoperto che il Lupo andava in ciucca facile quando mi trasformavo senza avere finito di metabolizzarlo- e ringraziai dopo avere lasciato qualche moneta sul bancone.

Mentre procedevo verso l’uscita, mi accorsi di qualcosa di strano -da quando io e la Bestia ci eravamo integrati, i miei sensi, anche in forma umana, si erano rinforzati non poco. Non si trattava di qualcosa di bene definito: più che un singolo fattore, a mettermi a disagio era un insieme di frammenti -odori che parlavano di diffidenza, movimenti prudenti, furtivi, un silenzio così intenso da essere rumoroso…

Voltai discretamente lo sguardo. Tutti facevano i propri affari, come quando ero entrato. Nessuno mi guatava, ma era come se l’intero locale si fosse animato, per un momento. E non mi piaceva, non mi piaceva affatto!

Uscii. Se qualcuno voleva giocare al gatto e al topo, avrebbe scoperto chi era davvero il gatto!

 

Una volta fuori, mi allontanai verso il bosco. Se davvero questa ‘Ilse’ si trovava nella direzione indicata, allora ci sarebbe voluta una tonnellata di acido per aprirsi un varco, là dentro. Sospirai: chissà, magari questa volta non me l’avrebbero rubata. L’ultima, ho dovuto seguire la pista per un mese, prima di rivederla…almeno, fui molto convincente nell’ottenere una riparazione decente dai ladri stessi.

Entrato a sufficiente profondità nella vegetazione, mi tolsi gli abiti. Ne feci un fagotto, appendendolo per la cintura a un ramo -i vantaggi di essere come sono è che nessun animale aveva voglia di giocarci, una volta nasata la roba.

Cambiai. Il freddo smise di pungere la pelle, i suoni disordinati per l’orecchio umano divennero un’ordinata composizione, gli odori mi travolsero, i colori assunsero sfumature tutte nuove, e il suolo sotto le mie zampe era fresco. Mi sentii felice.

Scattai. Mi concentrai quasi esclusivamente sul mio naso: cercavo una licantropa, quindi era inutile farsi distrarre da…

Eccola!

La mia specie possiede una traccia odorosa particolare, potreste dire speciale, unica. Impossibile sbagliarsi. Ingranai la quarta, indeciso se spaventarmi all’idea di trovarla o di perderla.

Una femmina. Cavolo, da quanto tempo non ne avvicinavo una? L’ultima era stata il capobranco dei Mangiacervelli, non proprio il mio tipo: cacciare umani non è divertente, dopo la prima volta.

Che mi piacesse o no, i miei ormoni scalpitavano. Dio, come speravo che non finisse in una scazzottata!

Giunsi alla baracca senza problemi. L’odore era forte e fresco, e veniva dalla casa -che ben meritava l’epiteto affibbiatole. Era chiaro che stava in piedi solo grazie ai viticci che ormai si erano consolidati alle pareti. Il camino era un tubo così arrugginito che si sarebbe sfaldato se ci avvicinavi un fiammifero.

Una tana dall’aspetto cadente ma abitata. Avevo voglia di latrare eccitato, per farmi sentire. Invece, mi feci forza e mi avvicinai a testa bassa. Mi concentrai, e scoprii che una cosa era vera: la magia permeava questo posto. Magia bianca, positiva, alimentata dalla foresta e focalizzata da una volontà gentile ma forte…

La porta si aprì! Nonostante i cardini vistosamente arrugginiti, non fece che un fruscio.

E lei era lì, sulla soglia. Nella sua forma umana, era stupenda! Indossava un paio di jeans strappati all’altezza delle ginocchia, e una camicia cortissima, che le lasciava scoperte il ventre e le braccia fino ai gomiti. I capelli erano di un rosso intenso, su occhi verdi e la pelle abbronzata.

Era la Strega. La mannara. La sua sola presenza mi investì come un tornado.

Ilse si voltò verso di me. Ero sicuro di essere ben nascosto, di essere sottovento, e di essere stato quanto più silenzioso possibile…ma lei mi aveva visto lo stesso. Sorrise, e in quel sorriso non c’era malizia.

Mi scoprii ad alzarmi in piedi. Non riuscivo a staccarle gli occhi da dosso, verde contro verde: era lei l’alfa e io le avrei obbedito come un cucciolo. E se vi do quest’impressione di incoerenza, avrei voluto vedere voi al mio posto, con i miei sensi.

 

Entrando, vidi che l’interno della baracca non era migliore dell’esterno. Se si escludevano un tavolo tondo e cinque sedie, tutti nuovi, l’abbandono era totale; persino le ragnatele avevano fatto la polvere, e gli scarafaggi non sapevano che farsene di un luogo senza cibo per loro. Quella non era una casa che la Donna usasse. Quella era solo una facciata, fumo negli occhi.

E una tana per la Lupa. “Ti stavo aspettando, Licantropus.”

“Mi…conosci?” esitavo, non sapevo trovare le parole. Ben altre parti di me stavano lottando per prendere decisioni!

Ilse si sedette su una sedia, invitandomi con un cenno a fare lo stesso. Quando mi fui seduto, lei disse, “Il Popolo ti conosce bene, anima smarrita e solitaria. Il tuo coraggio è leggenda…anche se mal riposto.”

*?*

Ilse si passò una mano fra i capelli. Come in un gioco di specchi, appena il movimento ebbe coperto il suo volto, al suo posto c’era la lupa. Una trasformazione rapida, pressoché istantanea. Non indossava più niente, e mostrava una pelliccia uniformemente rossa e gli occhi ancora più intensi. E non mi era mai parsa ancora più desiderabile!

“Senti forse il tuo sangue nel mio, Jack Russell?” chiese lei, scuotendomi dallo stupore erotico. Io scossi la testa, meccanicamente all’inizio…poi, annusando più a fondo, scoprii che, in effetti, in lei non c’erano tracce di me. Non era una mannara a causa del mio morso.

Mi era capitato di incontrare altri licantropi, certo…ma costei era diversa. Era qualcosa più del sesso e basta, era come una forma di…compatibilità… “Cos’è questo ‘Popolo’? Un’organizzazione, o...?”

Ilse si alzò in piedi, per poi chinarsi a gattoni, a terra. Si stiracchiò, lanciando un gran sbadiglio pieno di zanne, offrendomi una visione completa della sua sinuosità. Capii perfettamente il tormento di Ulisse con le Sirene!

Ilse si mise seduta, appoggiando un braccio e la gola sulla mia gamba. Guardandomi dritto negli occhi, mi disse, “Niente del genere, Jack. Il Popolo siamo noi, tutti i lupi naturali e mannari, in qualunque parte del mondo. Siamo una specie, Jack. Una specie perseguitata da più tempo di quanto tu possa solo immaginare.” Il suo tono si fece triste. “E tu, a tuo modo, stai contribuendo al nostro tormento.”

“Io..?”

Ilse si mise in piedi. “Dimmi, che intenzioni avevi con me?”

“Voglio aiutarti,” risposi senza la minima esitazione. Sì, ero fesso.

“Aiutarmi a ‘guarire’, giusto? Deve essere davvero orribile, essere costretti a vivere con quest’aspetto così mostruoso…”

Se fossi stato un uomo qualunque, ignorante, pieno di pregiudizi instillatimi da una cultura cieca, sarei certamente stato d’accordo. Ma non parlavo per ignoranza: parlavo per esperienza. Se Ilse era un’assassina, l’avrei fermata comunque.

Scodinzolando, Ilse tornò a sedersi. “Il tuo corpo parla per te, dovresti averlo imparato. Il silenzio non è un’arma efficace, per noi.

Ilse…so quanto sia inebriante il Lupo, ma so anche quanto facile possa essere perdere il controllo. Io…”

“E come intenderesti ‘curarmi’? Mi mordi come uomo e tutto passa?”

Dovevo dirglielo? Potevo? Era il mio più grande segreto: una volta che avessi spifferato tutto, non avrei potuto tornare indietro! Ma come potevo decidere? Improvvisamente, sentivo qualcosa di sbagliato, in tutto questo, nella mia missione, le mie motivazioni…Ilse era tutto quello che non avevo mai incontrato in un licantropo. Semplice così.

“Io…” la mia bocca parlò per me, era come se me l’avessero anestetizzata, per il controllo che ne avevo. Parlai senza alcuna intenzione di parlare. “Io conosco una…persona. Lui può aiutarti, se lo vuoi.”

“È sufficiente, Jack Russell.” La voce e l’odore erano di un mannaro, ne ero sicuro. Ma una creatura come mai l’avevo percepita! E quello fu tutto ciò che potei pensare e fare, perché l’attimo successivo, un’enorme mano artigliata si chiuse sulla mia testa!

Un dolore orrendo attraversò ogni mio pensiero; il mio corpo divenne come di gelatina -non avevo mai percepito un simile dolore. Prima di precipitare nel buio, mi diedi dell’idiota per esserci cascato in quella trappola fatta e finita…

 

…E dal suo risveglio, si era trovato nel salotto di Angela Cleaver. In qualche modo, era diventato un lupo a tutti gli effetti, e…be’, il resto è storia.

E Jack Russell, Licantropus, stava vergognandosi molto. “Dunque, il mio…benefattore mi aveva in realtà usato per trovare ed uccidere i miei simili?”

“Esatto. Aveva magicamente installato una sonda mentale per guidare il tuo comportamento e le tue azioni. Non essendo ancora pienamente integrato con il Lupo, hai lasciato nella tua mente uno spazio vuoto che il Cacciatore ha sfruttato egregiamente. Solo un Consigliere del Popolo poteva trovare quella sonda e distruggerla. E, per essere sicuri che non potessi essere più contattato da lui, è stata soppressa ogni memoria dell’incontro con Ilse.”

“E adesso, la sonda tornerà a..?”

“No, sei stato esorcizzato. La soppressione della memoria era una misura precauzionale.”

“Che ne è stato, di Ilse? E perché con lei ho provato quelle sensazioni? Topaz…”

Ilse sta bene. È vigilata da una comunità composta di altri lupi e di Votati. Non corre rischi. Quanto al tuo…innamorarti,” qui la voce di Angela si fece di una tacca più allegra, “be’, rispondevi semplicemente ai messaggi sociali della specie, solo che eri troppo zuccone per farci caso. Infatti, come ti ricordi, ti aveva sorpreso che un mannaro potesse comportarsi razionalmente ed amichevolmente.”

“…”

“Sono stata contattata per poterti proteggere efficacemente. Anche per questo ti ho voluto nei Giustizieri, perché potessi lavorare in squadra, non da solo. Adesso, sta a te decidere: se lasci la JI, il Popolo ti proteggerà, ma le tue probabilità di…”

Licantropus fliccò le orecchie all’indietro. Un attimo dopo, sulla soglia si presentò Midnight Sun. L’uomo-lupo si alzò. “Per ora, voglio solo portare a termine questa missione. Al resto, ci penseremo dopo.”

I Giustizieri uscirono dalla stanza. E così, finalmente, Jack aveva avuto delle risposte, anche se in qualche modo esse lo preoccupavano più delle domande.

A partire da quella più importante: chi era il suo misterioso benefattore, l’uomo che lo aveva ingannato, e che in segreto aveva ucciso degli innocenti? E poi, Lissa e Buck: doveva tornare da loro, e presto! Non poteva aspettare che l’altro facesse la prima mossa…

 

Episodio 14 - L’ultima spiaggia

 

Su un aereo in volo per l’Alaska

 

“Sì, Bill, concordo,” disse la donna di nome Angela Cleaver, mentre spegneva il monitor. “Questa richiesta di assistenza in particolare merita senza dubbio la nostra attenzione; avere il Wakanda come cliente può farci molto bene a livello referenziale. Sarà la nostra prossima…”

In quel momento, suonò un cicalino dalla tavola. Angela e Dollar Bill, tesoriere e PR della JI, guardarono verso uno schermo olografico che si manifestò al secondo squillo. “E che cosa vogliono le F(forze)S(speciali)D(difesa)N(nazionale) da noi?” fece Bill…Ma non c’era dubbio sull’identità del chiamante.

Angela digitò un pulsante, ed accanto ai dati sull’olo ne apparve un altro, che mostrava il giovane volto del Dott. David Stone. Sempre più incuriosita, Angela disse, “Comandante Stone, cosa possiamo fare per lei?”

L’uomo sospirò. “Un miracolo ci servirebbe molto…ma immagino che non conosciate un modo per spezzare l’isolamento dello Zilnawa e ripulirlo dall’Ultronia Pestis

Angela scosse la testa. “Temo di no, Comandante…Ma non è per questo che ci ha chiamato, vero?”

Lui annuì. Era molto pallido, per la tensione e la stanchezza. “Immagino che abbiate seguito i flash di agenzia sui recenti fatti in Liberia, giusto?”

Angela annuì. “I Campioni sono stati attaccati da forze ribelli di fronte all’Ambasciata dello Zilnawa[xxv]. A sentire i media, si tratterebbe di un massacro senza sopravvissuti.”

“Fortunatamente no, ma uno dei nostri è morto, mentre un altro è in tali condizioni che non scommetterei su un suo recupero a breve. Abbiamo assolutamente bisogno non solo di riempire quelle perdite, ma anche di aumentare i ranghi di qualche unità; un simile ‘incidente’ non deve ripetersi nemmeno per scherzo. Ora, sappiamo che voi offrite i vostri servizi al migliore offerente…er, offrite anche del personale?”

Un gatto non avrebbe saputo sorridere in modo più enigmatico. “La Justice Inc. è in grado di venire incontro alle vostre richieste, Comandante…”

 

Aeroporto di Massaua, Eritrea, Africa

 

Nel mezzo della folla, che riempiva la strada del mercato della città costiera sul Mar Rosso, nessuno fece caso ad una comitiva di nove turisti, otto uomini e una donna, tutti sani e col florido aspetto di chi spendeva molto tempo in palestra; Uno di loro, soprattutto, era un vero e proprio gigante, con certi muscoli che da soli sembravano a prova di proiettile.

“Spero che la scelta del posto non si riveli fallace,” disse un uomo che assomigliava moltissimo al celebre attore Simon Williams. Si guardò intorno con un’aria da snob che più non si poteva. “Diamine, c’è una puzza che credevo di essermi lasciato qualche milione di anni luce di distanza.”

“Non sono tutti abbastanza fortunati da disporre delle comodità moderne,” rispose un uomo di colore, che dietro alle sue maniere affabili nascondeva due occhi che abbracciavano e sondavano ogni possibile minaccia. “Ma considera i vantaggi: i soli a disporre di telecamere sono i turisti, e a quelli noi non interessiamo. Il bello della stagione turistica è proprio la possibilità di non dare nell’occhio…” Prima di diventare un mercenario ‘bianco’, Parnell Jacobs era stato un berretto verde nei Marines e dopo ancora mercenario ‘nero’ -vale a dire, specializzato in attività strettamente illegali. Tenere gli occhi aperti, molto aperti, alla fine, era diventata una sua seconda natura.

Anche se da qualche tempo il governo provvisorio riusciva a mantenere una buona presa sulla tregua, in vista delle regolari elezioni, la tensione sociale era a dir poco palpabile. La diffusa miseria dei locali ne spingeva molti a tentare qualunque cosa per la pagnotta; anche quella era una ragione perché i Giustizieri della J.I. si muovessero in gruppo. Quasi tutti avevano un passato criminale alle spalle, ed occorreva evitare che i nervi saltassero a qualcuno nel momento e nel posto sbagliato, o ci sarebbe stato un nuovo fronte di tensione internazionale da gestire…

 

Il gruppo lasciò le strade turistiche più affollate, per dirigersi in un dedalo di stradine che nessuna persona di buon senso avrebbe affrontato -non senza una guida, almeno. Procedettero sotto un sole infernale ed una temperatura di 40°C, mitigata solo dalla brezza marina.

Presente fra gli altri c’era Jack Russell. E quella umana era solo una delle sue forme, essendo egli un lupo mannaro. Se Dio voleva, era riuscito a recuperare la sua memoria[xxvi], e con essa la capacità di tornare umano. Non che la forma lupina gli dispiacesse, ma poteva essere scomoda nella vita civile…anche se voleva dire azzoppare i propri sensi, e dipendere non poco dagli altri per non finire con la gola tagliata… “Tra quanto raggiungeremo questo Ibrahim Mosawa?” chiese.

In risposta, il loro silenzioso membro, l’Eritreo M’Nai, indicò con un cenno un negozio di spezie all’angolo di fronte. Lanciò anche un’occhiataccia a Russell -quel nome non doveva essere pronunciato se non all’interno del negozio e senza testimoni…

“Cosa cercate da un morto?” chiese una voce giovane -dietro di loro!

Nove teste si voltarono all’unisono, ad incontrare lo sguardo sfottorio di un ragazzo. Vestiva abiti frusti -t-shirt bianca e calzoncini beige, sandali di corda- ed i suoi capelli neri erano unti, ma il suo fisico era perfettamente curato e nutrito. I suoi erano gli occhi di un essere umano che non aveva più un’innocenza da perdere. “Il vecchio Ibrahim ci ha lasciato un paio di settimane fa. Ora c’è Al-Mussar a gestire il negozio.”

M’Nai fissò il ragazzino con un’intensità che quello dovette, alla fine, dopo un silenzioso confronto, abbassare lo sguardo. Se quel piccoletto si credeva un duro per essere sopravvissuto alla strada per poi finire sotto un buon protettore, doveva impararne davvero, dalla vita! Soprattutto da chi era già morto e risorto almeno un paio di volte.

Parnell fece un passo per avvicinarsi, ma il ragazzino ne fece uno altrettanto lesto per allontanarsi. «Vogliamo informazioni su una famiglia di profughi che Ibrahim aiutò a suo tempo,» disse in un perfetto dialetto Kushita, retaggio di una delle sue tante missioni in tutto il mondo. «Non vogliamo guai e siamo disposti a pagare molto bene. Questo Al-Mussar può esserci di aiuto?»

Lo sguardo del giovane saltò da un ‘turista’ all’altro. Era perplesso -era chiaro che fossero dei professionisti, si muovevano con l’astuzia del predatore, e i loro occhi erano quelli di guerrieri. Era anche chiaro che avrebbero potuto sopraffarlo in meno di un batter d’occhio…e invece se ne stavano lì, a fare un’offerta solo apparentemente buona… “Aspettatemi qui,” disse in Inglese, e tornò fra le ombre da cui era spuntato.

Russell e l’enorme Malcolm Murphy, quest’ultimo nascosto da un travestimento olografico, lo udirono bisbigliare qualcosa a qualcuno in Amarico, in fondo al vicolo. Un passaparola, almeno così sperarono…

Passarono un paio di minuti, poi la porta del negozio si aprì.

“Come li amo, i soldi: sanno aprire qualunque serratura,” disse Parnell. Il gruppo si avviò.

 

L’interno era più grande di quanto avessero sospettato. Il gruppo fur accolto da un’atmosfera speziata così potente che Malcolm e Jack arricciarono il naso. Qui nessun cane avrebbe saputo memorizzare un odore che non fosse quello della merce, poco ma sicuro.

Un ragazzino chiuse la porta. Dietro al bancone stava un uomo corposo, robusto più che grasso, con un volto scavato con l’accetta, brunito, e decorato da un bel paio di baffi. Il suo sorriso era accomodante, ma i suoi occhi  erano quelli di un killer: freddi, lucidi. “Benvenuti, stranieri, da Al-Mussar. Come può la mia umile persona esservi di aiuto?”

Parnell e M’Nai riconobbero il tipo: per lui, come per Ibrahim, il suo predecessore, i profughi erano un affare d’oro, che si trattasse di smerciarli o di dare semplici informazioni. Da questo punto di vista, c’era da sperare bene… “Capitano, dammi una scansione.”

Il sosia del divo lo fece: si tolse gli occhiali scuri, rivelando un paio di occhi accesi di energie. Con calma metodica, osservò ogni angolo del negozio. “Tre apparecchi di videoregistrazione ed una ricetrasmittente attivi. Due bombe radiocomandate inserite nei punti portanti. Armi da fuoco e da taglio dietro la parete alla nostra sinistra ed addosso a Massur…” Si concentrò, e diversi fili di fumo sbucarono dalle pareti. “Ecco, l’elettronica è stata sistemata. Temo che per le armi portatili…”

Fu interrotto da uno scatto metallico! Una porta nascosta si aprì di colpo; quattro persone di colore vennero fuori, imbracciando mitragliatrici UZI: erano la guardia del corpo di Al-Massur, soldati che conoscevano il loro mestiere. Aprirono il fuoco sul gruppo; i proiettili vaganti avrebbero colpito i sacchi della merce, e la parete di legno avrebbe assorbito senza ulteriori danni il loro impatto.

Sotto gli occhi spaventati dei soldati, però, i proiettili si arrestarono a mezz’aria…per poi cadere a terra. I soldati continuarono a sparare, ma il risultato non cambiò.

Al-Massur poteva essere una carogna, ma stupido non era. Avendo visto i risultati di armi migliori della sua, optò per una fuga di emergenza. Una botola si spalancò sotto i suoi piedi, e lui scomparve nel pavimento. La botola si chiuse subito dopo

“*sigh* Jack, acchiappalo.”

Ben felice di obbedire, Russell fece un salto. A mezz’aria, il suo corpo fu sostituito da quello di Licantropus.

A quella vista, i soldati persero ogni coraggio e scapparono via urlando.

Capitan Power fece un cenno, ed i soldati si  trovarono stritolati da una forza invisibile, ammucchiati l’uno contro l’altro a mezz’aria.

Licantropus annusò la tavola…Metallo, e qualcos’altro. “Ha minato la botola. Non sarei sorpreso se si trattasse di un innesco a pressione.”

Parnell si voltò verso i prigionieri. “Allora chiederemo a loro dove trovarlo. Gentilmente.”

 

L’uomo di nome Al-Massur si chiuse una porta alle spalle. Percorse un breve corridoio verso l’esterno. Non c’era stata l’attesa esplosione, e i contatti col negozio erano ancora interrotti. Quindi quegli stranieri ne erano usciti vivi.

Uscì su un piccolo molo, dove lo attendeva un motoscafo. Al capo questo sviluppo non sarebbe piaciuto per niente! Teoricamente, avrebbe dovuto sacrificare sé stesso e tutto il negozio nel momento in cui lo aveva perso…Ma come si poteva immaginare che le avrebbero disattivate a distanza come dei televisori? E quegli strani strumenti…Chi erano? Lo SHIELD?

Salì a bordo del motoscafo. Il suo pilota accese il motore. Adesso si trattava solo di pregare che i suoi superiori non decidessero di frantumargli il cranio, negandogli il diritto di entrare in Paradi*!*

I due uomini furono avvolti da un lampo di luce, e scomparvero.

 

Riapparvero in una radura nel mezzo della savana. Avevano mantenuto la velocità di spostamento al momento del teletrasporto, e rotolarono così per oltre una decina di metri prima di fermarsi.

Massur fece per alzarsi…quando una mano impellicciata lo afferrò per il collo, lo rigirò e portò il suo volto ad un centimetro dal muso ringhiante di Licantropus. Immediatamente, Massur fu vittima della Phobia. Iniziò a sudare freddo ed a balbettare incoerentemente in una lingua che non era dell’Eritrea. E non aiutava molto il voltare lo sguardo supplice, solo per incontrare la vista dei Giustizieri.

Warwear disse solo, “Lascialo.”

La creatura obbedì, sbattendolo a terra di malagrazia. Massur indietreggiò, strisciando fino alle gambe metalliche del teamleader. Di nuovo fu sollevato senza sforzo.

“Dunque, dove eravamo rimasti?”

“Siete…siete gli stranieri? Ma come…dove...?”

“Le domande le faccio io, trafficante di vite umane. Mentre eri impegnato a strisciare via, ho dato un’occhiata ai database delle forze dell’ordine, e salta fuori un ritratto poco lusinghiero di te. Ora: siamo venuti per chiederti cosa sai dei ‘registri di carico’ di Ibrahim, visto che hai ereditato tu il trono. Lui era un uomo meticoloso, molto meticoloso. Se le tue risposte non ci piacessero, tu finirai in pasto a Fido lì.”

Massur, che si stava riprendendo un po’ dallo spaghetto, al solo udire il ringhio di avvertimento, tornò a farsi di gelatina. “Ah…ah…Lui…Ibrahim…I suoi registri non ce li ho più io. Sono stati distrutti. I miei superiori non vogliono che resti traccia delle sue attività. Non commerciò più in profughi, ma in armi, droga e falsi permessi di soggiorno. Possiedo il molo da cui stavo fuggendo…vipregononlasciatechequellacosasiavvicini.”

Midnight Sun strinse un pugno. Il suo braccio tremava.

Warwear bestemmiò pesantemente. Erano allo stramaledetto punto di partenza…A meno che… “Signori, forse non tutto è perduto, dopotutto. Oh, e per quanto riguarda questo ratto di fogna...” puntò un braccio, e da una canna nel polso esplose un colpo. Massur, colpito al petto, si accasciò senza un lamento.

Warwear annuì, soddisfatto -gli psicotropi caricati nel dardo erano un cocktail molto speciale, lo stesso somministrato ai mercenari nel negozio; riduceva il cervello della vittima in pappa. Sarebbero vissuti, sì, ma come dei vegetali. Non avrebbero mai più fatto del male a nessuno.

“Non avremmo fatto meglio a consegnarlo alle autorità, piuttosto?” fece Licantropus. “Tutte le informazioni che…”

“Consegnarlo per quale reato?” lo interruppe l’altro, “Onesto commercio di spezie? Con la fortuna che abbiamo avuto finora, Massur è ammanicato alle Autorità a fior di bustarelle. E poi, con che diritto lo potremmo arrestare, noi? Siamo solo mercenari stranieri. Coinvolgeremmo la nostra società in un casino internazionale più in fretta che a dire ‘coteca’. E ora vediamo di muoverci: abbiamo una famiglia da rintracciare.”

 

A bordo del Quinjet della J.I., circa dieci minuti dopo

 

“Vediamo un po’…uhm, ce n’è stato di traffico dal tuo paese, M’nai…Dai Greci agli Spagnoli, si denuncia un numero rilevante di arrivi di profughi via mare, nel periodo in cui i tuoi zii possono essersi mossi. Sei materialmente certo che non abbiano preso la via di terra, o che si siano allontanati dal continente?”

Alla domanda di Garolfo Riccardo degli Abruzzi, Midnight Sun annuì. Ricordava bene che i suoi zii erano ricchi…per quanto potesse esserlo un contadino in Eritrea. E chi aveva i soldi preferiva di gran lunga tentare la via del mare, lontano dall’Africa se possibile; avrebbero camminato sull’ultima spiaggia in direzione del futuro, non della disperazione.

L’Ingegnere informatico della Justice Inc. disse, “D’accordo, scaverò fino a raggiungere il centro della terra, se possibile. Ma ricorda, posso solo offrirti una rosa di possibilità: filtrare sarà lavoro vostro. Almeno, l’etnia di questi tuoi parenti è…peculiare. Potrebbe aiutare a togliere qualche petalo alla rosa. Passo.”

Lo schermo si spense, e da quel momento iniziò una silenziosa attesa. I nuovi non sembravano particolarmente interessati a confidarsi, per il momento, e gli altri non erano intenzionati a spremer loro informazioni…

 

Cairo, Egitto

 

“Altri super-esseri?”

A quella semplice domanda, un uomo in un modesto taffetano si genufletté a tal punto che quasi il suo corpo formava un arco. “Sì, onnipotente Signore della Guerra. Anche se all’inizio apparivano come semplici umani, almeno uno di loro è un…lupo mannaro. Hanno avuto facilmente ragione di tutte le difese di Al-Mussar, e lui è scomparso senza lasciare traccia.”

“Capisco,” disse la figura nell’ombra, una figura avvolta da un’ampia tonaca. La luce si rifletté per un momento sul suo volto, ed esso mandò un baglio metallico. La sua voce era echeggiante, carica di una malignità senza tempo. “Portatemi qui i superstiti di quell’attacco e tutti i testimoni. Estrarrò personalmente le informazioni dalle loro menti. Deciderò il resto sul da farsi a suo tempo.”

“Come Vostra Signoria comanda.” L’uomo si alzò in piedi e se ne andò camminando all’indietro, senza mai osare dare le spalle al suo padrone.

 

Quando, finalmente, il cicalino si fece sentire, si era fatta sera.

Sullo schermo, riapparve il volto di Garolfo. “Ho una buona notizia e una cattiva notizia, M’nai: la buona notizia è che sono riuscito a rintracciare tutte le navi partite da Massaua alla volta dell’Europa nel periodo di tempo da te indicato. Ibrahim si faceva pagare molto bene, ma almeno non costringeva le sue vittime su carrette del mare. Le navi le riciclava, lui.

“La cattiva notizia è che, come supponevo, ormai i tuoi zii possono letteralmente essere ovunque…ammesso che siano ancora vivi. Ne è passato davvero parecchio, di tempo, da quando lasciarono la loro terra. Le organizzazioni umanitarie hanno dei nomi di alcuni rifugiati, in Italia, ma nessuno che corrisponda ai dati etnici ed anagrafici che mi avete inviato. Mi dispiace.”

Sun si limitò ad annuire debolmente. Warwear, in silenzio, impostò il pilota automatico per il ritorno alla base.

M’nai non era certo felice di dovere lasciare questa questione in sospeso...ma, almeno, ci aveva provato, ed era stato aiutato. Di più da sé stesso e dai suoi…amici, non poteva chiedere. Ora poteva solo sperare che il viaggio dei suoi zii si fosse concluso felicemente, e che fossero riusciti a rifarsi una vita.

E poi, chissà? Il destino poteva ancora serbargli qualche gradita sorpresa…

 



[i] Giochi di Potere su DEVIL

[ii] DEFENDERS #62

[iii] il primo in missione in un altro continuum su FQ, l’altro nella Terra Selvaggia su IM

[iv] IRON MAN & I VENDICATORI MITA

[v] POWER PACK #1

[vi] Ep. Precedente

[vii] La Tela del Ragno #1-3

[viii] Sempre LTdR

[ix] VENDICATORI DELLA COSTA OVEST #1

[x] Sub-Cutaneous Communicator

[xi] Quelle di Nathaniel Summers e Madelyne Prior, per la precisione

[xii] O meglio, la missione di Tigra. Vedi KNIGHTS TEAM 7 #15

[xiii] STARMAGAZINE #5

[xiv] Ep. #2

[xv] Come rivelato in LA TELA DEL RAGNO #27

[xvi] In FANTASTICI QUATTRO Star #35-36

[xvii] FANTASTICI QUATTRO Star #35-36

[xviii] Questo, nonché il colloquio fra la JI ed il nuovo cliente, in LA TOMBA DI DRACULA #15

[xix] Ep. #1

[xx] Ep. #1

[xxi] Ep. #11

[xxii] Ep. #11

[xxiii] Su WORLDWATCH #19

[xxiv] Ep. #11

[xxv] Questo dialogo ed i fatti a cui ci si riferisce avvengono in CAMPIONI #20

[xxvi] Ep. #13